Il primo diritto umano, una conversazione tenuta a Vetralla il 10 dicembre 2023

 VETRALLA (Viterbo)- Domenica 10 dicembre 2023 a Cura di Vetralla il responsabile del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo, Peppe Sini, ha tenuto una conversazione in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani.
Di seguito una sintesi degli argomenti svolti. Non un giorno all’anno, ma ogni giorno
Celebrare una volta all’anno la Giornata mondiale dei diritti umani, e poi dimenticarsene per tutti gli altri giorni, sarebbe una triste e trista beffa.
Il significato e lo scopo di questa Giornata e’ infatti nel convocare – rammemorare ed esortare – al dovere di agire ogni giorno in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
La “Dichiarazione universale dei diritti umani” proclamata il 10 dicembre 1948 deve essere il programma politico fondamentale di ogni persona decente e di ogni civile istituto; ogni giorno sia dedicato all’inveramento dei principi contenuti in quella Dichiarazione.




Incontro di studio su alcune opere dell’illustre scrittore ed artista nativo americano N. Scott Momaday

VITERBO – La mattina di martedi’ 14 marzo 2023 a Viterbo, presso il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera”, si e’ svolto un incontro di studio su alcune opere dell’illustre scrittore ed artista nativo americano N. Scott Momaday (nato nel 1934, nel 1969 ricevette il Premio Pulitzer per il suo romanzo del 1968 Casa fatta di alba, da cui si suole far iniziare il rinascimento e il crescente riconoscimento internazionale della letteratura nativa americana).
Nel corso dell’incontro sono stati esaminati cinque libri dell’autore disponibili in traduzione italiana, riassumendone i temi e leggendone e commentandone alcuni brani:
– N. Scott Momaday, Casa fatta di alba, Guanda, Milano 1979, pp. 208.
– N. Scott Momaday, Casa fatta di alba, Black Coffee, Firenze 2022, pp. 240 (nuova edizione in diversa traduzione).
– N. Scott Momaday, Custode della terra, Black Coffee, Firenze 2023, pp. 96.
– N. Scott Momaday, Il viaggio a Rainy Mountain, La salamandra, Milano 1988, pp. 176.
– N. Scott Momaday, I nomi, La salamandra, Milano 1992, pp. XII + 236.
– N. Scott Momaday, La strana e verace storia della mia vita con Billy the Kid (e altre storie), Salerno, Roma 1993, pp. 104 (+ 20 pp. di illustrazioni fuori testo).
Segnaliamo anche l’ampia intervista a N. Scott Momaday in Laura Coltelli, Parole fatte d’alba. Gli scrittori indiani d’America raccontano, Castelvecchi, Roma 1995 (Laura Coltelli e’ benemerita e prestigiosa traduttrice, studiosa ed amica dell’autore e di altri scrittori e scrittrici native americane).
Un’ampia bibliografia di e sull’autore e’ nei due volumi editi dalla casa editrice La salamandra.

L’incontro e’ parte di una serie di incontri di studio, meditazione e testimonianza in solidarieta’ con la lotta dei popoli nativi americani per la loro stessa esistenza, per la dignita’ umana e la salvaguardia dell’intera natura; in particolare la storica struttura nonviolenta viterbese promotrice dell’iniziativa e’ impegnata per la liberazione di Leonard Peltier, l’illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell’intero mondo vivente, da 47 anni detenuto innocente.

Al termine dell’incontro le persone partecipanti hanno riproposto l’invio di una lettera al Presidente degli Stati Uniti Biden per chiedere che conceda la grazia che restituisca la liberta’ a Leonard Peltier.
Di seguito una proposta di testo della lettera da inviare al Presidente degli Stati Uniti d’America recante la richiesta della grazia presidenziale per Leonard Peltier, e le istruzioni per inviarla attraverso il sito della Casa Bianca.
Nel web aprire la pagina della Casa Bianca attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Compilare quindi gli item successivi:
– alla voce MESSAGE TYPE: scegliere Contact the President
– alla voce PREFIX: scegliere il titolo corrispondente alla propria identita’
– alla voce FIRST NAME: scrivere il proprio nome
– alla voce SECOND NAME: si puo’ omettere la compilazione
– alla voce LAST NAME: scrivere il proprio cognome
– alla voce SUFFIX, PRONOUNS: si puo’ omettere la compilazione
– alla voce E-MAIL: scrivere il proprio indirizzo e-mail
– alla voce PHONE: scrivere il proprio numero di telefono seguendo lo schema 39xxxxxxxxxx
– alla voce COUNTRY/STATE/REGION: scegliere Italy
– alla voce STREET: scrivere il proprio indirizzo nella sequenza numero civico, via/piazza
– alla voce CITY: scrivere il nome della propria citta’ e il relativo codice di avviamento postale
– alla voce WHAT WOULD YOU LIKE TO SAY? [Cosa vorresti dire?]: copiare e incollare il messaggio seguente:
Mr. President,
Although I reside far from your country, I am aware of the injustice that has persisted for 47 years against Leonard Peltier, who was denied a review of his trial even after exculpatory evidence emerged for the events of June 26, 1975 on the Pine Ridge (SD) reservation where two federal agents and a Native American lost their lives.
I therefore appeal to your supreme authority to pardon this man, now elderly and ill, after nearly half a century of imprisonment.
I thank you in advance for your positive decision, with best regards.
Traduzione italiana del testo che precede:
Signor Presidente,
sebbene io risieda lontano dal Suo Paese, sono consapevole dell’ingiustizia che persiste da 47 anni nei confronti di Leonard Peltier, al quale e’ stata negata la revisione del processo anche dopo che sono emerse prove a discarico per gli eventi del 26 giugno 1975 nella riserva di Pine Ridge (South Dakota) in cui persero la vita due agenti federali e un nativo americano.
Mi appello quindi alla Sua suprema autorità affinché’ conceda la grazia a questo uomo, ormai anziano e malato, dopo quasi mezzo secolo di detenzione.
La ringrazio fin d’ora per la Sua decisione positiva, con i migliori saluti.

Il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo




Il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo interviene sulla violenza sulle donne

VITERBO- Riceviamo e pubblichiamo: “La violenza maschilista è la prima radice e il primo paradigma di tutte le violenze. Ne consegue che solo contrastando e abolendo tale violenza si può contrastare e abolire ogni altra violenza, dalla guerra allo sfruttamento, dal razzismo all’ecocidio.
Il movimento di liberazione delle donne è il movimento che con la sua lotta libera l’umanità intera e salva l’intero mondo vivente. Il movimento di liberazione delle donne è la nonviolenza in cammino.
Queste semplici e ferme persuasioni guidano la nostra riflessione e la nostra azione.
Queste semplici e ferme persuasioni e conseguentemente questo impegno necessario e ineludibile proponiamo ad ogni persona di volontà buona, al movimento di lotta di tutte le oppresse e tutti gli oppressi, ad ogni esperienza della società civile, ad ogni umano istituto consapevole che in quanto tale il suo fine è il bene comune dell’umanità”.

