Sanremo, artisti o pagliacci

di MARCO ZAPPA-

VITERBO – La deriva culturale è sempre più evidente e ben si esprime sulla televisione, dove sono troppi i programmi quantomeno imbarazzanti e clowns di ogni genere senza dignità.
Chi si tinge i capelli di blu, chi si traveste da donna, chi si mette una parrucca per simulare uno dei Cugini di Campagna, chi canta a squarciagola una canzone se pur evidentemente stonato e così via, di peggio in peggio tutto per strappare al pubblico una risata anche quando si rasenta il ridicolo.
Poteva fare eccezione il Festival di Sanremo?
Assolutamente no, non l’ha fatta.
E allora più che del talento dei musicisti e delle loro canzoni fa parlare uno che prende a calci i fiori, l’altro che bacia Fedez, la musicista con i glutei di fuori o il vestito imbarazzante di un cantante.
Certo, le stravaganze ci sono sempre state e alcuni se ne sono serviti ad inizio carriera (come scodare le mitiche mascherate di Renato Zero), ma ormai il fenomeno è dilagante e l’apparenza conta più della sostanza, cioè del talento e questo in ogni forma d’arte.
Basta essere un poco irreverenti o toccare temi scottanti ed ecco che subito si scatena l’attenzione mediatica.
Nel mio Giudizio Finale avrei potuto dipingere qualcosa di sconveniente studiato ad hoc per alzare un polverone tale da catalizzare l’attenzione dei media, ma la mia forma mentis non accetta le pagliacciate e i trucchetti da parrocchietta ai quali si ricorre per attirare l’attenzione.
Se si vuol andare sul sicuro si scelga la polemica sulla morale nella quale la vittima designata è la Chiesa cattolica (si guardano bene dal deridere l’Islam), seguita dai politici rigorosamente di destra e poi da tematiche riguardanti in modo univoco nazifascismo, chissà mai perché non il comunismo.




Carcere duro? Ma per piacere!

di MARCO ZAPPA-

VITERBO- Nelle ultime settimane a fronte delle manifestazioni degli anarchici in favore del loro degno compare Alfredo Cospito, sono sorte interminabili polemiche.
Alcuni esponenti del PD sono andati addirittura nelle patrie galere a sincerarsi delle condizioni fisiche del terrorista che, per evitare il 41 bis, ha iniziato lo sciopero della fame.
Da qui la grande preoccupazione dello stato italiano, costretto a garantirgli la salute e la corsa spasmodica per trovare soluzioni d’emergenza.
Ma un simile individuo, che in maniera scientifica (come Battisti e i brigatisti rossi o come i boss di mafia, cammorra, andrangheta ecc…), ha progettato a tavolino le sue malefatte merita o no il carcere duro?
Secondo me si.
Per certi soggetti, che non devono essere equiparati a comuni delinquenti, non ci possono essere favoritismi di sorta né l’umana comprensione e se Cospito vuole morire di fame il problema è suo, visto che gli forniamo vitto e alloggio (lo stato dovrebbe occuparsi di chi non può mangiare perché indigente).
E se questo è anticostituzionale chissenefrega!
Si modifichi la costituzione piuttosto, dal momento che non l’ha incisa sulla pietra l’Onnipotente ma è stata stilata da un pugno di uomini settantasei anni fa, in altri tempi, con un contesto storico del tutto diverso, quando organizzazioni criminali come quelle sopra citate non si erano ancora espresse con delitti programmati, efferati e reiterati.
Chi ha scelto certi percorsi di vita criminale ben sapeva a cosa andare incontro, che cavolo!
Intanto che costoro chiedano scusa e che abbiano poi la dignità di scontare la pena meritata senza frignare per nascondersi dietro la protettiva gonna di mamma Italia, tessuta di norme, cavilli e presunti diritti.
Niente di che dolersi dunque, la vera vergogna è un’altra.
Per chi non lo sapesse l’Italia e la Grecia sono le uniche nazioni UE che non riconoscono alcun risarcimento per le vittime di delitti efferati ma su questo argomento i parlamentari una volta tanto sono tutti concordi: se ne fregano!

 




A Sutri una bella iniziativa

di MARCO ZAPPA-

Se pur con un certo ritardo mi piace scrivere di un’interessante iniziativa culturale tenutasi a Sutri qualche settimana fa e della quale ancora non si sono spenti gli echi.
Tutto è nato dal recupero di un diario scritto da un soldato sutrino proiettato al fronte al tempo della Grande Guerra, fatto prigioniero nell’offensiva austro tedesca di Caporetto e sopravvissuto alla successiva esperienza da prigioniero. L’artefice dell’iniziativa? La vulcanica professoressa Martina Salza che non paga di aver decodificato il manoscritto (non sempre chiarissimo nella sua esposizione), ha confezionato intorno alla presentazione del volumetto un evento rievocativo non solo di livello culturale ma fortemente suggestivo.
E qui sono intervenute forze fresche, tutte in aiuto della professoressa che ha potuto contare, oltre che sulla partecipazione popolare, sulla preziosa, fattiva collaborazione del collezionista e appassionato storico Marco Savarese che, oltre alla sua competenza, ha recuperato e messo in mostra rari oggetti originali della guerra.
Allo stesso tempo Martina Salza ha coinvolto la banda locale, esecutrice di alcuni brani, due figuranti che nei panni di soldati semplici hanno interpretato i diretti protagonisti del diario, la croce rossa e il gruppo alpini di Ronciglione capace di allietare l’uditorio con quattro storici canti polifonici.
Insomma non poco per una iniziativa privata e priva quindi di sovvenzioni e comunque di aiuti esterni.
L’evento è scivolato veloce ma ha raggiunto alti momenti di commozione durante la lettura finale dell’elenco dei soldati sutrini vittime dell’immane conflitto bellico, cognomi che ancor oggi riecheggiano tra le vie del borgo, quelli dei figli dei figli di Sutri.
Grande la partecipazione del pubblico a dimostrazione che gli eventi culturali se ben organizzati destano grande interesse, sanno toccare le corde del sentimento e avvicinano la gente ad aspetti sconosciuti che sanno svelarsi nella loro forte semplicità.

