di MARIA ANTONIETTA GERMANO –
VITERBO – La terza edizione di ‘Acrobazie Letterarie’ (27 luglio-31 agosto 2024) che verte sul tema l’Evoluzione delle Parole e del Costume si è aperta a Viterbo con grande successo sabato 27 luglio, presso la Libreria Borri Books (piazza della Repubblica, 2).
La rassegna che si svolge di norma a San Martino al Cimino (frazione di Viterbo) ieri ha ospitato “fuori borgo” un incontro speciale con lo straordinario crossdresser Stefano Ferri, scrittore, giornalista, consulente di comunicazione e acrobata del Costume che ha presentato davanti a un numeroso pubblico, per lo più femminile, il suo ultimo libro “Crossdresser -Stefano e Stefania, le due parti di me” (Mursia editore).
Ha dialogato con l’autore e con la curatrice di Acrobazie Letterarie, Giulia Marchetti, anche l’assessore alla cultura Alfonso Antoniozzi che ha detto, tra l’altro: “Questa è una scuola di libertà in una società patriarcale e maschilismo tossico. Tutto questo io lo vivo da un’altra parte. Il tuo essere crossdresser crea un problema, che ho vissuto con l’omosessualità. Il dover lottare per essere se stessi in barba a quello che la società si aspetta da te. L’uomo che mette una cosa diversa dalla divisa che ci impone la società e ha deciso di cambiare divisa, allora è percepito,
indipendentemente da quale sia il suo orientamento sessuale, meno Uomo. Il dolore è comune. Tu mandi in cortocircuito un sistema binario semplice: un uomo che si veste da donna, si sente donna. Non è vero. Paradossalmente, l’uomo che si veste da donna e si sente donna, dalla società viene accettato più di te che ti vesti da donna ma rimani e ti senti uomo”. Tanti gli applausi.
In una lunga e dettagliata disamina, prende la parola Stefano Ferri che nel narrare la sua storia, in parte scritta nel libro, si fa portavoce di una nuova concezione di costume, che supera il modello imposto dalla nostra società, nella nostra epoca. Apre la porta su nuovi scenari del futuro e affronta l’abisso del rigetto del crossdressing, là dove anche la percezione dell’altro passa attraverso il modo di abbigliarsi, socialmente ammesso e accettato.
“Io non mi sento donna – precisa Stefano Ferri – “Io questo libro non lo volevo scrivere, perchè mi vergognavo. Me lo chiedevano in tanti, io sono crossdresser dal 2002. Sono libero professionista dal 2006. Già nel 2012 avevo il mio nome nel panorama delle relazioni pubbliche ed eventi ed erano in tanti che mi chiedevano: perchè, tu che di mestiere scrivi, io sono nato come giornalista,
non scrivi un libro sulla tua storia? E io prendevo sempre la scusa che non avevo tempo, in effetti lavoravo parecchio. Era una verità, ma anche una scusa”.
“La verità – continua Ferri – la posso dire a voi oggi dopo tanti anni. Prima cosa è che io non avevo la faccia tosta di far finta di essere importante come Casanova o Berlusconi, a scrivere: nato a Milano 11 giugno del 1966….. fossi Napoleone allora….No, non è il mio caso. Mi sembrava di darmi troppa importanza a scrivere una autobiografia. Primo motivo, non volevo. Seconda cosa: c’è un problema. Io ho subito razzismi, sessismi, discriminazioni, verissimo. Però una volta che uno vuole raccontare la verità, la deve racconarla tutta. Deve raccontare anche le mascolzonate che ha fatto lui. Io non sono un santo. Se devo mattere in luce i crimini che ho subito per quello che sono, cioè crimini, devo raccontare anche le cose che ho combinato io. Altrimenti uno fa un libro autocelebrativo in cui
si descrive come un essere perfettissimo, creatore e signore del cielo e della terra, povera vittima delle crudeltà altrui. Non sono così. Le mascalzonate io non avevo il coraggio di dirle.
Poi è arrivato il Covid, marzo 2020. Io ero PR in turismo ed eventi. Nel giro di due ore, domenica 23 febbraio 2020, io mi ritrovai a lavoro zero. Tutto finito. Lasciamo perdere quello che è stato, una botta che non auguro a nessuno.Mi sono ritrovato senza niente da fare.Passano le settimane, chiuso in casa, senza lavoro. Il problema era: come passo le giornate? Dopo un bel po’ di settimane, per ingannare il tempo, mi misi al computer e scrissi una pagina su di me.
Ero uno sfogo. Spensi il computer. Il giorno dopo riaccesi il computer, lessi e pensai: che bella aho.