Il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo

 




Centro per la pace: “In questo 8 marzo la nostra gratitudine alle donne di Erinna”

VITERBO-Riceviamo e pubblichiamo: “Nella giornata in cui si esprime riconoscimento e riconoscenza alla lotta delle donne per la liberazione dell’umanità, nella giornata in cui si richiama l’umanità intera ad unirsi alla lotta delle donne per la liberazione dell’umanità, nella giornata in cui si commemorano tutte le donne vittime della violenza maschilista e patriarcale – la violenza maschilista e patriarcale che e’ la prima radice e il primo paradigma e il primo motore di tutte le violenze – e tutte le donne che contro la violenza si sono battute per la liberazione e la salvezza dell’umanità intera e dell’intero mondo vivente, ebbene, in questa giornata in questa città di Viterbo ogni persona decente dichiara la propria gratitudine alle donne di “Erinna” per quanto hanno fatto dall’inizio di questo secolo ad oggi, per quanto continuano e continueranno a fare, esistendo e resistendo.
In questo otto marzo in cui la guerra infuria ancora anche in Europa – scatenata da un autocrate folle e criminale con la complicità altrettanto folle e criminale dei governi dei paesi più ricchi del mondo – ed innumerevoli vite innocenti divora e l’intera umanità minaccia di distruzione, ed il nostro primo dovere e’ impegnarci per far cessare immediatamente tutte le stragi e tutte le uccisioni; in questo tempo apocalittico di guerra e di orrori in cui noi pure sappiamo che solo la vittoria del movimento di liberazione delle donne abolirà la guerra e libererà l’umanità dalla violenza maschilista e militarista, razzista e schiavista, genocida ed ecocida; ebbene, in questa giornata in questa città di Viterbo ogni persona decente dichiara la propria gratitudine alle donne di “Erinna” per quanto hanno fatto dall’inizio di questo secolo ad oggi, per quanto continuano e continueranno a fare, esistendo e resistendo.
In questo giorno di memoria e di lotta in cui ogni persona impegnata per la pace e i diritti umani di tutti gli esseri umani, ogni persona amica della nonviolenza, si pone alla scuola e alla sequela del movimento di liberazione delle donne, ebbene, in questa giornata in questa citta’ di Viterbo ogni persona decente dichiara la propria gratitudine alle donne di “Erinna” per quanto hanno fatto dall’inizio di questo secolo ad oggi, per quanto continuano e continueranno a fare, esistendo e resistendo.
Anche chi scrive queste righe, ultimo tra gli ultimi, con queste poche semplici parole – ma dal lago del cuore sgorgate – rinnova l’espressione della sua gratitudine alle persone buone che hanno animato ed animano una delle piu’ nitide e luminose esperienze di solidarietà e di liberazione che questa città abbia conosciuto”.

Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo

 




Alla vigilia del “Giorno della memoria” a Viterbo ancora un pellegrinaggio silenzioso

VITERBO – Nella mattinata di mercoledì’ 26 gennaio 2022, alla vigilia del “Giorno della memoria”, una delegazione del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” ha attraversato con un pellegrinaggio silenzioso la città sostando in meditazione in alcuni luoghi di Viterbo in cui sono collocate alcune delle lapidi che ricordano le vittime della violenza nazifascista.
L’iniziativa, già realizzata anche negli scorsi anni, ha inteso rendere omaggio a tutte le vittime ed insieme nel loro ricordo attestare il dovere di opporsi ora e sempre a tutte le violazioni della dignita’ umana, a tutte le uccisioni, a tutte le persecuzioni, a tutte le violenze.
Ancora una volta dapprima si è sostato dinanzi alla lapide che nell’attuale piazza Gramsci ricorda tre persone lì assassinate dai nazisti.
Poi si è sostato dinanzi alla lapide che in piazza del Sacrario ricorda i partigiani viterbesi morti nel corso della Resistenza.
Si è poi sostato dinanzi alla lapide posta all’ingresso del liceo che ricorda Mariano Buratti, resistente torturato ed assassinato dai nazifascisti.
Infine si e’ sostato in via della Verità dinanzi alla casa della famiglia di ebrei viterbesi deportati e uccisi nei campi di sterminio, casa su cui è collocata una lapide e dinanzi a cui sono collocate tre “pietre d’inciampo” con i nomi delle vittime.
Dinanzi ad ognuna delle lapidi si è meditato in silenzio, e si  rinnovato l’impegno di non dimenticare l’orrore del nazifascismo e la luminosa testimonianza della Resistenza; l’impegno di continuare la lotta in difesa della vita, della dignità e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Al termine del silenzioso periplo ancora una volta sono stati letti alcuni testi di Primo Levi, di Piero Calamandrei, di Leonard Peltier.
*
A riassumere il comune sentire, e gli ineludibili doveri, valgano ancora una volta alcune parole che già usammo anni addietro.
La memoria delle vittime della Shoah non è soltanto un mesto atto di umanità, un pio gesto di fraternità, l’adempimento di un dovere di solidarietà rivolto al passato: è anche un impegno esistenziale, morale e civile per il presente e per il futuro.
E’ l’assunzione del dovere di resistere dinanzi all’inumano; è la rivendicazione della dignità umana dinanzi all’orrore; è la manifestazione della volontà di proseguire la lotta di quanti alla violenza nazifascista si opposero anche col solo consistere della propria identità di esseri umani; è la proclamazione della morale certezza che il male radicale del nazismo, e la banalità del male del nazismo, la furia cieca e la minuziosa burocratica ferocia assassina del nazismo non prevarranno finche’ vi sarà un’umanità cosciente dei suoi doveri, della sua responsabilità.
E’ l’affermazione della consapevolezza che la Resistenza oggi si chiama nonviolenza: impegno concreto e coerente in difesa dell’umanità intera e di ognuna delle persone che la compongono; impegno cosciente che uccidere è sempre un male, e che quindi a tutte le uccisioni occorre opporsi; impegno cosciente che tra i mezzi e i fini vi è lo stesso rapporto che vi e’ tra il seme e la pianta, e che quindi il male può essere contrastato solo col bene; impegno cosciente che la regola aurea di tutte le relazioni umane è quella che dice “tratta le altre persone come vorresti essere trattato tu; riconosci le altre persone come vorresti essere riconosciuto tu; agisci come vorresti che agissero le altre persone verso di te”.
La memoria delle vittime della Shoah ci convoca al retto sentire e all’agire buono, si presenta in forma di illuminazione ed esortazione dialogica, di comandamento morale, di imperativo categorico: tu non uccidere; tu salva le vite; tu soccorri ogni altro essere umano che sia nella paura, nella sofferenza, nel bisogno.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Nel ricordo delle vittime della Shoah riaffermiamo una volta ancora il nostro impegno ad opporci alla guerra ed a tutte le uccisioni, ad opporci al razzismo ed a tutte le persecuzioni, ad opporci al maschilismo ed a tutte le oppressioni.
Vi e’ una sola umanità.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignità, alla solidarietà.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite è il primo dovere.
Chi salva una vita, salva il mondo.
Sii tu l’umanità come dovrebbe essere.

