Comitato non ce la beviamo: “I fatti sulla Talete ci danno ragione”
VITERBO – Riceviamo dal “Comitato non ce la beviamo” e pubblichiamo: “L’indagine della Procura della Corte dei Conti sulle modalità di gestione della Talete conferma, in maniera netta, che ci troviamo in presenza di un carrozzone.
Come riporta il Messaggero, la Corte dei Conti ipotizza “condotte gravemente ascrivibili in capo ai soci pubblici azionisti della partecipata, i quali, omettendo qualsivoglia azione di controllo e vigilanza in ordine a eventuali atti di mala gestio perpetrati dagli organi preposti alla gestione societaria con la loro inerzia hanno determinato una permanente crisi di liquidità, produttiva di una notevole esposizione debitoria a sua volta causa di perdite di esercizio occultate ai soci tramite artifizi contabili”.
E ci viene da dire: se la responsabilità è di chi non ha controllato figuriamoci le responsabilità di chi ha gestito…
Comunque sia, si tratta di un carrozzone che continuano a pagare i viterbesi in termini economici e di inefficienza; un modello gestionale che ha mostrato, non solo nel Viterbese, limiti strutturali difficilmente superabili se non ad altissimi prezzi, in primis con la tariffazione.
Tutto è fuorché una gestione economica a vantaggio degli utenti, ma semmai al servizio di interessi ormai chiari. Se poi si pensa che anche qualche sindacato ritiene che si debba proseguire su questa strada, richiamando i sindaci ad un intervento economico come azionisti, allora vuol dire che non ci si rende conto di ciò che è avvenuto e di cosa sta avvenendo nel settore idrico italiano, e quindi anche viterbese.
Il presunto danno erariale di sei milioni e mezzo di euro, le bollette astronomiche recapitate ai cittadini nonostante la qualità scadente dell’acqua, i mancati investimenti sulle reti e i disservizi sono imputabili all’intera classe dirigente politica da destra a sinistra , dai Sindaci al Presidente della Regione che, sordi alle nostre richieste, hanno sempre avallato questo modello ibrido di gestione per mantenere le proprie clientele da una parte e dall’altra ( quella degli uomini ACEA ) con lo scopo di facilitare il processo di privatizzazione completa.
E’ troppo strano infatti che solo oggi ci sia accorga che la Talete non funzioni e che solo ora i topi vogliono saltare dalla barca.
Siamo comunque giunti ad un bivio, questa classe dirigente si assuma la responsabilità della scelta:
mercificare i beni comuni continuando a darli in gestione a partecipate o multinazionali
o applicare la volontà dei cittadini espressa nel Referendum del 2011 riportando l’acqua al suo uso sociale e non come fonte di profitto o per favorire interessi politici.
Noi riteniamo che sia giunta l’ora di un cambio profondo che riporti in un ambito pubblico e partecipato la gestione dell’acqua.
Lo strumento per iniziare, c’è: la legge Reg.le 5/2014, assieme alla modifica della convenzione di cooperazione tra comuni.
I Sindaci hanno il dovere di dare seguito alla delibera approvata dai loro consigli di amm.ne in cui si vieta l’entrata dei privati e si dispone il sostegno alla Legge 5/2014.
E il Presidente della Regione , esponente di un partito che ha sbandierato in campagna elettorale la gestione pubblica dell’acqua ma che di fatto ne ha impedito la realizzazione , vuole continuare a far orecchie da mercante?
Anche l’inerzia e l’omissione è una precisa scelta, Presidente Zingaretti cosa ha intenzione di fare?”.