di FEDERICO USAI –
VITERBO – Presentata questa mattina alla stampa, nel foyer del Teatro dell’Unione, la mostra “ I Sebastiani – fotografie”. Erano presenti Sabrina Manfredi, autrice della mostra, Massimo Giacci, curatore della mostra, Antonello Ricci, autore dei testi che accompagnano le opere fotografiche e Alfonso Antoniozzi, vice sindaco e assessore alla cultura e all’educazione.La mostra sarà inaugurata: sabato 28 ottobre alle ore 17.00.

Introdotti da Cristina Pallotta, capo ufficio stampa del Comune di Viterbo, gli interventi hanno visto subito la dichiarazione di Alfonso Antoniozzi, vice sindaco e assessore alla cultura, che ha evidenziato come con l’amministrazione comunale si sta provando a far rivivere il teatro e il suo Ridotto. Nel cuore pulsante della nostra città, il Ridotto, un luogo che è stato testimone di innumerevoli spettacoli e momenti magici, sta attraversando una fase di rinascita. Nonostante non sia possibile ospitare spettacoli al momento, il Ridotto sta trovando nuove vie per illuminarsi e tornare alla vita. Il Ridotto ha aperto le sue porte alle mostre d’arte, grazie a precise prescrizioni riguardo al carico del solaio, il Ridotto si prepara a ospitare opere d’arte in uno spazio che è stato precedentemente riservato per spettacoli dal vivo. La prescrizione di una persona per metro quadro assicura che le mostre siano fruibili in modo sicuro, seguendo le norme di distanziamento sociale. Alfonso Antoniozzi ha poi continuato parlando del Ridotto dicendo : “ E’ molto brutto vederlo spento, in realtà il teatro è acceso e il Ridotto spento, quindi cominciamo a farlo diventare una sede per mostre, che ovviamente saranno fatte con un accesso controllato assolutamente sicuro. Quindi riapriamo, rendiamo vita al Ridotto e gli rendiamo vita con una mostra bellissima, che si innesca nel famigliare. In questi 5 anni di consigliatura vogliamo raccontare a una città, come dico sempre, quello che rende la città e gli artisti presenti nella nostra città, possibilmente vivi, come dico io, è bello farli lavorare, fargli raccontare quello che sanno fare. Oggi raccontiamo I Sebastiani, di Sabrina Manfredi e poi torneremo, continueremo a raccontare storie. “

Nel suo intervento Massimo Giacci, curatore della mostra, ha dichiarato che la mostra, realizzata su dieci pannelli in fine art, offre uno sguardo in profondità nell’immaginazione di artisti locali. Questi pannelli, realizzati con stampe fotografiche ad alta risoluzione su carta radiosensibile, sono montati su sottili lastre di alluminio e protetti da un rivestimento che ne preserva la bellezza e il valore. ” Ogni opera è una testimonianza dell’arte viva presente nella nostra comunità.”

Prendendo la parola Sabrina Manfredi, autrice della mostra, ha voluto evidenziare come dopo aver parlato con l’Assessore Antoniozzi ha iniziato a pensare che il suo sogno potesse realizzarsi. “Ho fatto altre mostre, ma questa è veramente una cosa per me molto particolare. Vi chiederete perché Sebastiani, immagino. Tutto nasce da me. Chi era San Sebastiano lo sappiamo tutti. Faccio solo una piccola premessa dicendo che appunto era un militare romano. Cristiano. Veniva da una famiglia cristiana, militare che era alla merce di Diocleziano. Quindi non proprio uno buonissimo. Viene martirizzato. Prima riempito di frecce. Come dice un noto agiografo, Jacopo da Varazze. Erano più di cento frecce e somigliava al riccio. A questo è sopravvissuto. E una volta che è stato risanato da una pia donna. E’ tornato da Diocleziano che vedendolo ancora vivo disse ai suoi soldati di lapidarlo e una volta morto di buttarlo in una cloaca massima. Questa è la premessa. Dieci anni fa io ero a Milano. Sono andato a Brera. Guardando le varie opere. Una più bella dell’altra. Mi è capitato un San Sebastiano di Liberale da Verona. Pittore che voi dovreste conoscere tutti, ne abbiamo uno stupendo esempio al Duomo di Viterbo. Ho avuto una fulminazione. Sono stata fulminata sulla via di Damasco. Perché mi sono andata a vedere altri quadri di Mantegna. E tutti quelli che sono succeduti a lui. E ho notato che c’era qualcosa che mi portava a un interessamento particolare. Perché non facciamo una mostra? Perché non faccio delle foto su questo personaggio? Però, a quel punto ho detto. Togliamo il Santo. Quindi facciamo una mostra su Sebastiano. E sui Sebastiani. Ho agito pensando che nei vari secoli, la lingua cambia, l’etimologia ha perso un po’ il vero senso e noi tutti oggi usiamo la parola martire per tanti motivi. Si dice non fare il martire, i martiri del lavoro. E quindi ho voluto dare un’accezione quasi sociale a questa cosa. Quindi i martiri di oggi chi sono? Sono gli esodati? Sono i migranti? Sono gli omosessuali? Sono tutti quelli che nella società vengono in un modo o nell’altro perseguitati. E ho chiesto ai miei modelli di provare ad essere martiri per le mie foto. Tutto questo collaborando, dialogando anche con la pittura perché chi verrà a vedere la mostra vedrà che ci sono degli elementi iconografici classici partendo dai vari Sebastiani, quindi simbolismi, le pose, l’albero, la colonna. Tutto quello che è iconografia classica io ho cercato di mantenerla perché appunto volevo dialogare con il passato e il presente. Il passato e il presente, però in chiave laica. Nessuno di loro ha l’aureola. Questa è un po’ la visione che ho avuto in dieci anni a questa parte. ”
Dalle parole di Sabrina Manfredi si nota come la sua visione nel preparare questa mostra è profonda e toccante e ha sapientemente intrecciato l’antica iconografia del martire con le sfide sociali e i “martiri” contemporanei che affrontiamo. Questa mostra sembra essere una potente riflessione sul passato e sul presente, un dialogo tra tradizione e laicità, è chiaro che l’autrice ha dedicato anni di passione e impegno a questa iniziativa artistica. In molti sono ansiosi di vedere come questa mostra porterà alla luce una nuova comprensione di Sebastiano e dei temi universali che tratta. La sua decisione di rimuovere l’aureola dai suoi modelli offre un tocco di modernità e individualità a questi “martiri” contemporanei, sottolineando il loro coraggio e la loro lotta nella società odierna.