Scrissi, tanto non avevo niente da fare, una seconda pagina, e poi una terza, una quarta ..e poi mi resi conto che avevo il primo capitolo del mio libro. Avevo trovato la chiave di lettura, ma perchè
non la cercavo”.
“Infatti questo libro non è una autobiografia- continua ancora Stefano Ferri – E’ un libro che descrive soltanto questa parte della mia vita e tace tutte le altre.Ho raccontato un bel po’ di cose. Ho trovato una moglie comprensiva che quando ha letto il manoscritto con le cose che le avevo nascosto, non mi ha lasciato. Quindi sono felice di poter dire che anche il matrimonio è salvo.
“Crossdresser” non doveva essere il titolo. Vi svelo questo piccolo segreto, il titolo che io avevo pensato per questo libro era “Stefania”. Ma la casa editrice s’innamorò del titolo crossdresser e lo volle mettere in copertina relegando la parola Stefania a sottotitolo.
“Debbo dirvi che il termine Crossdresser a me non piace tanto perchè vedete, alla mia destra c’è una meravigliosa ragazza crossdresser, perchè ha i jeans e le scarpe basse. Allora mi chiedo perchè se vedono me mi chiamano crossdresser e se vedono lei non la chiamano così?
“La risposta è: perchè sono tutte così. E’ un fatto statistico. Mentre la parola ‘omosessuale’ non è un fatto statistico ma definisce una realtà intima e oggettiva della persona; mentre ‘transessuale’ non è un fatto statistico, definisce anche lì una realtà vera e ogggettiva. Crossdresser è un fatto statistico.
Che nel momento in cui tutti fanno una cosa, tutti si vestono in un modo, si cessa di essere crossdresser.
“La donna è stata soggiocata dall’uomo per quasi tutta la storia documentata, da sempre. A sparigliare le carte fu l’invenzione più rivoluzionaria che la storia umana abbia mai testimoniato, la macchina a vapore. Fu una cosa sconvolgente, perchè trasformò nel giro di settimane, le botteghe in aziende. L’azienda era un concetto che all’epoca gli uomini non avevano. Nessuno aveva visto una ciminiera. Nessuno sapeva neanche che cosa potesse essere. Nel 1760 erano gli uomini con la parrucca, erano gli uomini con la cipria. Era questo mondo. E di punto in bianco, nel 1769 con la macchina a vapore ebbe inizio l’industria.
“Noi parliamo di rivoluzione di Internet, ma dopo 30 anni possiamo dire che non ha avuro lo stesso impatto rivoluzionario di quella cosa lì. Allora, seguitemi bene perchè capite bene che i soldi attraggono. Il potere e la ricchezza che sono funzioni uno dell’altra, come diceve Herry Kissinger: i soldi sono il più grande afrodisiaco del mondo.
“La macchina a vapore inglese, anche se fu uno scozzese ad inventarla, rese l’Inghilterra, in 20 anni, il paese più ricco del mondo. Nacque nel 1769. Ma nel 1789, ci fu la Rivoluzione francese. Fu la conseguenza ideologica che i giacomini trassero a beneficio del loro potere, da quello che vedevano con il canocchiale oltre la Manica. Loro erano un popolo alla fame, con Maria Antonietta che diceva: se non hanno pane, mangino le briosce, e di là, grazie a quella invenzione, si cominciava a vedere che chi nasceva servo della cleba, non doveva più morirci. C’era un riscatto. Si diffuse a macchia d’olio, cominciando dai giacobini, diedero con la Rivoluzione, il messaggio che tutti potevano diventare re. Se solo vi tirate su le maniche, mollate le parrucche, le ciprie e vi concentrate sul lavoro.
“Allora cosa fecero gli uomini che avevano il potere pieno (le donne non contavano nulla)?
Per assicurasi il massimo dell’autonomia e mettersi al riparo dell’eventualità che qualche donna potesse fare ciò che faceva un uomo, imposero agli uomini uno scambio “la grande rinuncia maschile”, presero le donne metaforicamente e dissero loro: donna ti lascio tutto, ti lascio le parrucche maschili, le ciprie maschili, ti lascio i tacchi, che erano maschili e rappresentavano la nobiltà, ti lascio i velluti colorati, purchè tu lasci il potere a me. La ricchezza, il lavoro.Le donne non avevano scelta, dovettero dire di sì e sulla base di questo scambio, la società andò avanti per tutto il 19esimo secolo, in crescita continua.
