11 aprile 2006 – il più grande colpo alla mafia: viene arrestato Bernardo Provenzano, dopo 43 anni di latitanza

di ANNA MARIA STEFANINI-

Trent’anni libero, quarantatré da latitante e gli ultimi dieci in carcere; questa in numeri la biografia di uno dei più sanguinari boss della galleria degli orrori di cosa nostra.
Bernardo Provenzano nasce a Corleone il 31 gennaio 1933 e come a tutti boss gli viene attribuito un soprannome: “Binnu ‘u tratturi” (Bernardo il trattore). La data esatta del suo ingresso nei ranghi di cosa nostra non si conosce con precisione ma è sicuramente precoce e sotto un’eccellenza mafiosa: la cosca di Luciano Liggio. Ma “Zu Binnu” (zio Binnu, il secondo soprannome) non è nato per fare il gregario e intraprende presto la scalata nelle gerarchie mafiose. L’indicatore progressivo di questa scalata è il numero tre perché tre saranno le condanne all’ergastolo che colleziona lungo questa inarrestabile ascesa; nel 1963 inizia così la sua leggendaria latitanza. Nel 1969 arriva una curiosa “assoluzione per insufficienza di prove” per un altro omicidio risalente proprio al 1963: a causa della latitanza sarà “un’assoluzione in contumacia”, una rarità assoluta nella casistica penale.

Malgrado la latitanza la scalata ai vertici mafiosi prosegue facilitata dall’arresto di Liggio; Provenzano e Totò Riina ne approfittano per assumere l’incarico di reggenti della cosca di Corleone. In una confessione del 1978 resa ai Carabinieri, il pentito Giuseppe Di Cristina riferisce che Provenzano e Riina erano responsabili di almeno 40 omicidi ciascuno.
Ma a Provenzano e Riina questo non basta e negli anni ’80 scatenano una delle più sanguinose guerre di mafia della storia di cosa nostra eliminando tutti i boss rivali membri della famosa “Commissione”, ossia la struttura di vertice e di governo della compagine mafiosa e affidando tutti i mandamenti a uomini di loro stretta fiducia.
Vito Ciancimino (1924-2002), esponente della Democrazia Cristiana, titolare di conti e cassette di sicurezza presso lo IOR (la banca vaticana) e sindaco di Palermo è il loro referente politico diretto. In quegli anni vengono assassinati tutti i politici che contrastano la scalata politica di Ciancimino, tra cui Michele Reina e Salvo Lima, entrambi segretari provinciali della DC, Piersanti Mattarella (DC), presidente della Regione Sicilia e fratello di Sergio, attuale Presidente della Repubblica, e Pio La Torre, segretario regionale del PCI che, con accuse molto circostanziate aveva costretto Ciancimino alle dimissioni da sindaco di Palermo.

I primi anni ‘90 sono gli anni delle grandi stragi mafiose e degli assassini di Falcone e Borsellino ma, il 15 gennaio 1993, con l’arresto di Totò Riina, gli equilibri mafiosi mutano e Provenzano media tra l’ala stragista e l’ala “collaborazionista” con lo stato ma è certo che le stragi di quegli anni saranno tutte autorizzate da Provenzano, alla condizione tuttavia che avvenissero fuori dalla Sicilia, come effettivamente accadrà con gli attentati di Firenze (26 maggio ’93 in via dei Georgofili: cinque vittime), di Milano (27 luglio in via Palestro: cinque vittime e dodici feriti), di Roma (28 luglio contro le chiese di S. Giorgio al Velabro e S. Giovanni in Laterano) e i falliti attentati contro Maurizio Costanzo (14 maggio ‘93) e allo stadio Olimpico di Roma (23 gennaio ‘94).

Tutti attentati ideati per costringere la politica a scendere a patti nella celebre “trattativa stato-mafia”.
Malgrado questa offensiva a tutto campo negli anni 2000 le indagini volte a catturare l’eterno latitante Provenzano si intensificano, concentrandosi sui famosi “pizzini”, i biglietti con cui il boss di Corleone emana gli ordini diretti ai vari capimandamento.
Finalmente gli investigatori della Squadra Mobile di Palermo riescono a intercettare alcuni pizzini e alcuni pacchi diretti al boss; tutti gli indizi portano a un casolare che viene sospettato essere il covo del boss. Dopo un meticoloso monitoraggio con microspie da parte della squadra mobile di Palermo e dello SCO (Servizio Centrale Operativo, organo di coordinamento della Polizia di Stato) gli inquirenti hanno la certezza che Provenzano si trova all’interno del casolare e l’11 aprile di 16 anni fa eseguono l’irruzione e l’arresto; Provenzano si arrende senza opporre resistenza. Da allora inizia la sua carcerazione in regime di 41 bis, poi revocato nel 2014. Provenzano muore in carcere il 13 luglio 2016 all’età di 83 anni.