Francesco, il Papa, è morto. Anzi: NO!

di don GIANNI CARPARELLI-
Il suo ultimo libro autobiografico “SPERA” (2025) è il suo testamento spirituale. L’ho letto in quattro giorni e nell’interno copertina ho scritto: “Grande testimonianza di fede e di servizio. Il Papa servus servorum Dei”. Aggiungo, servus servorum (servo dei servi di Dio) non perché si dice così, ma perché era così. Nel suo discorso ai nuovi cardinali del 2024 disse: “…che il titolo di servo offuschi sempre più quello di eminenza”. Un testo pieno di vita vera, non artificiale o costruito per fare cassetta e far apparire brillante anche ciò che non è. Leggendo è come incontrare una persona conosciuta che ti guarda negli occhi e ti apre l’animo: il suo e quello di chi legge. Ci si sente riconciliati con una Chiesa a volte non autentica e burocratica, fedele alle norme ma avulsa dalla vita reale. E’ come immergersi nel desiderio di un mondo pulito e vederne i sentieri percorsi da chi è stato chiamato a guidare la Chiesa. Due ricordi personali. Uno dopo l’incontro Vaticano sulle dipendenze, fine novembre 2018. Salutandolo come fece con tutti i congressisti, gli dissi: “… Santo Padre, tenga duro!”. Si fece una bella risata e mi salutò. Poi il 22 luglio 2019 quando nel tardo pomeriggio chiamò per telefono don Dante Bernini ormai alla fine della sua vita. Gli avevamo fatto sapere di questo prete-vescovo eccezionale e lo chiamò subito. Don Dante non stava più nella sua pelle e ci disse: “ma che avete fatto…? Mi ha chiamato il Papa, come sapeva del mio numero privato?”. Gli risposi: “… il Papa sa tutto!”. Francesco era così. Attento a tutto. Aperto e disponibile. Non aveva timore di nulla, neanche di parlare con chiarezza quando si trattava di proteggere gli emarginati. Ricordate l’ultima lettera ai vescovi USA sul problema della deportazione forzata degli immigrati illegali? L’amministrazione attuale disse: “… si impicci della Chiesa”. Come se interessarsi dei “poveri” non fosse interessarsi della Chiesa. Nella autobiografia a cui ho accennato ci si trova il suo cammino di pastore e guida. Dalla infanzia alla fine. Doveva essere pubblicato dopo la sua morte, poi lo convinsero a farne un testo di meditazione per il Giubileo. La Chiesa deve aprire, anzi spalancare le porte al mondo e non chiudersi nelle cattedrali a recitare orazioni e farsi bella con le cerimonie e gli eventi. Tutto serve, ma come strumento per entrare nella fede e vivere i cammini della storia. “…chi dice che la religione è l’oppio dei popoli, un rassicurante racconto per alienare le persone, farebbe bene a farsi prima un giro nelle villas-(baraccopoli): vedrebbe come, grazie alla fede e a quell’incontro pastorale e civile, sono progredite in modo impensabile , pur tra enormi difficoltà…” (pag. 90-91). A pagina 166 del libro dice citando l vescovo Angelelli ucciso durante la dittatura in Argentina : “…dobbiamo avere un orecchio per ascoltare la parola di Dio e un orecchio per ascoltare il popolo”. A volte noi sacerdoti parliamo in chiesa come se la gente e i suoi problemi non esistessero. E’ sempre Francesco che scrive: “Il popolo è soggetto. E la Chiesa è il popolo di Dio in cammino nella storia, con gioie e dolori..” e più sotto: “…non solo una chiesa che accoglie e che riceve tenendo le porte aperte, ma anche una Chiesa che cerca e trova nuove strade, che è capace di uscire da se stessa” (pag. 225-226). E’ la pienezza della “cultura dell’incontro” di cui parla nel capitolo ottavo, dove citando il cantante brasiliano Vinicius de Moraes dice: “La vita, amico, è l’arte dell’incontro, malgrado ci siano tanti disaccordi” (pag 117). Era la sua arte del dialogo-rispetto con tutti, sempre. E poi la sua finezza e attenzione con la comunità LGBT+ nel capitolo diciotto e la sua “Fiducia Suplicans” (dicembre 2023). L’orientamento di tante persone… “non è un crimine, è un fatto umano… non sono figli di un dio minore…” (pag. 260). Anche riguardo la benedizione alle coppie irregolari, per le quali chiede misericordia e ascolto (pag. 259). Non ha timore di rimproverare la rigidità di alcuni che non raramente “…si accompagna alle sartorie ricercate e costose, ai pizzi, ai merletti, ai rocchetti…” (pag. 263). E troviamo ovunque nei suoi ricordi e riflessioni l’attenzione a chi fa fatica, a chi lavora nella semplicità tra gli emarginati, ai semplici fedeli e le loro tradizioni religiose e popolari… campo aperto per sentire la presenza di Dio. Ricordo la sua relazione nel 2007 nella conferenza dei vescovi del sud America a “Aparecida”. Amo Francesco. Mi sono sentito accolto e invitato ad accogliere. Nella sua delicatezza per le persone fragili non manca di citare il suo predecessore Benedetto: “… il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà… ma di mettermi in ascolto, con tutta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui” (pag. 270) e aggiunge: “Gesù stesso ci ha indicato come fare…” e cita il Vangelo di Matteo 25: “…avevo fame… avevo sete… e mi avere soccorso…” (pag. 271). E lascia un messaggio aperto a chi vivrà di più, di lui e di tanti di noi: “…il profeta Gioele dice: i vostri padri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni” (Gl 3:1). Regaliamo sogni ai giovani e loro li trasformeranno in visioni da costruire sperando di frantumare “…la vergognosa incapacità della comunità internazionale e dei paesi più potenti di porre fine a questo scempio…” (pag 315). Sappiamo bene di cosa e di chi stia parlando. Muore senza vedere la pace firmata dai “grandi”, ma sa che nel nostro cuore è firmata da tempo. Arriverà anche quella firmata e mi auguro che sia un cammino vero e non solo una strategia. Il libro chiude con queste parole: “Bisogna essere umili, lasciare spazio al Signore, non alle nostre finte sicurezze. Non è debolezza la tenerezza: è vera forza. E’ la strada he hanno percorso gli uomini e le donne più forti e coraggiosi. Percorriamola, lottiamo con tenerezza e con coraggio. Percorretela, lottate con tenerezza e con coraggio… IO SONO SOLO UN PASSO”. Io direi: un passo da “gigante”. Grazie Francesco. Che la Chiesa non abbia timore di portare avanti i tuoi passi.