 




Il commiato di Fumagalli

di MARCO ZAPPA-

VITERBO- Lo scrivo subito, è stata una bella celebrazione al di là delle suggestioni che nascono dal saluto di un vescovo che lascia la guida della diocesi dopo undici anni di attività pastorale e dall’eccezionalità dell’evento.
E lo è stata anche non solo per la grande partecipazione di autorità, rappresentanza di ordini religiosi e popolo viterbese che hanno affollato Santa Maria della Quercia…
Il valore aggiunto che ho riscontrato l’ha offerto la solennità che certe celebrazioni riescono a trasmettere, la compostezza che inducono a noi comuni mortali coinvolgendoci nel “Mistero” e che ci fa partecipare con attenzione e devozione.
E allora mi hanno colpito molti aspetti che cerco si sintetizzare in breve.
La fermezza dimostrata da grandi e piccini che non hanno denotato alcuna forma di insofferenza né fisica né mentale soprattutto se si considera la lunghezza della celebrazione, quasi due ore, trascorse tra l’altro da molti in piedi, causa carenze di sedie.
La pulizia dei canti, guidati con seria compostezza e poi la decisione nello scandire le parole durante le letture con voce ferma e netta…tutto chiaro, semplice e percepibile.
E ancora: durante l’elevazione un silenzio assoluto (con la sola eccezione del solito stupido cellulare che qualcuno ahimè continua a lasciare acceso con suoneria attiva) e l’atteggiamento non certo esteriore di alcuni fedeli in fondo alla chiesa portati ad inginocchiarsi sull’esempio di monache e frati.
In tale contesto guardando il soffitto d’oro a cassettoni ho percepito la forza della Chiesa secolare, riassaporando quella sensazione che più di una volta mi ha affascinato durante le celebrazioni in San Pietro e che fa capire come mai, nonostante i limiti e le miserie di noi umani, le mille difficoltà, se non gli scandali, essa riesca ancora a tenersi stretti i suoi figli e affascinare chi non l’ha mai conosciuta.
Il lettore potrà obiettare che tutto ciò è assolutamente normale, che questo si percepisce durante una messa ogni domenica in ogni chiesa della città…
A questi rispondo che non è proprio così e ribadisco, come ho già scritto in merito, che spesso le celebrazioni sembrano tutt’altro, così come sono, farcite di canti incomprensibili che la moltitudine non conosce ma che deve sorbirsi (validi solo per alcuni frustrati del karaoke dalle voci sguaiate quando non stonate), con chitarre e tamburelli che vanno fuori tempo, senza controllo, né grazia alcuna.
Con fedeli che ciarlano per tutto il tempo guardando l’orologio nell’attesa che passino presto i quaranta minuti canonici.
Con alcuni che declamano le letture velocemente, come se inseguiti da qualcuno, o a voce bassa, triste o spenta, neanche stiano leggendo un necrologio e celebranti simili a show man che trasformano la liturgia in un’autentica pagliacciata.
Finalmente dunque qualcosa di bello e intenso in un contesto di mediocrità.




Chiara Frontini sindaco

di MARCO ZAPPA-

VITERBO- Non è stata una vittoria ma un trionfo e diciamolo pure: strameritato. Chiara Frontini in poche legislature ha sovvertito ogni logica della politica che la gente non apprezza, quella cioè degli accordi sottobanco, delle imposizioni provenienti dall’alto di un partito e degli incarichi dati anche ad incapaci se occorre, magari solo perché portano tanti voti alla causa o perché sono utili idioti al sistema.
Non voglio con questo fare il panegirico del nuovo sindaco, ma sono certo che in qualsiasi città un soggetto politico come lei, non ricattabile né ingabbiato sarebbe un cavallo vincente.
È vero che sinistra e destra le hanno aperto la strada dimostrandosi al loro interno divise, litigiose per questioni di leadership e di potere, ma lo è altrettanto che lei ha saputo sfruttare queste debolezze mettendo in più a segno un colpo geniale, essersi assicurata la collaborazione di Vittorio Sgarbi.
Sono certo che il critico d’arte, in collaborazione con l’assessore alla cultura, alzerà e di molto il livello della città con buona pace di chi ha tentato solo per bassi scopi elettorali di screditarne la candidatura appigliandosi a ridicoli cavilli pur di delegittimarne il futuro incarico.
E mi fa ridere chi fa i conti della serva sulla spesa extra che comporterà l’assessorato alla bellezza, perché Sgarbi si strapaga da se già solamente citando e, quindi pubblicizzando, Viterbo nelle sue apparizioni televisive.
Ci sarà poi il battesimo per un numero consistente di nuovi eletti e questo lo reputo un bene perché rappresentano aria fresca in una città stagnante dove da troppe legislature compaiono sempre le stesse consumate facce.
Alcuni che stimavo scendono dal carrozzone e me ne dispiace mentre non ho alcun rimpianto per altri che hanno solo inutilmente scaldato la panca, ma rimpinguato in compenso le proprie tasche.
Il compito che avrà Chiara Frontini non sarà certo facile perché Viterbo si aspetta molto da lei e il vecchio sistema non le farà sconti di sorta, ma dall’esterno si percepisce il suo giovane entusiasmo, quello di chi ha investito tempo e risorse per ottenere fortemente uno scopo così da poter essere arbitro del proprio destino.

