VITERB – Riceviamo dal coordinamento Comitato per l’Acqua Pubblica nella Tuscia (Comitato Non ce la beviamo) e pubblichiamo: “Abbiamo letto i resoconti giornalistici dell’Assemblea dei sindaci dell’ATO1 svoltasi il 29 settembre us e, francamente, siamo rimasti imbarazzati dalla confusione che sembra regnare sovrana dopo il ricorso dei Comuni di Viterbo, Monteromano, Tarquinia, Vasanello e Soriano contro la decisione di chiedere l’ingresso di un socio privato nella società Talete.
L’unica cosa che appare chiara come il sole è la volontà politica di andare avanti sulla strada della privatizzazione, anche sfidando la realtà dei fatti, usati in modo pretestuoso per giustificare l’ineluttabilità di un intervento salvifico del privato, che per i cittadini si trasformerebbe ovviamente in una terribile stangata. Dal momento che nessun privato è come la Befana, e se acquista le quote di una Spa è perché sa che la Società è proficua e vuole ricavarne un utile cospicuo, scaricando totalmente i costi sulla cittadinanza.
Lo stesso amministratore unico di Talete, Genova, rispondendo a una richiesta in merito della sindaca Frontini, confermerebbe che il risultato della due diligence svolta sui conti della società abbia dato esito positivo, vale a dire che “ i conti sono in ordine e che Talete è in buona salute.” Ce lo aspettavamo, perché un analogo esito positivo sui conti societari era emerso dal bilancio consuntivo del 2021, dal quale risulta che la società ha conseguito un livello di incassi mai registrato precedentemente, con entrate che hanno superato abbondantemente i 40 milioni di euro facendo registrare un incremento rispetto al 2020 e chiudendo l’esercizio finanziario con un utile d’esercizio pari ad euro 70.539,00. Dunque dov’è questo bilancio fallimentare che giustifica come ultima spiaggia la chiamata alle armi di un socio privato?
In secondo luogo l’ingegnere Genova, sempre attenendoci al resoconto giornalistico, ha affermato che la società non è in grado di riuscire ad accedere al decreto Aiuti. Perché mai? Eppure la Relazione di bilancio della Società , relativamente alle spese di energia , riporta testualmente “ La situazione è continuamente monitorata dagli uffici sia dal lato tecnico che dalle possibile agevolazioni fiscali (bonus imprese) di cui l’azienda potrebbe beneficiare .”
Anche il prestito dei 40 milioni Arera viene liquidato come un dettaglio insignificante, sebbene a suo tempo le bollette siano state aumentate, come richiesto, proprio per creare le precondizioni affinché Arera potesse erogare il finanziamento. Ma ahimè di quell’iter non risulta ad oggi nessun esito scritto.
Il ricorso al TAR dei 5 Comuni contro la votazione di Giugno appare quindi come il vero spauracchio che deve essere esorcizzato in ogni modo. Un ostacolo insuperabile sulla strada della privatizzazione, che qualcuno ha deciso debba essere il destino obbligato di Talete. Così il presidente Romoli, per rimettere tutto sui binari tracciati, propone di svolgere una nuova votazione sulla cessione a privati del 40% della società. Stavolta con la presenza anche del sindaco di Viterbo, la cui amministrazione al momento della precedente votazione era ancora commissariata.
Il Comitato “Non ce la beviamo”, di fronte a questi nuovi sviluppi della vicenda Talete, ribadisce la sua assoluta contrarietà a qualsiasi intenzione privatizzatrice. Come infatti abbiamo sempre sostenuto, anche da quest’ultima assemblea dei soci ATO 1 risulta evidente che alla base del percorso verso la privatizzazione non c’è il dissesto dei conti della società, ma una precisa volontà politica di cedere i servizi pubblici essenziali al mercato.
Proprio quel mercato che, senza regolamentazione, ha determinato attraverso la speculazione di borsa , gli extraprofitti per le multinazionali e l’aumento vertiginoso dei costi energetici a danno di imprese e cittadini . Un problema che riguarda tutto l’insieme del sistema economico italiano e non solamente Talete.
L’ingresso dei privati come ACEA, SUEZ o altre multinazionali acutizzerebbe solo il problema, perché i costi della speculazione ricadrebbero completamente sui cittadini e non si vede come l’ingresso dei privati possa fronteggiare in misura significativa il caro energia attraverso il decreto Aiuti, di per sé già largamente insufficiente.
E’ ora di cambiare rotta. Soltanto la ripubblicizzazione della gestione dell’acqua può garantire un servizio idrico con costi accessibili, perché permette l’accesso al credito garantito da Cassa Depositi e Prestiti e finanziamenti di sostegno per il contrasto al caroenergia. Ma soprattutto,come sosteniamo da tempo, consentirebbe l’accesso diretto a risorse pubbliche derivanti da appositi capitoli di spesa dello Stato e della Regione, che a tutela della salute pubblica spettano a questo territorio per coprire la spesa degli oltre 9 000 000 di € l’anno necessari alla dearsenificazione dell’acqua, prima voce di “costo aziendale” che assorbe oltre il 25% del totale dei costi operativi.
Il compito per cui sono pagati i nostri Amm.ri è quello di consentire che i servizi pubblici essenziali come l’acqua abbiano costi accessibili, tutelino l’ambiente e la salute delle persone. Troppo semplice pensare ora di farsi da parte e delegare a terzi, facendo ricadere i danni sui cittadini”.