Il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo




Una commemorazione a Vetralla per la giornata della memoria

VETRALLA (Viterbo) – La mattina di oggi, domenica 23 gennaio a Vetralla si è  svolta una commemorazione delle vittime della Shoah, nell’avvicinarsi ed in preparazione della “Giornata della memoria” del 27 gennaio.
L’incontro si è svolto nel più assoluto rispetto delle misure di sicurezza previste dalla normativa in vigore per prevenire e contrastare la diffusione del coronavirus.
Il responsabile del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo ha proposto alcune meditazioni e letto e commentato alcuni testi di Primo Levi.
Al termine della commemorazione le persone partecipanti hanno anche espresso il loro sostegno all’iniziativa promossa dalla struttura nonviolenta viterbese per la liberazione di Leonard Peltier, anche nel ricordo di David Sassoli – il presidente del Parlamento Europeo recentemente scomparso – che l’aveva fatta propria.
L’incontro è stato anche occasione per ricordare alcune maestre ed alcuni maestri recentemente scomparsi, come Egle Becchi, bell hooks, Luca Buzzi, Roberto Cucchini, Jean-Marie Muller, Thich Nhat Hanh, Simonetta Tribuzi, Desmond Tutu, Klaus Wagenbach…
Nel ricordo delle vittime della Shoah opponiamoci a tutte le uccisioni e a tutte le violenze.
Nel ricordo delle vittime della Shoah difendiamo i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Nel ricordo delle vittime della Shoah condividiamo tutto il bene e tutti i beni.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita’, alla solidarieta’.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Rispettare e difendere quest’unico mondo vivente casa comune dell’umanita’ intera, quest’unico mondo vivente di cui siamo insieme parte e custodi.
La Resistenza prosegue e s’invera nella nonviolenza.
La nonviolenza e’ in cammino. La nonviolenza e’ il cammino.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.

Il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo




In memoria di Peppino Impastato

VITERBO –  Riceviamo e pubblichiamo: “Il 9 maggio 1978 la mafia assassinava Peppino Impastato. Ma i suoi compagni non ne accettarono la morte e vollero tenerlo vivo rivendicandone e proseguendone la lotta, le idee, la testimonianza, e smascherarono e sconfissero il tentativo dei poteri dominanti di assassinarlo per la seconda volta con un depistaggio osceno ed infame.
Non riuscirono a resuscitarlo, poiche’ questo non e’ possibile, ma a tenerlo vivo si’. E cosi’ Peppino Impastato e’ ancora vivo, e ancora lotta insieme a noi ogni volta che le oppresse e gli oppressi insorgono nonviolentemente contro i poteri criminali, contro il regime della rapina e della corruzione, contro la violenza mafiosa e fascista e schiavista e razzista e stragista e maschilista che ancora opprime e devasta l’umanita’ e il mondo.
Ogni volta che una persona o un movimento lotta per la liberazione di tutte le persone, li’ e’ Peppino Impastato che vive ancora.
Ogni volta che una persona o un movimento lotta in difesa della vita, della dignita’ e dei diritti di tutti gli esseri umani, li’ e’ Peppino Impastato che vive ancora.
Ogni volta che una persona condivide il suo pane con un’altra persona e s’adopera affinche’ nessuno debba piu’ avere fame e paura, affinche’ nessuno sia piu’ vittima dell’ingiustizia, affinche’ nessuno sia piu’ calpestato, affinche’ tutto il bene e tutti i beni siano condivisi fra tutte le persone, li’ e’ Peppino Impastato che vive ancora.
Ogni volta che tu resisti alla menzogna e all’oppressione, al disordine costituito, alla dittatura della violenza, con te c’e’ Peppino Impastato che vive ancora.
In questo 9 maggio 2021 noi lo ricordiamo ancora, e nelle nostre necessarie lotte nonviolente qui e adesso lo sentiamo vivo, lo teniamo in vita, lotta insieme a noi”.

Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera




Il centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera ricorda Maria Montessori

