VITERBO- Il giorno venerdì 28 marzo 2025, presso la sala conferenze della fondazione Carivit, in via Cavour, a Viterbo, si è tenuto un convegno incentrato sul Rinascimento italiano, in particolare quello viterbese. L’evento è stato organizzato dall’associazione culturale ACIEC odv (Associazione Culturale Interforze Ecologia Cultura), di Giovanni De Caro, storico-romanziere amante dell’arte e della cultura, con il patrocinio di Riserva mondiale della biosfera Unesco del monte Peglia. De Caro, presidente ACIEC, ha mediato la conferenza, tra la dott.ssa Beatrice Valiserra Pazzaglia, storica-ricercatrice sulla famiglia Farnese, Orsini e Franciotti Della Rovere. Il professor Sigfrido Francesco E. Hobel, storico dell’arte ha trattato la figura del condottiero di ventura della media valle del Tevere, Giovan Corrado Orsini, signore di Bomarzo, costruttore del
palazzo del XVI secolo con gli splendidi affreschi di Baldassare Peruzzi. Si è concentrato sul figlio, Pierfrancesco II “Vicino” Orsini, poeta committente dei colossi di pietra del Sacro Bosco, conosciuto maggiormente sotto il nome di parco dei mostri. Il dottor Marco Rossi, conservatore e restauratore dei beni culturali, attore-regista e Narratore di Comunità Unitus, dell’associazione Il Fascino del Passato E.T.S, ha narrato un’ottava rima scritta da lui, che riassume in canto, la vita, l’opera e la morte di Giulia Farnese, la “Bella” e alcune lettere, documenti dell’epoca, che descrivono il suo volto scomparso, o volutamente celato alla storia, comunque ancora ad oggi, elemento di dibattito. La dott.ssa Pazzaglia da anni studia la figura di Giulia Farnese, ed ha fornito immagini inedite ricostruite con l’intelligenza artificiale, dei possibili caratteri somatici della nobildonna, soprannomina Sponsa Christi, o Venere papale, o più semplicemente la Donna del Papa, Alessandro VI, al secolo, Rodrigo Borgia. Ha smentito le cronache, pervenuteci dalla storia, che ci forniscono un quadro di Giulia, in balia del potere decisionale della famiglia Farnese. Non è possibile che il cardinale Alessandro Farnese, fratello di Giulia, abbia volutamente tramato con la cugina spagnola del Papa, Adriana De Mila, suocera di Giulia, madre del primo marito, Orsino Orsini
Migliorati, del castrum bassanelli, oggi Vasanello.
Non è stato un atto per indurre Giulia ad andare al letto ed innamorarsi del Pontefice, per trarne benefici per la famiglia Orsini ed aprire la strada onde il soglio pontificio, al fratello Alessandro, già cardinale e principe di Canino. In realtà secondo la storica non è mai esistita nessuna relazione d’amore, nessun rapporto consumato, ma tutto è da leggersi ed intendersi secondo la mentalità del tempo. Ciò che emerge dai carteggi, è un rapporto di riverenza nei confronti del Pontefice, inoltre cinquantenne, veneranda età per l’epoca. La storica ha smentito qualsiasi possibilità di aver voluto decretare la Damnatio memoriae su Giulia, cancellando il suo volto da tutte le opere dipinte ed affrescate, poiché sarebbe stato un rinnegare le proprie origini, ed un atto poco misericordioso di fronte a Dio. La famiglia per un tale gesto sconsiderato, avrebbe temuto la collera dell’Onnipotente. In questa fitta trama di nobili casati e giochi di potere, Giovanni De Caro, ci ha guidati nell’epopea dei soldati di ventura, mercenari, guerrieri professionisti dediti al mestiere delle armi, non solo per denaro, ma perché fare la guerra per questi uomini, era essenziale, vitale. Emergono condottieri di spicco come
