VITERBO- Riceviamo e pubblichiamo: “E’ con estrema amarezza che le scriventi OO.SS. sono costrette a prendere atto che, nonostante le numerose contestazioni e segnalazioni su evidenti disfunzioni organizzative, ad oggi nulla O POCO è cambiato ed in alcuni casi forse peggiorato.
Ci risulta che il problema della carenza o mancanza di divise per gli Operatori Sanitari del Comparto, non è stato risolto. Infatti domenica 06 dicembre alcuni Infermieri erano disperati, in quanto non avevano a disposizione divise “pulite” da indossare, si è arrivati al punto di tenere le poche divise disponibili, in qualche unità operativa, chiuse a chiave per evitare che da altre unità operative vengano asportate di nascosto. Questi fatti avvenivano durante la naia nella leva militare obbligatoria dei decenni passati. Non è concepibile che a tutt’oggi per prendere servizio si sia costretti a “rubarsi” le divise tra colleghi.
Auspichiamo che la S.V. sia a conoscenza che, oggi, gli Infermieri sono dei Professionisti e in alcuni casi con più scolarità di qualche medico e non possono e non devono essere trattati come “pezze da piedi”. I Sigg. Medici, cui dedichiamo tutto il nostro rispetto per la loro professionalità, non hanno lo stesso contatto, o rapporto temporale, con i pazienti degli Infermieri che dedicano tutto il loro tempo all’assistenza diretta durante le lunghe ore di servizio. Se strutturalmente ci sono disagi, magari dovuti a finestre rotte, non è colpa degli Infermieri e nessuno si può arrogare il diritto di pretendere che si trasformino in operai della manutenzione, come ci risulta preteso da qualche medico, forse meno stressato degli Infermieri stessi. Se improvvisamente alcuni reparti vengono adibiti al COVID 19 pur non rispondendo ai requisiti, non è colpa degli Operatori Sanitari del Comparto; se l’ex S.P.D.C. era strutturato per garantire la sicurezza ai pazienti psichiatrici ed oggi è adibito al Covid 19, mantenendo le stesse caratteristiche, non è colpa degli Infermieri, Dott.ssa Donetti, lo faccia presente a qualche medico che, stizzito dalla protesta di qualche paziente, se la prende con gli Infermieri. A tale proposito, tra l’altro, Le chiediamo se il Servizio Prevenzione e Protezione ha effettuato la valutazione dei rischi sulla idoneità nella diversa destinazione d’uso di tale struttura, proponendo eventuali modifiche, almeno agli infissi.
In questo particolare momento la sicurezza dei lavoratori va particolarmente “curata”, ma non ci sembra che, di fatto, sia così. Infatti, oltre alla carenza delle divise, ci risulta che i dispositivi di protezione individuale, (D.P.I.), siano di scarsa qualità, i copriscarpe sono come un “velo di cipolla” rompendosi mentre vengono indossate e costringendo gli Operatori Sanitari a coprirsi le scarpe con sacchetti per i rifiuti che, su richiesta, gli vengono lasciati dagli addetti della ditta esterna. Che dire poi delle tute ermetiche che pur nuove arrivano bucate e rattoppate con cerotti; risparmiare ve bene, ma non sulla pelle dei lavoratori, fornendo loro D.P.I. la cui inadeguatezza per la scarsa qualità è certa.
I pazienti Covid 19 vengono ancora trasportati da una unità operativa all’altra con semplici barelle e con, soltanto, una mascherina chirurgica creando panico tra gli utenti che si recano in ospedale per effettuare esami o per ritirare i referti, come è successo ieri, ma non soltanto ieri, nei locali antistanti e nella radiologia, dove mentre alcuni utenti erano in attesa di ritirare referti o di essere sottoposti ad esami, è arrivata una normale “a bordo” barella con paziente Covid “a bordo” provocando un possibile contagio permanendo in un ambiente certamente contaminato. Ma nonostante le nostre contestazioni, al momento delle barelle a contenimento biologico non si vede traccia. Di fatto, chi va a Belcolle per curarsi rischia di ammalarsi mettendo a rischio la propria vita.
Gli immensi ritardi sull’adozione di alcuni provvedimenti sono in evidenza a tutti, ma perseverare su ulteriori provvedimenti che già da mesi avrebbero dovuto vedere la soluzione, ci inducono ad evitare pesanti definizioni negative.
Lo stress, la carenza dei D.P.I. o la loro scarsa qualità, le divise che non si trovano e quando si trovano creano dubbi sulla loro igienicità, così come la biancheria, turni massacranti, terrore di contagiarsi per scarsa credibilità sulla sicurezza, i tamponi molecolari che non vengono adottati, (è noto che quelli rapidi non sono attendibili e la disposizione della Regione Lazio contrasta con le disposizioni del Ministro della Salute), Infermieri/e sessantenni che vengono mantenuti nelle corsie ospedaliere mentre altri con pochi mesi o giorni di servizio vengono impegnati dietro le scrivanie della Cittadella della Salute, ecc., sono problemi che avrebbero dovuto essere evitati.
Ebbene, per questi motivi ed altri non elencati per motivi di brevità, queste OO.SS. proclamano lo stato di agitazione, programmando una assemblea che sfocerà in un sit-in di protesta presso la sede della A.S.L. di cui a breve verrà decisa la data.
A S.E. il Prefetto di Viterbo, nonché al Sindaco di Viterbo massima Autorità Sanitaria, che ricevono la presente per conoscenza, chiediamo un incontro propositivo a tutela dei dipendenti e degli utenti. Mentre al N.A.S. chiediamo una maggiore attenzione nella sanità pubblica che, giustamente, pretende dalla sanità privata il rispetto delle regole evitando di darne il buon esempio. Distinti saluti”.