VITERBO – Riceviamo dal centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera  e pubblichiamo: “Il 6 maggio 1952 moriva Maria Montessori, l’illustre pedagogista che un cospicuo contributo ha dato all’educazione nonviolenta e alla cultura della pace.
Tre ci sembrano essere le cose piu’ rilevanti della sua azione:
– il rispetto sollecito e accudente dell’altra persona considerata sempre come persona dotata di dignita’ e diritti;
– la persuasione che educare e’ sempre educare alla pace e alla solidarieta’;
– la coscienza che tutte le persone sono responsabili del mondo.
Una minima notizia su Maria Montessori
Maria Montessori (Chiaravalle, 31 agosto 1870 – Noordwijk, 6 maggio 1952), medica, illustre pedagogista, amica della nonviolenza, in opposizione al fascismo abbandono’ l’Italia nel 1936; e’ ancor oggi una delle figure piu’ vive dell’impegno per i diritti dei bambini, per l’educazione alla pace, per la scelta teorica e pratica della nonviolenza che sola puo’ salvare l’umanita’ dalla catastrofe. Tra le opere di Maria Montessori segnaliamo almeno Il metodo della pedagogia scientifica (poi col titolo: La scoperta del bambino), 1909; L’autoeducazione nelle scuole elementari, 1916; il Manuale di pedagogia scientifica, 1930; Il segreto dell’infanzia, 1950; La mente del bambino, 1952; un’utile antologia (autorizzata dalla Montessori, e curata da M. L. Leccese) e’ Educazione alla liberta’, Laterza, Bari 1950; cfr. anche Educazione e pace, Garzanti, Milano 1970. Opere su Maria Montessori: segnaliamo almeno F. De Bartolomeis, Maria Montessori e la pedagogia scientifica, La Nuova Italia, Firenze 1953; A. Leonarduzzi, Maria Montessori. Il pensiero e l’opera, Paideia, Brescia 1967; A. Scocchera, Maria Montessori. Quasi un ritratto inedito, La Nuova Italia, Firenze 1990; Grazia Honegger Fresco, Maria Montessori, una storia attuale, L’Ancora del Mediterraneo, 2007. Siti: www.montessori.edu, www.montessori.it Un’ampia bibliografia di e su Maria Montessori e’ nel n. 899 de “La nonviolenza e’ in cammino”.
E’ ovvio che vi siano aspetti della sua vicenda pubblica, del suo pensiero e della sua opera, che possono essere discussi: e’ cosi’ per ogni persona senza eccezioni; ma quel che conta e’ il senso profondo e costante del suo riflettere e del suo agire, ed esso sempre e’ informato al dovere di promuovere il bene comune, la liberazione di tutte e tutti, la solidarieta’ che nessuno esclude, la responsabilita’ e la condivisione del bene e dei beni, l’amore universale cosciente e accudente.
Ed e’ per noi di scarso interesse attardarsi a misurare quanto nel suo metodo vi sia di originale e quanto di acquisito da altri: nell’impresa della conoscenza, nell’opera dell’umanizzazione, tutte e tutti siamo sempre nani sulle spalle di giganti – per usare di quest’antica metafora che evidenzia come la civilta’ umana sia un cammino unitario in cui tutte e tutti riceviamo doni immensi da tutte le persone e le culture che ci hanno preceduto, e tutte e tutti abbiamo il dovere di recare il nostro contributo a beneficio delle altre persone presenti e avvenire.
In questi anni in cui – e’ un cruccio di tutti noi vecchi – ci sembra che la societa’ imbarbarisca sempre di piu’, e’ ben necessario, a contrastare il fascismo che torna, un piu’ intenso e globale impegno educativo, che formi alla comprensione autentica, alla capacita’ critica, alla responsabilita’ e alla benevolenza sia chi e’ nell’eta’ evolutiva sia – ed anzi forse ancor piu’ – gli adulti: il ricordo di Maria Montessori, il suo lascito di pensiero e azione, costituiscono una risorsa preziosa, possono molto aiutarci in questo ineludibile, non postergabile compito.