“Sono stati 200 anni dal 1789 al 1989, quando con la globalizzazione si è fermato tutto.Duecento anni di crescita incessante. Poi a cavallo tra l’800 e il ‘900 ci fu l’emancipazione femminile. Non dal maschio ma da questo scambio di cui l’uomo è ancora totalmente succube. Bellezza/potere. La donna, nel corso del XXsecolo, ha valicato più volte il confine fatto per essere invalicabile che l’uomo le aveva imposto. Oggi abbiamo donne presidenti, amministratrici delegate, professioniste in carriera, avvocate, notaio.. tutto abbiamo. E l’uomo è ancora rimasto nella gabbia dorata, ma sembre gabbia, che si era dato all’inizio della rivoluzione industriale.
“Questo spiega, al di là della mia storia personale che ho raccontato in questo libro, spiega per quale motivo sta cominciado ad insinuarsi in tanti uomini, il desiderio di riprendersi un pochino delle bellezza interiore ed esteriore che mollarono sull’altare di quello scambio, duecentocinquanta anni fa. Per bellezza intendo tutto. Guardate le prime fotografie del 1840/50, gli uomini che un tempo erano con la cipria e la parrucca, gli uomini che nel 1300 portavano la minigonna sopra la calzamaglia e le scarpe scollate, gli uomini che giravano in tunica al ginocchio in epoca romana, quegli uoni lì, nel 1840-50 erano vestiti sempre a lutto. Abito nero, cravatta nera, tuba nell serate di gala e basta.
“Non c’era altro perchè era lo scambio: bellezza/ potere. Erano le donne che avevano gli abiti sgargianti. E gli uomini erano in fabbrica, facevano i soldi, cercavano di diventare ricchi. Questa cosa qua funzionava all’epoca, ha smesso di funzionare quando la donna ha cominciato a reclamare l’altra metà del confine.
“E adesso l’uomo per una donna, amministratrice delegata, è assolutamente normale trovare un uomo come me. La tragedia è che spesso, quasi sempre, gli uomini come me non sanno nemmeno di esserlo, perchè si vergognano. O fanno queste cose nel chiuso della loro stanza a volte, nemmeno le loro compagne lo sanno. Questo lo dico perchè tante mi scrivono in privato sui social e vengono fuori delle cose che sono tragiche, inenarrabili.
“Io ho 58 anni e sono così da quando ne avevo 36. Il che vuol, dire che prima ero represso. Con tutto ciò che significa ‘represso’.Io non sono un violento comportamentalmente parlando, però nello sguardo, nella mimica facciale, quando ero represso questa violenza si vedeva.
Io vi invidiavo tutte, potevate vestirvi come io volevo vestirmi ma non lo dicevo nemmeno a me stesso. Questa cosa qua va superata. E bisognerebbe che gli uomini che lo desiderano, questa cosa la facciano. Parliamo soprattutto di bellezza interiore. L’uomo può fare poche cose oggi. E non va più bene se vogliamo un mondo paritario.
“Quanti di voi, hanno chiamato femminuccia l’uomo che piange?. Tanti. Io l’ho fatto e me ne vergogno. Purtroppo ho qualche dato che mi fa capire che la maggioranza della popolazione italiana, quando vede un uomo piangere ride e lo chiama femminccia.Anche questo è scambio bellezza/potere. Ache questo è grande rinuncia. Quando l’uomo cedette alla donna le parrucche e le ciprie, cedette tutto, anche questo. L’hommo ha da puzzà!
L’incontro volge al termine e Stefano Ferri conclude dicendo: “Auspico una società paritaria, così come ci sono donne in carriera, donne autonome, donne libere, anche l’uomo sia libero di trovare il suo modo di lasciarsi andare, diverso di andare allo stadio. Questo cerco. Altrimenti i femminicidi continueranno. La causa è il fatto che l’uomo vede nella sua donna un essere molto più libero di lui e questa cosa qui, gli risuona, a lui depresso, come un insopportabile monito a darsi da fare per liberarsene. Non avendo il coraggio di farlo, le ammazza. E’ così che funziona, purtroppo. Se si vuole sanare questo cancro, perchè è un cancro, l’uomo deve darsi una mossa e liberarsi, liberare se stesso.
Scattano gli applausi calorosi del pubblico prima del firmacopie.
Gli incontri di ‘Acrobazie Letterarie’ proseguono poi nel borgo sammartinese con gli Acrobati delle Parole Claudio Giovanardi e Massimo Roscia, l’illustratrice Francesca Carabelli con il laboratorio di disegno per bambini, e altre iniziative.
“Acrobazie Letterarie” ha il patrocinio del Comune di Viterbo.