 




La giunta che verrà

di MARCO ZAPPA –

Il ballottaggio è ormai imminente e tutti siamo lì col fiato sospeso a vedere chi la spunterà. Vinca l’una o l’altra candidata è facile intuire i desideri dei cittadini, cioè strade prive di buche, restauro e ripristino di molti edifici importanti, come Palazzo Farnese con l’attiguo complesso dell’ex ospedale, migliore gestione del traffico cittadino (nel caos soprattutto nei pressi della rotonda al cimitero progettata “con i piedi” ) e via dicendo…
Ma io volo più basso, mi accontenterei si risolvessero problemi più semplici e realizzabili con meno esborso di denaro e minor burocrazia in modo da dare una rapida ed efficace nuova immagine alla nostra città.
Penso ad una maggiore educazione civica: basta bottiglie, cartacce e rifiuti abbandonati nelle piazze e nelle vie cittadine da gente maleducata, ma anche da chi non ha scelta se non si trovano cestini o altri contenitori dove buttare l’immondizia. Possibile che un comune non possa legiferare qualcosa in merito e trovare dunque chi per forza o per amore (penso a chi usufruisce del reddito di cittadinanza) possa operare dei controlli in merito, richiami e sanzioni? Lo stesso dicasi per la triste abitudine di imbrattare i muri con scritte e raffigurazioni (da quando qualche cervellone inventò la street art, ogni superficie pubblica è buona per ospitare di tutto, anche delle “croste” imbarazzanti spacciate per opere d’arte).
La civiltà di una città è manifesta anche dalla quantità dei servizi igienici. Non c’è dubbio che a Viterbo manchino e allora sarebbe buona cosa incentivarne la presenza offrendo opportunità di guadagno a pensionati, lavoratori disoccupati o a persone ben disposte al lavoro che potrebbero usufruire di agevolazioni o benefit comunali da arrotondare poi con le possibili mance.
E ancora: è un’indecenza vedere il centro storico soffocato da scatole e cavi elettrici, centraline affisse alle pareti e discendenti ovunque che deturpano l’estetica della città. E alla scontata obiezione riguardo la mancanza di fondi, rispondo che in questi ultimi anni di denari pubblici ne sono stati spesi pure troppi, causa ristrutturazioni e in modo del tutto scriteriato, ma se anche non ci fossero il comune potrebbe trovare un compromesso con i proprietari delle dimore antiche violentate dalla modernità, ad esempio con esenzioni Imu, Tari e via dicendo per un lasso di tempo a sconto lavori.
In Umbria e in Toscana, solo per citare il centro Italia, il decoro urbano viene prima di tutto; si interessino dunque i proprietari a migliorare l’estetica delle proprie abitazioni all’interno delle mura. Che ci si inventi dei premi, bonus o benefit per i più virtuosi in modo da stimolare anche altri.
E poi la cultura…se ne sente il bisogno dopo anni di nulla…ma questa è un’altra storia.

 




C’erano una volta le infiorate

di MARCO ZAPPA-

VITERBO-  Non voglio passare per un triste nostalgico, ma assistere a processioni del Corpus Domini senza le tradizionali infiorate, per lo meno nei prossimi dintorni di Viterbo, è sempre un grande dispiacere (come dimenticare infatti quella storica e spettacolare de La Quercia tanto per citarne una)? È vero che il periodo è difficile e si convive con problemi ben più pressanti, altro che decorare una strada, ma se buttiamo al vento tradizioni e peculiarità proprie dell’Italia…allora possiamo chiudere bottega, visto che oltre alla nostra storia, cultura e tradizioni molto altro non abbiamo. Indubbiamente il lungo periodo della pandemia ha contribuito a spegnere quella fiammella devozionale che animava i volontari addetti non solo al reperimento delle materie prime, ma anche impegnati nella progettazione delle decorazioni e va da se che sostituirli non è cosa facile.
Mi rendo conto che quell’attività intensa prodotta dagli storici gruppi religiosi, veri e propri battaglioni di giovani che si davano anima e corpo per l’ideale religioso si è spenta nel tempo, ma è pur vero che le parrocchie, da almeno una settimana prima della festa del Corpus Domini, sono un vespaio di ragazzi impegnati nel Grest. È un peccato che nessuno abbia pensato di coinvolgere questa propositiva giovane energia in tale circostanza. In fondo anche preparare segatura fiori e disegni è un momento ludico nel quale i ragazzi possono recitare un ruolo, anche di protagonismo. Esattamente quello che avviene durante il Grest.
Se non saranno i giovani a portare avanti le nostre tradizioni e quindi la nostra matrice culturale, chi lo potrà mai fare? Chissà magari nel 2023 qualche parroco, degli animatori e perché no, anche il Vescovo che sarà sposeranno questa proposta.




Tutti i candidati

di MARCO ZAPPA-

Una pagliacciata tutta viterbese (qui non ci facciamo mai mancare nulla), intendo la candidatura di ben OTTO possibili sindaci alle ormai prossime elezioni, farcita da una quantità innumerevole di liste e candidati.