Anniversario della scomparsa di Aldo Natoli e Luciano Gallino

VITERBO – Riceviamo dal “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo e pubblichiamo: “Ricorre quest’oggi, 8 novembre 2020, il decimo anniversario della scomparsa di Aldo Natoli ed il quinto anniversario della scomparsa di Luciano Gallino, che entrambi annoveriamo tra i nostri maestri.
Alla scuola delle loro scelte, all’ascolto delle loro esperienze e riflessioni, leggendone le opere di studiosi e militanti, abbiamo appreso e confermato verita’ necessarie, preso decisioni impegnative ed irrevocabili, siamo entrati e restati anche noi nella lotta contro tutte le oppressioni, contro tutte le ingiustizie, in difesa dell’eguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani, per contrastare la barbarie dei poteri dominanti e costruire una societa’ libera, giusta e solidale in cui da ciascuna persona sia dato secondo le sue capacita’ ed a ciascuna persona sia dato secondo i suoi bisogni.
La nonviolenza in cammino si nutre di molte radici, conosce molte compagne e molti compagni, s’invera in molteplici vicende di resistenza all’inumano, convoca a riconoscere e contrastare la violenza, a recare soccorso a chi soffre, a costruire la liberazione comune, a condividere il bene ed i beni.
Tra i molti maestri e compagni alla cui sequela ci siamo posti anche Aldo Natoli e Luciano Gallino ricordiamo, con gratitudine che non si estingue.
*
Un ritratto di Aldo Natoli scritto da Rossana Rossanda (2003)
Su Aldo Natoli riproponiamo ancora una volta il seguente profilo scritto da Rossana Rossanda e pubblicato sul quotidiano “Il manifesto” del 20 settembre 2003 in occasione del suo novantesimo compleanno.
Rossana Rossanda: Un amico
Aldo Natoli e’ un bellissimo uomo che compie oggi novanta anni. Asciutto, scattante, elegante – mi si permetta di cominciare in questo modo poco canonico.
Lo conobbi verso la meta’ degli anni cinquanta, e mi colpi’ quanto poco somigliasse al comunista popolano anzi plebeo cantato da Pasolini e che i “romani” opponevano con ironia a noi milanesi cultori del poco pittoresco proletariato di fabbrica.
Aldo Natoli non era certo un’anima semplice, e aveva un passato favoloso: era stato un cospiratore antifascista, condannato da uno degli ultimi processi del regime, aveva fatto la Resistenza e poi, primo segretario della federazione, aveva costruito il partito comunista a Roma. Dal Campidoglio aveva lanciato con “L’Espresso” la campagna “Capitale corrotta, nazione infetta”, era deputato, era medico, sapeva di letteratura francese quasi quanto il fratello Glauco, e tutto di storia e politica del Novecento. E sempre senza scomporsi parlava al microfono d’una piazza, della Camera, in borgata o si appartava a leggersi i lirici tedeschi. Insomma un compagno importante, non molto piu’ grande ma quanto bastava per impormi rispetto.
Lo trovavo al comitato centrale, dove arrivavo assai dopo di lui e alla Camera e a “Rinascita” – nel breve periodo in cui Togliatti la cambio’. Ci riconoscevamo presto come coloro fra i compagni cui la fine degli anni cinquanta poneva molti interrogativi. Non quelli sull’Urss, che ci avevano angosciato nel 1956 e avrebbero indotto Natoli a lavorare sullo stalinismo; ma una domanda sul Pci davanti alla prima grande modernizzazione del paese, che ne cambiava lo scenario sociale. Un giorno che ero calata da Milano per non so quale riunione, mi invita a colazione come niente fosse in via Veneto (il poverismo del 1968 non era ancora di moda, si era poveri davvero) e al momento di pagare scopri’ di non avere il portafoglio. Un gentiluomo assai confuso e io deliziata della sua confusione, da quel momento diventammo amici.
Assieme o da vicino e da lontano, formavamo con altri quella sinistra ingraiana, che Ingrao non si sogno’ mai di organizzare – e non si organizzo’ mai come frazione; erano comuni le domande, i dubbi, il confronto delle diverse esperienze -, l’Italia cambiava, l’economia era partita nel boom, mutavano le soggettivita’ operaie, specie degli immigrati dal sud al nord, mutavano i costumi e i valori privati. L’estate del 1960 vide i ragazzi in maglietta a striscie scendere in strada a Genova e, assieme ai portuali, cacciare i fascisti del Msi. La Cgil, dove aveva preso un grande ruolo Trentin alla testa della Fiom, cresceva. Alle elezioni del maggio 1963 il Pci fece un balzo in avanti, la Democrazia cristiana prese un colpo solenne e Aldo Moro pianse a San Pellegrino. Insomma andavamo forte, ma andavamo giusto?
Con Aldo si compartiva un dubbio di fondo: il gruppo dirigente era persuaso che il capitale fosse incapace di fare il suo mestiere e che l’apertura della Dc ai socialisti avrebbe trascinato anche noi al governo. Noi dubitavamo e degli effetti della modernizzazione capitalista e del centrosinistra.
Io ero ormai a Roma, responsabile degli intellettuali a Botteghe Oscure dove demolivo coscienziosamente le commissioni dei pittori, cinematografari, scrittori, scienziati comunisti che venivano a prendere la linea, convinta che su questi terreni il Pci non dovesse metter becco, occupandosi invece sul serio degli apparati ideologici dello stato, impostando una ricerca non “marxista leninista” o “nazional popolare” ma marxista, cosa poco praticata e anzi sospetta.
Natoli lo incontravo nel Comitato centrale, dove avanzavamo le prime sortite – il mondo si muoveva, l’Algeria si liberava, cominciava l’agitazione nei campus americani sui diritti civili, contro la guerra al Vietnam. Della quale Natoli si occupava specialmente e con cui tesse’ rapporti che durarono a lungo. Non ci persuadeva la pacifica coesistenza mentre gli Usa compivano l’escalation militare. E si era aperta la falla tra Urss e Cina.
Molti di noi volevano andare a fondo in quello spaccarsi della terra e delle idee. E neppure ci rendemmo conto quanto fastidio dessimo. Con la morte di Togliatti si era aperta la successione, era una battaglia di linea fra Amendola e Ingrao. Nel 1966 all’XI congresso Berlinguer si alleo’ ad Amendola e si passo’ allo sterminio degli ingraiani. Io ero gia’ stata liquidata nel 1965, e non pianse nessuno. Natoli restava un outsider a Roma, mentre Pintor, Magri, Castellina furono tutti emarginati.
Col risultato che – esplosione del 1968 e invasione della Cecoslovacchia aiutando – quello che sarebbe stato “Il manifesto” dette battaglia da tutte le parti: esprimevamo inquietudini e bisogni comuni. Al XII congresso nel 1969 arrivammo solo in tre con diritto di parola, Natoli, Pintor ed io, e solo io con diritto di voto: il meccanismo delle recinzioni era perfetto. Parlammo per tre mattine di fila, ascoltati da una immensa sala che si riempiva presto per assistere al torneo, giornalisti inclusi – i comunisti adoravano il dissenso di sinistra purche’ alla fine rientrasse.
Natoli, Pintor ed io fummo riproposti al comitato centrale. Ma non avemmo piu’ nessun incarico – ammessi ma all’indice. Cosi’ nacque l’idea di dare alle nostre idee una continuita’, un laboratorio – una rivista.
Aldo Natoli, Lucio Magri, Luigi Pintor, Luciana Castellina, Ninetta Zandegiacomi, Valentino Parlato ed io pensammo che stavamo sfidando il partito e imponendo un dibattito. Il dibattito dilago’ ma, in capo a tre comitati centrali, il Pci ci mise fuori. Proprio ad Aldo, Paolo Bufalini doveva dire che i sovietici avevano messo in riscossione la cambiale – che forse Berlinguer aveva simbolicamente firmato riproponendoci in comitato centrale dopo i forti attacchi all’Urss. Nella seduta del Comitato centrale del 24 novembre 1969 ci tenevamo vicini, Natoli, Pintor ed io, quando si aprirono le porte, sempre sbarrate, ai fotografi perche’ fotografassero liberamente i reietti. Fu Aldo a fare la dichiarazione finale e non gli perdonarono di avere detto, con l’abituale nettezza, che si poteva essere comunisti senza la tessera del Pci.
Aldo scrisse sul “Manifesto” mensile fin dal primo numero – discutevamo assieme tutto piu’ volte alla settimana. A lui interessava naturalmente di batter la linea di Amendola e la voglia di entrare al governo, ma il suo lavoro piu’ profondo era sul Vietnam e la controversia fra Urss e Cina, che investiva la natura stessa d’una transizione e l’idea del socialismo.
Sul “Manifesto” la rivoluzione culturale cinese fu approfondita con documenti e analisi come in nessun’altra parte d’Europa, con l’aiuto di Lisa Foa e Maria Regis.
Ma Aldo fu anche d’accordo con l’avventura del quotidiano proposta da Luigi Pintor, se pur la famosa grafica di Trevisani non lo entusiasmo’. Lo irritava supremamente il dover attenersi non alla dimensione del ragionamento ma a quella della messa in pagina. Ma lavorammo felici, Lisa Foa, lui ed io ed un solo giornalista vero, Luca Trevisani. Eravamo tutto il giorno in via Tomacelli a pesare fra le avare agenzie, e a commentare il mondo, come allora nessun giornale faceva e da noi imparo’ a fare. Solo che Aldo non si divertiva affatto nel casino che imperversava in un quotidiano povero, militante, pieno di ragazzi che aborrivano ogni disciplina e piu’ inclini allo slogan che alla riflessione, e che in piu’ si doveva fare e chiudere in fretta. Eternamente un semilavorato, non c’era mai tempo di discutere a fondo qualcosa. Ma questa era una questione di metodo, che bruciava alla sua cultura esigente.
Piu’ grave fu il suo dissenso sul fare del “Manifesto”, che era ormai una societa’ diffusa, un vero e proprio partito. Tutta l’ondata del sessantotto tendeva a coagularsi in gruppi, che ci annusavano, diffidando peraltro di noi ex comunisti, quindi sospetti di non farla facile e di eccessi di prudenza. Natoli preferiva un lavorio alla base che una organizzazione verticalizzata e il confronto con gruppi leaderisti e tendenti all’estremismo. Ma anche la maggior parte di quella che stava diventando la nostra base premeva per darsi una organizzazione, un nome, un peso nelle citta’ dove operava, non le bastava leggere e diffondere “Il manifesto”, premeva per una accelerazione.
