Come le cellule del cancro al seno sopravvivono nel midollo osseo dopo la remissione: un approccio di ricerca collaborativa svela un fattore chiave nel ritorno della malattia

Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università del Michigan e dell’Università della California a San Diego ha approfondito un aspetto poco conosciuto della recidiva del tumore al seno: come le cellule tumorali riescano a sopravvivere nel midollo osseo nonostante le terapie mirate. Lo studio, intitolato “Breast cancers that disseminate to bone marrow acquire aggressive phenotypes through CX43-related tumor-stroma tunnels”, è stato pubblicato sul Journal of Clinical Investigation.
Il carcinoma mammario positivo al recettore degli estrogeni è la forma più comune della malattia. Le cellule tumorali di questo tipo possono rimanere dormienti nel midollo osseo per anni o addirittura decenni dopo la remissione. Questa persistenza porta a recidive in circa il 40% delle pazienti, spesso sotto forma di un cancro alle ossa aggressivo, caratterizzato da sintomi come fratture ossee e ipercalcemia. Inoltre, queste cellule possono diffondersi ad altri organi, causando una recidiva attualmente incurabile.
Per comprendere come queste cellule tumorali sopravvivano e perché causino recidive così aggressive, i ricercatori hanno esaminato il loro comportamento nel midollo osseo. Lo studio ha identificato il ruolo chiave svolto dalle cellule staminali mesenchimali (MSC) presenti nel midollo osseo. Secondo Gary Luker, M.D., autore senior dello studio e direttore del Luker Lab presso il Center for Molecular Imaging dell’Università del Michigan, le cellule tumorali necessitano di un contatto diretto con le MSC per sopravvivere. Attraverso questo contatto fisico, le cellule tumorali “prendono in prestito” molecole essenziali, come proteine e RNA messaggero, direttamente dalle MSC. Questo processo rende le cellule tumorali più aggressive e resistenti ai farmaci.
Gli esperimenti di laboratorio hanno mostrato che il contatto tra cellule tumorali e MSC induce cambiamenti in centinaia di proteine. Tra queste, i ricercatori hanno focalizzato l’attenzione su una proteina chiamata GIV (nota anche come Girdin), che promuove l’invasività, la resistenza ai farmaci e il potenziale metastatico in diversi tipi di tumore. GIV rende specificamente resistenti le cellule tumorali del seno alle terapie mirate ai recettori degli estrogeni, come il Tamoxifene.
Lo studio apre nuove prospettive per sviluppare trattamenti che possano prevenire il ritorno del carcinoma mammario positivo ai recettori degli estrogeni. Pradipta Ghosh, M.D., co-autrice dello studio e professoressa presso il Dipartimento di Medicina e Medicina Molecolare e Cellulare dell’Università della California a San Diego, ha dichiarato che le cellule tumorali “dormienti” possono riattivarsi e causare recidive anche dopo decenni di remissione apparente. Poiché queste cellule “contrabbandano” proteine essenziali dalle MSC attraverso tunnel cellulari, intervenire su questi tunnel o sulle proteine trasportate potrebbe rappresentare una strategia per prevenire le recidive e le metastasi del carcinoma mammario positivo ai recettori degli estrogeni.
Saptarshi Sinha, Brennan W. Callow, Alex P. Farfel, Suchismita Roy, Siyi Chen, Maria Masotti, Shrila Rajendran, Johanna M. Buschhaus, Celia R. Espinoza, Kathryn E. Luker, Pradipta Ghosh, Gary D. Luker. Breast cancers that disseminate to bone marrow acquire aggressive phenotypes through CX43-related tumor-stroma tunnels. Journal of Clinical Investigation, 2024; DOI: 10.1172/JCI170953
Giovanni Ghirga
Pediatra
ISDE Italia