in primis Pirro Baglioni di Sipicciano, dei Baglioni della teverina di Castel di Piero, originari di Mugnano, guerriero che fu adottato da Marzio Colonna di Roma, poiché salvò la vita al figlio Ascanio. Pirro, insieme al cognato Ottaviano Spiriti, compirono imprese ardue e lodevoli, epica la battaglia di Montemurlo in Toscana, quando il Baglioni, aiutò Cosimo I il Grande a prendere il neonato Ducato di Toscana, che poi diverrà Granducato, segnando la fine della Repubblica fiorentina di stampo mediceo. Non mancano riferimenti alle prodezze di Bartolomeo D’Alviano, truce guerriero che combatteva corpo a corpo i nemici, brandendo un’ascia e a Giovan Corrado Orsini e il figlio Vicino Orsini, ricordato per la battaglia della Lega di Smalcalda, nelle Fiandre e la sanguinaria battaglia di Montefortino (attuale Artena), dove per ordine del Papa Paolo IV Carafa, sarà costretto ad uccidere tutti gli abitanti opponenti al potere di Santa romana chiesa e a cospargere il terreno di sale. Questo evento cambiò drasticamente l’animo del nobile Vicino, che da lì in poi, si dedicò solo alle arti, la letteratura e la costruzione del Sacro Bosco. Interessanti i
riferimenti a Donne astute e combattenti, come Ortensia Baglioni Farnese, figlia di Beatrice Farnese, nipote del Papa Palo III Farnese (Alessandro Farense, fratello di Giulia la “Bella”), feudataria del castrum Iuianellum, (oggi Vignanello), feudo Marescotti, che sposò il conte Antonio Baglioni, di castel di Piero, del feudo di Sipicciano. Secondo le cronache, Ortensia, è passata alla storia come una dark lady, poiché uccise tre mariti: Sforza Marescotti, con l’attizzatoio del camino, nel salone del castello Ruspoli di Vignanello, Girolamo dei conti di Marsciano, con una pietanza avvelenata ed il conte Ranuccio Baglioni, dei Baglioni di Parrano, ucciso per mano di un carpentiere del luogo. Personaggio semisconosciuto ai posteri, introdotto da De Caro, è stato il banchiere per eccellenza del Rinascimento, Agostino Chigi di Viterbo. Questi compì grandi opere finanziarie, fino a diventare un potente armatore con una flotta di duecento navi a Porto Ercole. Il presidente dell’ACIEC, De Caro, ha tenuto a far presente, che la storia di Viterbo, non inizia e si ferma all’epopea dei Papi, del palazzo papale e del duomo della Vetus urb, ma ha una storia millenaria precedente.
Egli ha detto: – “Vorrei essere preciso su questo punto. L’evento ha sancito una nuova narrazione della storia di Viterbo non più incentrata in un arco temporale di 26 anni con nove Papi, un periodo breve su una storia di 3000 anni della città e della Tuscia.” Ha inoltre citato un aforisma scritto dallo storico dell’antichità, etruscologo e latinista dello scorso secolo Jacques Heurgon, scomparso nel 1995, che nel suo libro La vita quotidiana degli etruschi (1974) scrisse: – “È in verità impressionante il constatare che, per due volte nel VII secolo a.C. e nel XV d.C., pressoché la stessa regione dell’Italia centrale, l’Etruria antica e la Toscana moderna, sia stata il focolaio determinante della civiltà Italiana laddove l’Etruria antica è l’Alto Lazio ovvero la Tuscia viterbese ed è da qui che dobbiamo ripartire nella riscoperta della nostra incredibile ed infinita storia.” La politica negli ultimi settant’anni ha promesso rilanci della storia ma per le leggi della fisica “nulla può essere rilanciato se non è stato lanciato almeno per la prima volta” ed è inconcepibile pensare ad un rilancio storico incentrato su 26 anni, in compenso a 3000 anni di storia. Una città che si riattiva solo per il Giubileo avendo a disposizione una storia incredibile in ogni periodo della storia stessa della propria città, sembra andare incontro ad un controsenso, ha tenuto a puntualizzare Giovanni De Caro.
Si ringrazia il numero pubblico accorso, partecipe e curioso ad ogni intervento, nonostante giorno di lavoro.
Dopo questo convegno è in atto un’unione tra Associazioni di valorizzazione del territorio in ambito ambientale e storico culturale, di storici, studiosi dell’arte, romanzieri, attori e narratori. Siamo pronti per una narrazione storica alternativa della Tuscia.