Su questo la pensavamo diversamente e la divisione avvenne sulle elezioni del 1972: essere presenti o no? Assenti, dicemmo Natoli ed io. Presenti, dissero Pintor e Parlato e quasi tutto il “Manifesto” periferico. Presenti disse, dopo una esitazione, Magri che dirigeva la rete centrale e periferica. La gente accorse in grandiosi comizi, ci applaudi’ e voto’ per il Pci, scatto’ il voto utile. Disperdemmo un milione di suffragi. Natoli si dimise dal gruppo dirigente.
Continuo’ a scrivere sul giornale, ma allora fini’ la storia comune con “Il manifesto”, che avrebbe conosciuto altre separazioni, speranze e delusioni.
Aldo continuo’ a lavorare con alcuni circoli di Roma, e si deve anche a lui se furono a lungo attivi e riflessivi.
Ma in lui si faceva sempre piu’ forte il bisogno di interrogarsi sulla storia del movimento comunista – e a questo si dedica da allora, spesso in collaborazione con l’Universita’ di Urbino.
Negli archivi dell’Istituto Gramsci avrebbe incontrato il carteggio di Gramsci con Tatiana Schucht, sul quale nessuno s’era ancora soffermato. Gramsci fra partito in carcere e partito a Mosca, Gramsci e la sua famiglia, una storia straziante e decisiva per capire molte cose. Natoli fu il primo a inoltrarvisi, con scrupolo da filologo e intelligenza di mezzo secolo di milizia comunista. Non fu accolto con grande entusiasmo ne’ dall’Istituto Gramsci ne’ dagli storici di professione, che non amano le incursioni dei non addetti ai lavori. E’ una ricerca che continua.
C’e’ un carattere “natoliano”, qualcosa di indelebilmente suo? Si’, c’e’. E’ il rigore nel metodo, la capacita’ di guardare ai processi in tempi lunghi, la diffidenza dallo scommettere sul breve termine. Sulla sua linea “Il manifesto” si sarebbe radicato di piu’ nella societa’, sarebbe riuscito a impedire la deriva che oggi sta portando alla fine di quella che era stata la piu’ forte sinistra d’Europa? Non saprei affermarlo. Forse era tardi, le culture della sinistra erano spezzate e non componibili. Forse si soffoca nei tempi lunghi come nella stretta dei tempi brevi.
Tutte le domande che ci facemmo nella seconda meta’ del secolo sono aperte. Non hanno vinto le idee in cui credevamo, e vediamo i piu’ andarsene come pecore matte verso un futuro crudele pensando che eravamo noi a esser pazzi.
Pazzi? Non credo. Et s’il etait a’ refaire, je referais ce chemin, ebbe a scrivere Eluard. Si’, se fosse da rifare, Aldo Natoli rifarebbe questa strada. Non c’e’ neppur bisogno di augurargli di essere ancora a lungo quel che e’. La storia non e’ finita e gli uomini come lui hanno piantato dei semi che germineranno.
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Una ricordo di Luciano Gallino scritto da Marco Revelli (2015)
Su Luciano Gallino riproponiamo il seguente ricordo scritto da Marco Revelli ed apparso sul quotidiano “Il manifesto” l’11 novembre 2015.
Marco Revelli: Luciano Gallino, intellettuale di fabbrica
Luciano Gallino ha scritto fino all’ultimo, fino a pochi giorni fa, quando le forze sono venute meno.
Perche’ sentiva l’importanza – forse anche l’angoscia – di cio’ che aveva da dire. E cioe’ che il mondo non e’ “come ce lo raccontano”. Che il meccanismo che le oligarchie finanziarie e politiche dominanti stanno costruendo e difendendo con ogni mezzo – quello che in un suo celebre libro ha definito il Finanz-capitalismo – e’ una follia, “insostenibile” dal punto di vista economico e da quello sociale. Che l’Europa stessa – l’Unione Europea, con la sua architettura arrogantemente imposta – e’ segnata da un’insostenibilita’ strutturale. E che il dovere di chi sa e vede – e lui sapeva e vedeva, per il culto dei dati e dell’analisi dei fatti e dei numeri che l’ha sempre caratterizzato -, e’ di dirlo. A tutti, ma in particolare ai giovani. A quelli che di quella rovina pagheranno il prezzo piu’ amaro.
Non per niente il suo ultimo volume (Il denaro, il debito e la doppia crisi) e’ dedicato “ai nostri nipoti”. E reca come exergo una frase di Rosa Luxemburg: “Dire cio’ che e’ rimane l’atto piu’ rivoluzionario”.
Eppure Gallino non era stato, nella sua lunga vita di studio e di impegno, un rivoluzionario. E neppure quello che gramscianamente si potrebbe definire un “intellettuale organico”.
La sua formazione primaria era avvenuta in quella Camelot moderna che era l’Ivrea di Adriano Olivetti, all’insegna di un “umanesimo industriale” che ovunque avrebbe costituito un ossimoro tranne che li’, dove in una finestra temporale eccezionale dovuta agli enormi vantaggi competitivi di quel prodotto e di quel modello produttivo, fu possibile sperimentare una sorta di “fordismo smart”, intelligente e comunitario, in cui si provo’ a coniugare industria e cultura, produzione e arte, con l’obiettivo, neppur tanto utopico, di suturare la frattura tra persona e lavoro. E in cui poteva capitare che il capo del personale fosse il Paolo Volponi che poi scrivera’ Le mosche del capitale, e che alla pubblicita’ lavorasse uno come Franco Fortini, mentre a pensare la “citta’ dell’uomo” c’erano uomini come Gallino, appunto, e Pizzorno, Rozzi, Novara… il fior fiore di una sociologia critica e di una psicologia del lavoro dal volto umano.
Intellettuale di fabbrica, dunque. E poi grande sociologo, uno dei “padri” della nostra sociologia, a cui si deve, fra l’altro, il fondamentale Dizionario di sociologia Utet. Straordinario studioso della societa’ italiana, nella sua parabola dall’esplosione industrialista fino al declino attuale. E infine intellettuale impegnato – potremmo dire “intellettuale militante” – quando il degrado dei tempi l’ha costretto a un ruolo piu’ diretto, e piu’ esposto.
Gallino in realta’, negli ultimi decenni, ci ha camminato costantemente accanto, anzi davanti, anticipando di volta in volta, con i suoi libri, quello che poi avremmo dovuto constatare. E’ lui che ci ha ricordato, alla fine degli anni ’90, quando ancora frizzavano nell’aria le bollicine della Milano da bere, il dramma della disoccupazione con Se tre milioni vi sembran pochi, segnalandolo come la vera emergenza nazionale; e poco dopo, nel 2003 – cinque anni prima dell’esplodere della crisi! – ci ha aperto gli occhi sulla dissoluzione del nostro tessuto produttivo, con La scomparsa dell’Italia industriale, quando ancora si celebravano le magnifiche sorti e progressive della new economy e del “piccolo e’ bello”.
E’ toccato ancora a lui, con un libro folgorante, ammonirci che Il lavoro non e’ una merce, per il semplice fatto che non e’ separabile dal corpo e dalla vita degli uomini e delle donne che lavorano, proprio mentre tra gli ex cultori delle teorie marxiane dell’alienazione si faceva a gara per mettere a punto quelle riforme del mercato del lavoro che poi sarebbero sboccate nell’orrore del Jobs act, vero e proprio trionfo della mercificazione del lavoro.
Poi, la grande trilogia – Con i soldi degli altri, Finanzcapitalismo, Il colpo di Stato di banche e governi -, in cui Gallino ci ha spiegato, praticamente in tempo reale, con la sua argomentazione razionale e lineare, le ragioni e le dimensioni della crisi attuale: la doppia voragine della crisi economica e della crisi ecologica che affondano entrambi le radici nella smisurata dilatazione della ricchezza finanziaria da parte di banche e di privati, al di fuori di ogni limite o controllo, senza riguardo per le condizioni del lavoro, anzi “a prescindere” dal lavoro: produzione di denaro per mezzo di denaro, incuranti del paradosso che l’esigenza di crescita illimitata dei consumi da parte di questo capitalismo predatorio urta contro la riduzione del potere d’acquisto delle masse lavoratrici, mentre la spogliazione del pianeta da parte di una massa di capitale alla perenne ricerca d’impiego distrugge l’ambiente e le condizioni stesse della sopravvivenza.
E intanto, nelle stanze del potere, si mettono a punto “terapie” che sono veleno per le societa’ malate, cancellando anche la traccia di quelle ricette che permisero l’uscita dalla Grande crisi del ’29.
E’ per questo che l’ultimo Gallino, quello del suo libro piu’ recente, aggiunge ai caratteri piu’ noti della crisi, anche un altro aspetto, persino piu’ profondo, e “finale”.
Rivolgendosi ai nipoti, accennando alla storia che vorrebbe “provare a raccontarvi”, parla di una sconfitta, personale e collettiva. Una sconfitta – cosi’ scrive – “politica, sociale, morale”. E aggiunge, poco oltre, che la misura di quella sconfitta sta nella scomparsa di due “idee” – e relative “pratiche” – che “ritenevamo fondamentali: l’idea di uguaglianza e quella di pensiero critico”.
Con un’ultima parola, in piu’. Imprevista: “Stupidita’”. La denuncia della “vittoria della stupidita’” – scrive proprio cosi’ – delle attuali classi dominanti.
Credo che sia questo scenario di estrema inquietudine scientifica e umana, il fattore nuovo che ha spinto Luciano Gallino a quella forma di militanza intellettuale (e anche politica) che ha segnato i suoi ultimi anni.
Lo ricordiamo come il piu’ autorevole dei “garanti” della lista L’Altra Europa con Tsipras, presente agli appuntamenti piu’ importanti, sempre rigoroso e insieme intransigente, darci lezione di fermezza e combattivita’. E ancora a luglio, e poi a settembre, continuammo a discutere – e lui a scrivere un testo – per un seminario, da tenere in autunno, o in inverno, sull’Europa e le sue contraddizioni, per dare battaglia. E non arrendersi a un esistente insostenibile…
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Anche nel ricordo di Aldo Natoli e di Luciano Gallino continuiamo nell’impegno nonviolento in difesa della vita, della dignita’ e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Anche nel ricordo di Aldo Natoli e di Luciano Gallino continuiamo nell’impegno nonviolento in difesa dell’intero mondo vivente, casa comune dell’umanita’.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.
Alla barbarie onnidistruttiva dei poteri dominanti opponiamo la lotta nonviolenta liberatrice.
Salvare le vite e’ il primo dovere.