Se non è roba da Guinness dei primati in Italia poco ci manca e comunque è un fenomeno significativo se così tanta gente sia disposta a metterci nome e faccione per il bene comune della città.

L’idea che mi sono fatto in merito è che questi cittadini pensino:

“Se negli anni passati, senza esclusione di partiti, Tizio era assessore, Caio consigliere e hanno fatto poco o nulla di buono, ebbene, cosa manca a me per ricoprire il loro posto? Sicuramente peggio di loro non posso fare”.

In effetti se consideriamo la pochezza di idee che ha dimostrato gran parte della politica locale, la dilagante ignoranza culturale, l’incapacità gestionale e la cura del proprio orticello, tale ragionamento sarebbe per lo meno condivisibile.

Tuttavia sappiano questi signori che ricoprire un ruolo politico non è certo cosa facile, anzi, è estremamente complicato, e paragonarsi al “poco” del passato non è scelta vincente, al massimo si può passare da vecchie gestioni politiche di basso profilo ad una nuova di uguale spessore.

Certamente è condivisibile quanto umana l’ambizione dell’uomo di emergere, così come la “mediocre” vanità di sentirsi chiamare consigliere o assessore (piccolezze da provincia) ma quando il quadro politico sarà alfine delineato, in che mani sarà finita la nostra città?

Va da sé che tanti slogan e promesse che hanno arricchito la campagna elettorale saranno realisticamente disattese, e basta parlare con qualsiasi cittadino viterbese per capire la scarsa fiducia che viene riposta in esse.

E dunque incrociamo le dita e speriamo che chiunque vinca le elezioni lavori veramente per la crescita della città, con lena e umiltà, soprattutto quando il compito assegnato ad assessori e consiglieri non deriva dalla competenza, ma solo da ragioni politiche, fenomeno triste e immorale ma ahimè usuale per lo più a livello comunale. Nonostante il mio sfrenato ottimismo la vedo dura…

 

 

 

 

 




Ma quale orgoglio, solo orrore!

di MARCO ZAPPA-

VITERBO -Perché una persona deve arrivare a fare una cosa del genere? Cosa credeva?
Occorreva tanta pagliacciata per dare fierezza dignità e riscatto alla sua persona e a coloro che crede di rappresentare? Si perché di pagliacciata si tratta.
Avrei sostenuto lo stesso anche se costui fosse stato un artista (è ora di farla finita col concedere ogni licenza poetica a chi lavora nel campo della creatività), oltretutto in questo caso specifico non c’è neanche il buon gusto ma solo orrore.
L’autore di si tanta geniale idea, se proprio aveva questo desiderio impellente di travestirsi da madre di Gesù,  poteva almeno tagliarsi la barba, se non altro per un minimo gusto estetico, ma qui non siamo davanti a concetti così raffinati, ormai si cerca la “trovatina” a tutti i costi e un bel pugno in faccia alla gente è quello che ci vuole.
Vero?
Certo che è andata così anche se altri prima di lui hanno scandagliato le possibilità della provocazione per emergere dalla normalità, come il fotografo Toscani nelle campagne per Benetton.
No mio caro, non è questa la strada dell’orgoglio e del rispetto perché chi lo pretende deve prima farlo verso gli altri, fossero anche dei poveracci bigotti come noi che si battono il petto in chiesa e che nella nostra ignoranza siamo attaccati a piccolezze come il presepio, il “buon Natale” ed altre amenità del genere.
E non mi si vengano a raccontare altre stupidaggini circa una simile carnevalata che solo e rimane tale.
Mi piacerebbe però che questi geni della provocazione si esprimessero almeno per una volta in modo analogo nei confronti della religione islamica (sicuramente più repressiva della cattolica, soprattutto nei confronti dei gay ma sapete, la testolina se pur barbuta, è assai preziosa per questi paladini di chissà quali crociate) magari travestendosi da Maometto, oppure facessero una performance in un paese dove regna il buon vecchio comunismo.
Che usino queste icone per le loro carnevalate e vediamo cosa succede.
Che si esprimano liberamente in Corea del Nord magari attraverso una parodia del simpatico faccione di Kim Jong-un…
Allora si che occorrerebbe vero coraggio, altro che la loro viltà.
L’autore di questa mascherata appare come un represso piuttosto che uno capace di condurre la vita normalmente e cioè esprimendo se stesso e le proprie qualità nella quotidianità, con le sue convinzioni, la capacità di amare e i propri gusti sessuali, come facciamo tutti del resto senza quel bisogno di protagonismo e dell’apparire.
Come sempre ho sostenuto ogni essere umano lo è a prescindere dalle idee, dalla razza, dal sesso… e chi più ne ha più ne metta.
Viviamo ogni giorno una battaglia per sopravvivere e lo facciamo combattendo la normalità della vita con le nostre armi e con i nostri mezzi, a volte limitati.
Non ci servono I Batman o le Batgirl (se preferite).