Per ultimo ha preso la parola Antonello Ricci, autore dei testi che accompagnano le opere fotografiche, che ha voluto subito far capire come in un mondo sempre più secolarizzato, la presenza del sacro e del martirio può sembrare estranea o persino obsoleta. “Tuttavia, è in questo contesto di cambiamento che le opere di Sabrina Manfredi trovano la loro forza e rivelano nuove dimensioni del nostro essere umano. Le immagini di Sabrina, intrise di spiritualità laica, sfidano la società contemporanea, che ha visto l’ecclissi del sentimento del santo e l’emergere di nuovi templi e divinità legate al consumo. Esse esplorano il bisogno umano di un significato più profondo, andando oltre l’alone del dolore puro e dell’oppressione per scoprire la spiritualità in aspetti inaspettati della vita quotidiana. Ogni foto è un’opera autonoma, ma la vera magia si verifica quando vengono presentate insieme. L’allestimento della mostra trasforma queste immagini in una narrazione collettiva, un romanzo visivo che parla di simboli recuperati dalla tradizione religiosa e di oggetti che diventano portatori di significati nuovi. Ogni foto di Sabrina è una storia breve, un racconto completo di per sé. Eppure, quando vengono collocate insieme nell’allestimento della mostra, si trasformano in una sinfonia di significati. La loro forza sta nel dialogo costante tra loro, nel modo in cui si influenzano reciprocamente e si intrecciano, creando un racconto collettivo che va ben oltre la somma delle parti.
Quando ci si avvicina a una mostra come questa, la visione diventa un’esperienza. Ogni foto è un esercizio di stile, un’opera d’arte che richiede tempo e attenzione per essere compresa appieno. Ma, quando si guardano insieme, si apre una porta verso un mondo più vasto di interpretazione.
Guardando le opere una per una, si può apprezzare la maestria di Sabrina nell’afferrare momenti di intimità, vulnerabilità e forza. Ogni scatto cattura un frammento della condizione umana, un’emozione congelata nel tempo.
Tuttavia, quando si passa a osservarle tutte insieme, emerge un intreccio complesso di significati. Gli oggetti, i simboli e le espressioni dei soggetti cominciano a comunicare tra loro, creando un nuovo linguaggio visivo. L’insieme delle opere diventa una narrazione collettiva sulla ricerca di significato, sul dolore, sulla resistenza e, infine, sulla speranza.
È in questo dialogo tra le immagini che la mostra di Sabrina diventa un’esperienza straordinaria, un viaggio nell’animo umano e nella sua ricerca di significato.“
Dalla mostra, ci aspettiamo un’esperienza di visione profonda che sfida le convenzioni e ci spinge a riflettere su temi universali che ci legano tutti.
Ricordiamo che l’inaugurazione della mostra “ I Sebastiani “ è prevista per sabato prossimo alle 17.00, e sarà visitabile negli orari museali, dal martedi al sabato e nei giorni di spettacolo con orario 10-13 e 15-19, ingresso gratuito per i residenti a Viterbo. Questa mostra sarà un’opportunità per riunire la comunità e celebrare la creatività che continua a illuminare il Ridotto. Nonostante le sfide, il teatro può ancora essere un faro di speranza e ispirazione, grazie alle mostre d’arte che fioriscono in questo spazio un tempo dedicato agli spettacoli dal vivo. Il Ridotto, quindi, si prepara a raccontare altre storie straordinarie attraverso opere d’arte che incanteranno gli spettatori.