 




Ricordando Roberto Domenicucci nel secondo anniversario della scomparsa

VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo – Due anni fa, il 25 ottobre 2018, moriva Roberto Domenicucci, antropologo, docente, preside, uomo sapiente e saggio, di forte impegno morale e civile, persona amabile e generosa, un indimenticabile amico. Persone come Roberto hanno illuminato la vita di chi le ha incontrate.

Anche nel suo ricordo proseguiamo quindi nell’impegno nonviolento contro la guerra e tutte le uccisioni.
Anche nel suo ricordo proseguiamo quindi nell’impegno nonviolento contro il razzismo e tutte le persecuzioni.
Anche nel suo ricordo proseguiamo quindi nell’impegno nonviolento contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Anche nel suo ricordo proseguiamo quindi nell’impegno nonviolento contro ogni schiavitù, contro ogni devastazione, contro l’ingiustizia, l’iniquità, l’abuso, la violenza.
Anche nel suo ricordo proseguiamo quindi nell’impegno nonviolento in difesa della vita, della dignità e dei diritti di tutti gli esseri umani, per il bene comune dell’umanità intera, in difesa dell’intero mondo vivente di cui l’umana famiglia e’ insieme parte e custode, per la comune responsabilità e l’universale condivisione del bene e dei beni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e’ il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
Sii tu l’umanità come dovrebbe essere.

In questo tragico tempo di pandemia, di sofferenze abissali e di assurde violenze, di barbarie dilagante e disperata cecità, il ricordo di Roberto Domenicucci, il suo esempio e il suo magistero, e’ un sostegno e un conforto, un appello e una guida all’azione responsabile e solidale, all’azione giusta, all’azione buona. – Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo




Aperta oggi a Viterbo la campagna per il “No” al referendum

VITERBO – Questa mattina,  20 agosto, ad un mese dal voto nel referendum costituzionale del 20-21 settembre 2020, si e’ aperta a Viterbo la campagna per il “NO” per iniziativa del “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera”.
Presso la sede della struttura nonviolenta viterbese si e’ tenuto un incontro di riflessione ed organizzazione.
L’incontro si e’ aperto con un minuto di silenzio per le vittime della strage degli innocenti nel Mediterraneo. Ancora una volta e’ stato ricordato che occorre riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; e’ l’unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani.
Ancora una volta e’ stato ricordato che occorre abolire la schiavitu’ e l’apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio “una persona, un voto”: un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e’ privato di fondamentali diritti non e’ piu’ una democrazia.
Ancora una volta e’ stato ricordato che occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalita’ costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
Difendere la democrazia e i diritti umani
Il responsabile della struttura nonviolenta, Peppe Sini, ha poi illustrato l’appello “No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese”.
Come gia’ nel referendum del 2016 ci opponiamo allo scellerato intento di nuovamente colpire, ancor piu’ indebolire e rendere ancor meno rappresentativa l’istituzione parlamentare; il fine di tale aggressione e’ evidente: incrementare il potere dell’esecutivo che ormai da decenni e negli ultimi anni in modo sempre piu’ forsennato usurpa i poteri dell’organo legislativo, facendo saltare la separazione e l’equilibrio dei poteri al fine di una svolta autoritaria che farebbe definitivamente strame della democrazia e dello stato di diritto.
Non e’ casuale che forze politiche che hanno imposto e poi mantenuto sciagurate antileggi hitleriane, razziste e incostituzionali, mirino ad affossare un’articolazione decisiva dell’ordinamento democratico.
A questo osceno disegno golpista occorre opporre un fermo “NO” nel voto referendario del 20-21 settembre.
Come gia’ nel referendum del 2016 ci opponiamo a chi disprezza e viola i diritti umani, gli istituti della democrazia, il concetto stesso di stato di diritto, la Costituzione della Repubblica.
Il parlamento non puo’ essere ridotto a zimbello di poteri autoritari senza regole e senza controlli; la rappresentanza democratica della popolazione non puo’ essere sacrificata ai deliri di cordate di potere esperte nella manipolazione pubblicitaria e caratterizzate da arrogante irresponsabilita’, da ebbra protervia, da razzismo e anomia.
A questo osceno disegno golpista occorre opporre un fermo “NO” nel voto referendario del 20-21 settembre.
Noi crediamo che occorra difendere la democrazia, difendere la Costituzione, difendere lo stato di diritto e i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Per queste ragioni votiamo “NO” al referendum del 20-21 settembre.
Votiamo “NO” nel merito del quesito referendario che mutila il parlamento.
Votiamo “NO” contro il disegno autoritario e golpista di un coacervo di forze politiche ed antipolitiche che hanno gia’ dato flagrante prova di razzismo ed illegalita’; che hanno gia’ dato flagrante prova di abominevole violenza contro esseri umani innocenti, inermi e in pericolo di morte; che hanno gia’ dato flagrante prova di improntitudine, insipienza e proterva irresponsabilita’ nella tragica vicenda dell’epidemia tuttora in corso contribuendo con i loro sciagurati, enormi ritardi ed errori a far morire decine di migliaia di esseri umani che potevano essere salvati. Noi non dimentichiamo le vittime innocenti.
Votiamo “NO” contro il fascismo che torna.
Il testo dell’appello
Di seguito il testo integrale dell’appello della struttura nonviolenta viterbese per il “NO” al referendum.
“No alla riforma costituzionale che mutila la democrazia rappresentativa e mira ad imporre un regime totalitario nel nostro paese
Al referendum costituzionale sulla mutilazione del parlamento del 20-21 settembre 2020 voteremo no.
Siamo contrari a ridurre il Parlamento a una tavolata di yes-men al servizio di esecutivi tanto insipienti quanto tracotanti e dei grotteschi e totalitari burattinai razzisti e militaristi che li manovrano.
Siamo contrari al passaggio dalla democrazia rappresentativa, per quanto imperfetta essa possa essere, al fascismo.
La mutilazione del parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari ha questo significato e queste fine: favorire il passaggio da una democrazia costituzionale gia’ profondamente ferita a un regime sempre piu’ antidemocratico ed eslege, sempre piu’ protervo e brutale.
Al referendum del 20-21 settembre 2020 votiamo no all’antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie.
No all’antiparlamentarismo, che alla separazione e all’equilibrio dei poteri, alla rappresentanza proporzionale dell’intera popolazione e alla libera discussione e consapevole deliberazione vuole sostituire i bivacchi di manipoli, l’autoritarismo allucinato, plebiscitario e sacrificale, il potere manipolatorio dei padroni occulti e palesi delle nuove tecnologie della propaganda e della narcosi.
No al fascismo, crimine contro l’umanita’.
No alla barbarie, che annichilisce ogni valore morale e civile, che perseguita ed estingue ogni umana dignita’ e virtu’, che asservisce la societa’ alla menzogna e alla violenza”.
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Una pubblicazione quotidiana ed ulteriori iniziative
La struttura nonviolenta viterbese di qui al voto referendario pubblichera’ ogni giorno un supplemento al notiziario telematico “La nonviolenza e’ in cammino” dedicato all’informazione, alla documentazione e alla riflessione sul referendum. Tale foglio quotidiano avra’ per testata “No all’antiparlamentarismo, no al fascismo, no alla barbarie”. E’ possibile leggerlo nel sito www.peacelink.it e riceverlo gratuitamente per e-mail.
Il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo si impegnera’ inoltre a promuovere incontri di informazione, documentazione e riflessione in citta’ e in provincia.

Il “Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo




A Viterbo il centro della pace ricorda le vittime della Shoah

Il 27 gennaio è il giorno in cui l’umanità intera fa memoria delle vittime della Shoah.
Esse ci convocano a una presa di coscienza, e ad un’assunzione di responsabilità. I campi di sterminio ci hanno rivelato cio’ che degli esseri umani possono fare di altri esseri umani; la memoria di quell’orrore irrevocabile ed indimenticabile ci chiede di agire affinché’ esso non possa ripetersi mai più.
Quella violenza assoluta va contrastata con una opposizione assoluta: ad ogni violenza occorre opporre la nonviolenza, che è la lotta la più nitida e intransigente, la più concreta e coerente, contro ogni violazione della dignità umana.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignità, alla solidarietà.
Salvare le vite e’ il primo dovere. La massima della tua azione sia: agisci nei confronti delle altre persone cosi’ come vorresti che le altre persone agissero verso di te. Sii tu l’umanità come dovrebbe essere.
Nel ricordo delle vittime della Shoah agisci oggi, con la forza della verità, con la scelta della nonviolenza, contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Nel ricordo delle vittime della Shoah agisci oggi, con la forza della verità, con la scelta della nonviolenza, in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, in difesa dell’intero mondo vivente.
Inverala tu l’umanità dell’umanità.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Siamo una sola umanità’ in un unico mondo vivente casa comune dell’umanità intera.
Ogni vittima ha il volto di Abele.