Neanche il fascismo arrivò a tanto

di MARCO ZAPPA-

VITERBO- Ma che roba è questa Europa? Hanno messo pali e paletti dappertutto (penso solo alle risibili norme imposte alla produzione agricola, con la composizione e dimensione delle pietanze che da una vita consumiamo in Italia) ma non c’è mai fine alla follia.
L’ultima grande impresa di qualche inutile, peggio ancora pericoloso, burocrate lautamente pagato e seduto al caldo in qualche ufficio di Bruxelles, è stata quella di creare nuove terminologie per indicare alcune categorie umane: gli uomini primitivi diventano popolazioni primitive, uomo della strada cambia nella gente comune, il corpo dell’uomo si trasforma in corpo umano, solo per citare alcune perle…
Problematiche delle quali noi europei evidentemente non possiamo farne a meno.
Poteva finire?
Macché, troppo facile.
Ecco allora la ciliegina sulla torta: mettiamo in soffitta anche il vecchio, tradizionale e consolidato buon Natale.
Stavolta però c’è stata una sollevazione popolare che ha costretto le menti sostenitrici di tanta geniale proposta a tornare sui propri passi.
Neanche il fascismo cento anni fa arrivò a tanto.
Dopotutto durante il “ventennio” ci si era ribellati alle terminologie straniere che impazzavano sulla bocca di molti traducendole in schietto italiano, così il sandwich era diventato tramezzino, film divenne pellicola, lo swing fu trasformato in slancio e via dicendo.
Un’operazione che all’epoca poteva avere il suo significato e che oggi fa sorridere molti storici che pontificano in televisione (eppure nessuno di questi si sogna di deridere gli artefici di simili attuali pagliacciate sostenute dalla comunità europea).
Mai però si pensò di toccare il culto cristiano del Natale, legato oltretutto alla nostra cultura e tradizione di uomini, ops…GENTE occidentale.
Burocrati, incapaci e parassiti.
Anche questi sono i vantaggi della democrazia.

 




La tecnologia, un prezzo salato

di MARCO ZAPPA-

VITERBO – Sembra incredibile eppure un apparecchio piccolo e neanche moderno, visto che ha più di un secolo di storia, come il telefono sta determinando la nostra vita.
Chi si ricorda più le vecchie chiamate dal “fisso”?
Conversazioni a volte interminabili infarcite di chiacchere (magari con un amico per sparlare di tizio o di caio, oppure con il partner per raccontarsi la giornata passata), con i genitori che aspettavano telefonate urgenti o importanti e quindi irrompevano imbestialiti nella nostra stanza rigorosamente chiusa per garantire la nostra intimità.
Oggi è un altro mondo e la parola privacy per tantissimi non esiste, tanto che nei posti pubblici si mettono in piazza i propri e gli altrui fatti grazie agli smartphone, oggetti utili ma altrettanto dannosi nelle mani dei molti che li usano in modo improprio.
Questo è il conto da pagare in nome della tecnologia.
E non mi riferisco alla minoranza di coloro che senza coscienza del rischio attraversano la strada con il telefono attaccato all’orecchio mettendo a repentaglio la propria vita…
Oppure ai tanti rincoglioniti che passano la vita con gli occhi fissi sul cellulare digitando, che sanno solo comunicare tramite tastiera, che vivono un mondo virtuale fatto di numeri astratti, di followers, di illusorie amicizie.
Ci sono atteggiamenti diffusi ben peggiori che non coinvolgono solo la propria intimità ma incidono sulla vita altrui.
Ormai è prassi abituale evitare ogni forma di disturbo al prossimo grazie ad un crescendo rossiniano di maleducazione diffusa.
Così pur non volendolo, nel nostro cervello continuamente rimbalzano suonerie di ogni tipo, suoni di tasti quando si digita un messaggio, e le conversazioni dei tanti che senza ritegno comunicano ad alta voce.
Nessun limite né rispetto per gli altri.
Questo caos non risparmia neanche le messe o gli incontri culturali, c’è sempre un telefono che in modo inopportuno fa sentire la sua voce.
Sui mezzi pubblici, nonostante i richiami del personale di bordo, è diffusa la moda di ascoltare video e musica senza le apposite “cuffiette” e un viaggio in treno di qualche ora diventa una confusione di suoni e linguaggi incomprensibili neanche fossimo su una nuova torre di Babele.
Purtroppo quelli che un tempo erano casi sparuti si sono trasformati in un diffuso problema culturale, sdoganato e accettato passivamente dalla nostra società che precipita da tempo nel baratro dell’ignoranza e quindi della maleducazione.
La soluzione?
Boh!
Certo che se in Italia ci fosse una migrazione di massa di svedesi…




Il decoro questo sconosciuto

di MARCO ZAPPA-

VITERBO- Che fine ha fatto il decoro urbano? In molte realtà della Tuscia è cosa sconosciuta e l’aspetto esteriore del contesto cittadino fatto di vie, piazze e abitazioni è lasciato alla mercè degli abitanti.
Accade così che senza una “strategia” comune ognuno si arrabatta come meglio crede e non c’è da stupirsi se la scelta delle persiane, dei portoni del colore e della qualità degli intonaci e via dicendo è variegata e spesso al limite della decenza.
Altre volte poi sono le stesse amministrazioni che non solo non intervengono verso questa sorta di far west del cattivo gusto ma anzi, ci mettono del loro con scelte più che discutibili, come per esempio accade per l’illuminazione, le fioriere o le panchine.
Ma questo è ancora poca roba in confronto alle ragnatele di cavi elettrici, centraline, scarichi dei bagni in pvc bianco o arancione, grondaie metalliche di mille colori diversi ecc…tutto in bella vista.
Una gioia per gli occhi del turista.
Si dirà che per il decoro urbano i soldi non ci sono, che molti cittadini non possono o non vogliono spendere danari, che chi installa cavi elettrici deve fare il suo lavoro velocemente e in economia, ed altre amenità del genere che stonano con le spese pazze che sostiene lo stato di questi tempi, mi riferisco in particolare al bonus del 110% sull’edilizia.
Finanziare il cappotto termico, l’ottimizzazione energetica in generale, misure antisismiche…
Va tutto bene, ma a chi giova il senso del brutto, dello sporco del casuale che si respira in molti paesi del viterbese e perché non investire per evitare tutto questo?
E cosa dire dell’eternit che compare spesso in “bella”, si fa per dire, vista sopra tetti e tettoie?
Non si poteva creare un bonus per il suo smaltimento visto che le sue particelle cancerogene sono dannose per la salute e il ricasco ultimo va a finire sulla sanità pubblica?
Troppa grazia Santo Antonio!
Nel viterbese ci sono dei borghi di una semplice e naturale bellezza che con piccoli accorgimenti potrebbero acquistare un valore immenso, come accade nelle adiacenti Umbria e Toscana.
Ma ahimè, in queste regioni evidentemente il gusto e la propensione per la cultura sono di un altro pianeta.




