Acquapendente, il ricordo di Torindo Zannoni

ACQUAPENDENTE ( Viterbo) – I primi di maggio prima del Fascismo, nella Tuscia come altrove, erano così: si festeggiavano perlopiù sottoforma di scampagnate, con pranzo, tanto vino, bandiere e canti, di solito con un corteo per il ritorno ai centri abitati. In caso di maltempo, la celebrazione si consumava abitualmente all’interno delle case del popolo o delle camere del lavoro. Durante il Ventennio si cercherà, un po’ dappertutto, di conservare, ovviamente in clandestinità, la tradizione con seguito, spesso, di arresti su spiate e delazioni. La Festa internazionale del lavoro era infatti occasione per segnali di sfida al Regime, con l’esposizione di bandiere rosse, l’affissione di manifesti, le scritte murali e la diffusione di volantini; il tutto fatto sparire immediatamente, quanto puntualmente però registrato, dalle autorità. Quello del 1922, nel pieno del Biennio nero, fu l’ultimo Primo maggio festeggiato alla luce del sole. Da un paio d’anni ormai i signori avevano già trovato un braccio armato per contrastare la felicità e l’emancipazione della classe lavoratrice: i fascisti. E la celebrazione era divenuta oggetto diffuso di conflitto già dall’anno prima. Ad Acquapendente quel giorno i lavoratori si erano trovati a festeggiare la ricorrenza fuori porta Romana (foto di gruppo), sennonché i fascisti, provenienti maggiormente dalle zone limitrofe, com’era prassi del loro squadrismo, compivano un raid al quale i partecipanti alle celebrazioni riuscivano comunque a tener testa. Alla fine del conflitto risulteranno 10 feriti. In serata, inoltre, l’autorità giudiziaria rinveniva nei campi il cadavere d’un uomo, con una ferita d’arma da fuoco al petto. Era Torindo Zannoni, agricoltore di 36 anni, ritornato da poco dall’emigrazione a New York. Dalle cronache de “Il Giornale d’Italia”, che elude le responsabilità fasciste nell’avvenimento, si legge delle indagini immediatamente successive, con il rilascio dei fermati. Fin qui le info riportate in Ricordi in nero, Acquapendente nel Ventennio fascista, a cura di Marcello Rossi (Acquapendente, Biblioteca comunale, Archivio storico, 2009, pp. 24-26).Lo storico Franco Fra Dominici, che ha anche raccolto testimonianze dalla tradizione orale a riguardo – per cui Zannoni era stato assassinato per aver reagito energicamente alle violenze -, ha effettuato alcune ricerche, rinvenendo questo documento del Cln di Acquapendente del 9 luglio 1945 (foto). Vi si ricorda l’episodio, denunciando gli autori materiali del delitto. Si citano, a tal proposito, i fascisti di Sorano (Grosseto) ed Onano, “appositamente chiamati per commettere delle violenze”.In merito alla memoria locale del Caduto: “Sul luogo del delitto venne posta una croce. Oggi questa via non c’è più ma nella zona, ormai compresa nel centro abitato, c’è via Torindo Zannoni” (Ricordi in nero, op. cit., p. 26. La foto della croce è illustrata nella pubblicazione).

Silvio Antonini

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