di FRANCESCO MATTIOLI-
VITERBO – Forse un’occasione persa, l’altra sera, a “Ombre”, per affrontare in modo realmente approfondito il tema del sicurezza urbana.
Certo, c’era il Ministro Piantedosi, che ha parlato in modo generale della sicurezza, citando la repressione dei rave party e rivelando ai viterbesi accorsi che la sicurezza si ottiene “anche” con la riqualificazione degli spazi urbani e con il “coinvolgimento di scuole e famiglie”; c’era lo psichiatra che ha ricostruito la percezione che l’individuo ha dell’insicurezza; e c’era un sindacalista delle Forze dell’Ordine che ha interpretato il concetto di sicurezza nel difficile ma necessario dialogo tra polizia e cittadini.
Tutti temi di sicura rilevanza nel contesto generale della definizione e della gestione della sicurezza urbana.
Tuttavia al termine dell’incontro è emersa l’impressione che il problema della sicurezza urbana sia sostanzialmente un problema di natura politico-amministrativa, giuridico-psicologica ed esperienziale.
Peccato; eh, sì, proprio un’occasione persa per riflettere meglio su un problema che vale per realtà lontane mille miglia le une dalle altre, da Rogoredo a Scampia al Librino a Tor Bella Monaca e persino a piazza del Sacrario. Ignorati sessant’anni di studi, di ricerche e di riflessioni maturati dalla nuova scuola di Chicago tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, quella che parla di outsiders sociali, di costruzione sociale della devianza, di labeling (etichettamento) e marginalità sociale; che da quasi trent’anni in Italia lega la microcriminalità allo scollamento generazionale da un lato e alla mala interpretazione del controllo di vicinato dall’altra, e che sottolinea l’evidenziarsi di una sorta di “sindrome del fratello del figliuol prodigo” nei cittadini, che porta alla diffidenza e alla sfiducia verso le istituzioni, ad improprie forme di faidate e a diffuse concezioni giustizialiste dell’ordine pubblico.
Beh, sì: si tratta di studi e ricerche di carattere prettamente sociologico, che quindi guardano all’influenza che complessi fenomeni sociali macro e micro esercitano ad esempio sui meccanismi mentali individuali; che interferiscono con un interpretazione riduttivamente giuridica del concetto di sicurezza e di gestione dell’ordine pubblico; che avvertono come il problema non si risolva con una serie di happening collaborative tra famiglie e scuola, perché c’é di mezzo il complesso sistema mediatico dell’infosfera”, e comunque attiene ad una riconsiderazione complessiva della vivibilità urbana.
L’altra sera, a Ombre, che ne era della sociologia?