Miracolo all’italiana

di MARCO ZAPPA-

VITERBO – Ogni tanto una bella notizia, è stato bocciato definitivamente il ddl Zan per la sua inutilità ed iniquità, soprattutto in un momento di crisi e di difficoltà del paese nel quale altre sono le priorità da affrontare e risolvere, anche se molti parlamentari non ne hanno coscienza.
E veramente non se ne può più con questa fissa della discriminazione, della caccia alle streghe verso presunti razzisti, omofobi, xenofobi e tutto quello che partorisce da alcune menti malate che galleggiano nella nostra società.
Come non se ne può più di processi solo politici e farlocchi, lunghi, inutili e costosi, come quello che dopo decenni scagiona Berlusconi nel processo Ruby o quello ancora attuale, sul sequestro dei migranti, nei confronti di Salvini nel quale viene chiamato a testimoniare addirittura Richard Gere per aumentare lo scandalo a livello mondiale.
Per quanto si possano odiare i due politici, a torto o a ragione non credo che esista essere umano con un briciolo di cervello nella calotta cranica o con un minimo di onestà intellettuale che non si accorga del rischio di credibilità al quale si esposta la magistratura con questi atti di forza.
E in uno stato mal ridotto come la nostra Italia, è necessario sperperare così i denari pubblici?
Non bastavano gli stupidi sprechi, solo per citarne alcuni recenti, riguardo ai celebri banchi a rotelle, vero fiore all’occhiello dell’ex ministro Azzolina, le strapagate mascherine farlocche (per le quali finalmente è iniziata un’inchiesta della magistratura) oppure al bonus sui monopattini, che oggi costituiscono un problema per la circolazione tanto che già si parla di creare nuove regolamentazioni?
Davanti a simile idiozie risulta grave la notizia della messa in vendita del Casino di caccia Ludovisi, villa prestigiosa nel centro di Roma la cui esclusività consiste nelle decorazioni che la impreziosiscono, in particolare l’unico esempio di pittura murale eseguito da Caravaggio nella sua vita e alcuni affreschi del Guercino, artista non gettonato come il bergamasco ma sicuramente di pari livello (il suo carro di Aurora nel soffitto del Casino è un’opera di rara qualità e bellezza).
Lo stato può esercitare un diritto di prelazione sull’acquisto prima che la villa, come da indiscrezioni, divenga proprietà di un emiro arabo, ma sarà in grado di recuperare i denari sufficienti?
Ci auguriamo di si, sarà così, vogliamo credere al consueto miracolo all’italiana…ma qui la fede viene sempre meno.

 




I bisogni primari

di MARCO ZAPPA-

VITERBO – Vorrei tornare a scrivere di cultura ma il piatto piange e poi a chi interessa? Ho sperato, abbiamo sperato in una nuova rinascenza dopo un lungo tragico periodo passato tra mille travagli ma non si vede luce.
E se questo fenomeno fosse solo a livello locale passi pure ma purtroppo lo sto registrando ovunque.
Nella stessa capitale la nuova pubblicizzata mostra sul tema dell’Inferno alle Scuderie del Quirinale sarà completata con alcune opere già presenti in loco e da altre che serviranno a tappare dei buchi sulle pareti, come già accaduto lo scorso anno con quella su Raffaello.
Del resto le esposizioni di alto profilo costano e i bisogni primari della gente sono ben altri.
In scala gerarchica vi propongo: riempire la panza, fare shopping, acquistare un veicolo, poi mezzi di comunicazione (come un nuovo smartphone, il computer e la tv), godersi una bella vacanza, abbellire la propria casa, fare abbonamenti televisivi, segnarsi alla palestra e comprare un libro.
L’acquisto di opere d’arte, quando contemplato, è l’ultima voce della lista secondo una fotografia che rispecchia l’andamento della nostra società.
Se poi rimaniamo in ambito viterbese il quadro si fa drammatico o tragicomico, scegliete voi.
Non esiste una galleria d’arte con un programma di attività culturale, né un cartellone di esposizioni organizzato da qualche anima buona.
In passato almeno c’era un certo fermento presso la ex chiesa degli Almadiani attraverso una miriade di esposizioni che quanto meno avvicinavano una certa massa di visitatori al mondo dell’arte, se pur la maggior parte di quanto veniva mostrato era di un livello più che discutibile.
Allora qualche genio della politica ha fiutato il facile business e pensando di raddrizzare il bilancio comunale, ha imposto un affitto pari a cinquanta euro al giorno, un vero furto per una sala priva d’impianto d’illuminazione adeguati e dai muri scrostati.
Questo genio non aveva previsto il fuggi- fuggi generale degli artisti (o presunti tali) facendo ripiombare lo spazio espositivo in stato di semi abbandono, con il portone spesso tristemente chiuso.
Stessa sorte è toccata agli altri, pochi spazi comunali destinati alla cultura, tutti tra l’altro in stato pietoso.
E siccome non c’è politico che tenti di raddrizzare una legge storta, magari con un escamotage visto lo stato di conservazione di questi luoghi, si è perso anche quel poco che c’era.
Come si fa a scrivere di cultura?

 




La solita ipocrisia della sinistra

di MARCO ZAPPA –

VITERBO- Il detto popolare “il bue che dice cornuto all’asino” rappresenta bene quanto sta accadendo nel mondo politico dopo la vergognosa aggressione alla sede romana della CIGL.
Stavolta ad averla combinata grossa e stupida, aggiungo io, sono stati degli esponenti di Forza Nuova infiltrati in una tanto legittima quanto discutibile manifestazione “no green pass”.
La reazione della sinistra è stata repentina e violenta, ma fondamentalmente condivisibile dal momento che ogni forma di violenza e sopruso va condannata e, sia chiaro, questo è anche il parere del sottoscritto…
Ma a dire che in Italia c’è il pericolo di una rinascita del Fascismo…campa cavallo.
Certo, Letta fa il suo e come biasimarlo? Ha totalmente ragione.
E poi è costretto dal suo ruolo a buttare benzina sul fuoco.
Deve vincere il ballottaggio a Roma dove presenta Gualtieri che come ministro del passato governo Conte è stato un disastro..
Insomma dopo l’aiutino di qualche scoop giornalistico dimostratosi poi fasullo e gli attacchi di una parte della magistratura schierata a sinistra per delegittimare l’integrità del centrodestra al fine di influenzare le elezioni ora, in vista dei ballottaggi, ricompare miracolosamente la minaccia fascista.
Ovviamente tutta la solita stampa che pende da una parte ha seguito Letta nella crociata che servirà a purgare il partito Forza Nuova che in termini numerici conta poco o nulla.
Lo sciolgano pure, fatelo, non ci stracceremo certo le vesti ma non ci facciano la morale, quella del bue che dice cornuto all’asino appunto.
Che morale può avere chi non ha gli attributi per votare una condanna ufficiale al Comunismo come infame dittatura del XX secolo?
Ma per non uscire dal seminato potrei citare centinaia di manifestazioni dove la violenza dei supporter dei centri sociali devasta e rompe non solo le cose ma anche gli zebedei, e cosa pensare di un ex brigatista che anni fa venne fatto deputato?
Bella roba.
E ricordate Genova durante il G8 in mondovisione, una città in balia dei peones della sinistra che distrussero tutto quanto capitò loro a tiro? E quel ragazzo che tentò di tirare un estintore ad un carabiniere alle prime armi che spaventato reagì uccidendolo?
A lui Bertinotti in nome della violenza fascista delle forze dell’ordine o chissà per quale altra motivazione fece nominare un’aula della camera, come se fosse cosa normale tirare un estintore in faccia ad un carabiniere che evidentemente secondo la logica pelosa dei sinistri doveva porgere non solo l’altra guancia ma farsi spaccare il cranio.
Pensa un po’, ho sbagliato tutto nella vita…altro che artista, se tiro un monopattino addosso ad una pattuglia della volante e se quelli per sbaglio mi prendono sotto, forse qualcuno mi dedica una via.

 

 

 

 




Viterbo, Zappa: “W il Green Pass”

di MARCO ZAPPA –

VITERBO – L’hanno così reso obbligatorio che chi ne è sprovvisto di fatto sembra un emarginato sociale, costretto a disertare eventi pubblici, viaggi, opportunità lavorative ecc… Mi riferisco ovviamente al green pass, la card più celebre al mondo di questi tempi.

Sono pochi che ne possono fare a meno, quelli cioè che lavorano in smart working o fanno attività all’aperto oppure, meglio ancora, se ne stanno per conto loro come orsi polari lontano da tutto e da tutti.

Anche il sottoscritto gira con il green pass né per convinzione né per scelta ma per obbligo: se devo viaggiare e lavorare, nella mia funzione di docente, devo sottostare a quella che di fatto è un’imposizione.

E va bene così.

Quello che non mi convince in questa faccenda è la solita mancanza di equità, che poi si trasforma in illogica tutta italiana, anche se qualcuno mi dice che in altri paesi avviene lo stesso.

Accade così che i controlli sono arbitrari ed eseguiti senza un criterio uniforme.

E vengo a degli esempi concreti.

Sui treni ad alta velocità il green pass è richiesto.

Su quelli regionali, dimenticati da Dio, maledetti, perennemente affollati da una massa di pendolari disperati che se hanno un bisogno fisico impellente sono costretti a usufruire di bagni che puzzano come le fogne di Calcutta, manca ogni controllo.

Lo stesso vale per gli autobus di linea che a Viterbo, come a Roma e Milano trasportano masse di gente munite “solamente”, si fa per dire, di mascherine.

Ha una logica tutto questo considerata la possibilità di trasmissione bacilli in situazioni di tali assembramenti, nella quale non mancano certo dei soggetti che vengono chissà da dove, magari scappati da uno dei tanti centri di raccolta e privi di controlli sanitari o documentazioni?

A me non sembra.

E cosa dire delle chiese, all’interno delle quali non occorre la mitica card?

Nessuno ne parla ma tutto è concesso all’istituzione Chiesa, guai ad andarle contro, pena la perdita di consenso elettorale (ricordarsi del governo Conte).

Al contrario, per entrare nel parco di Villa Lante (praticamente un bosco) oppure nel Parco dei Mostri a Bomarzo (altro luogo completamente esposto all’aria) o ancora, per assistere ad un’opera lirica nell’arena di Verona, dunque all’aperto, ebbene il green pass è obbligatorio e richiesto senza tolleranza alcuna.

Se analizziamo questi pochi esempi risulta evidente che nella sua grassa ignoranza la classe politica in mezzo a tanta incongruenza continua a penalizzare i luoghi della cultura.

Se la fede è considerata un bisogno primario per lo spirito dell’uomo l’Arte in generale evidentemente non lo è.

Amen!

C’è equità di vedute e di giudizio nel nostro paese?

 

 

 

 

 

 




Il “Bello” ci salverà

di MARCO ZAPPA-

VITERBO- È accaduto in epoche passate e potrebbe succedere ancora. Dopo periodi tristi e bui dell’umanità caratterizzati spesso da tremende epidemie o da forme di distruzione causate dall’uomo si sono inaugurate nuove e fertili stagioni che hanno elevato la creatività e la positività nella vita a vette altissime.
A seguito della tanto celebre quanto dolorosa peste nera del trecento, venne il Rinascimento con la sua positività e le testimonianze artistiche che oggi fanno dell’Italia un paese invidiato nel mondo. Così dopo la rivoluzione francese vi fu una stagione neoclassica che inaugurò un’epoca feconda di arte figurativa, letteraria e musicale che traghettò l’umanità nella modernità.
Infine alla distruttiva prima guerra mondiale e la contemporanea febbre “spagnola”, che fece più morti dello stesso conflitto bellico, seguì un fecondo “ritorno all’ordine” che ricondusse l’arte in seno ad una nuova ennesima forma di classicismo, che culminò in Italia nell’arte del ventennio ricca di interessanti soluzioni formali e concettuali.
I tempi che viviamo non sono molto distanti da queste sciagure, non certo da un punto di vista numerico per fortuna, ma simili per lo stato mentale che esse hanno determinato nelle nostre coscienze.
Anzi, ancor più oggi si avverte la fragilità umana (dopo la fede nel progresso, nella medicina e nell’organizzazione delle macchine statali) alla luce dei tanti errori commessi e delle tante incertezze che accompagnano la recente pandemia.
Credo fermamente che dopo questa crisi noi italiani sapremo risollevarci grazie alla genialità che è propria della nostra cultura ma solamente se si darà vita ad una nuova “Rinascenza” che non coinvolga solamente gli aspetti pur fondamentali dell’economia ma anche e soprattutto il valore della bellezza estetica e morale.
Dobbiamo ripudiare l’atteggiamento generale che fa apparire bello ciò che è brutto e positivo ciò che un tempo era aberrazione, condizione capace di determinare smarrimento e frustrazione fra la gente.
Riscopriamo il gusto del bello, idea sempre attuale confinata in angolo a volte remoto del nostro “io”, come vera arma potenziale per vincere l’ennesima sfida dell’umanità, quella cioè di una forte e decisa ripartenza. Anche stavolta il bello verrà in nostro aiuto.




Giù le mani da Leonardo

di MARCO ZAPPA-

VITERBO – Se avete visto la fiction della Rai su Leonardo da Vinci avete assistito a qualcosa di aberrante. Purtroppo avviene sempre più spesso che quanto proposto dalla televisione debba piegarsi alle esigenze dell’odiens e del Dio quattrino.
Dunque da un lato perché stupirsi?
Il problema è mio lo so, amo così tanto il mondo della cultura che ogni volta, davanti ad una fiction storica, casco nello stesso errore, l’illusione cioè di visualizzare attraverso le immagini quanto studiato e approfondito sui testi nel corso degli anni.
Già, le immagini, hanno un potere incredibile perché in pochi secondi possono dare a un volto, ad un paesaggio o anche ad una situazione la chiarezza che un libro scritto trasmette solamente con molte pagine.
Tornando alla fiction in questione, passi la trama che ricorda un giallo (Dan Brown purtroppo ha fatto scuola) e passino le falsità storiche che già in passato ho messo in evidenza su altre produzioni.
Passi che Leonardo rimanga penzolante con il cappio al collo come un malfattore qualsiasi, se pur per pochi secondi e alla fine riesca a salvare la pellaccia… e qui mi fermo per logica di sintesi.
Ma quella di far apparire un genio come il da Vinci insicuro, privo di riferimenti, incerto sul lavoro, addirittura balbettante nelle situazioni difficili e dominato dall’amore è un’operazione che non mi piace.
Alla fine ne risulta un ritratto inverosimile.
Al contrario, Leonardo era un uomo sicuro di sé, anche se corroso dalla continua fame di conoscenza, capace di sostenere lo sguardo di qualsiasi potente del tempo.
Un “signore”, diremmo oggi, elegante, sempre avanti con i tempi e disinteressato a “perdere tempo” appresso a una gonnella o alla virilità di uomo come, per parità condicio si è deciso di sottolineare nella fiction (e te pareva…).
Alla fine dunque è il pubblico che vince, quello che ama i gialli e le storie d’amore e che della realtà storica se ne frega!
Si cavalchi l’onda del mercato, di ciò che chiede e che vuole per i suoi interessi, pazienza se poi tocca a noi docenti smantellare l’dea che poveri studenti possono farsi della cultura, delle vite di personaggi, delle opere che hanno realizzato.
Un tempo questo modo di stravolgere la realtà storica veniva definito “un’americanata”.
Bene! Anche noi italiani ci siamo adeguati.