Viterbo, eseguita revoca della misura alternativa alla detenzione per condannato ad omicidio

VITERBO – Lo scorso 13 marzo personale della Polizia di Stato della Squadra Mobile della Questura di Viterbo ha dato esecuzione al decreto di sospensione provvisoria della misura alternativa, emesso dal Magistrato di Sorveglianza di Viterbo, nei confronti di un 75enne, afflitto da una condanna definitiva per il reato di omicidio colposo con fine pena prevista nel settembre del 2025.

L’uomo, affidato ad una locale comunità come provvedimento alternativo alla detenzione in carcere, nel corso del suo soggiorno metteva ripetutamente in essere comportamenti non idonei e scorretti facendo diventare la sua permanenza incompatibile con la struttura che lo ospitava.

L’Autorità giudiziaria competente ha così disposto la sospensione della misura alternativa.

I poliziotti lo hanno tratto in arresto ed associato presso la locale Casa Circondariale “Nicandro Izzo”.

 




Si presenta all’ufficio immigrazione della questura di Viterbo per rinnovare il permesso di soggiorno e risulta da espiare una condanna, arrestato

VITERBO- La sera del 13.12.2023, un cittadino nativo della nuova guinea, classe 1996, si è presentato all’ufficio immigrazione della questura di Viterbo per richiedere un rinnovo del permesso di soggiorno.
Sul conto dello stesso, però, da settembre scorso pendeva una condanna emessa dal tribunale di lecce per fatti commessi nell’estate del 2017 sulla spiaggia dell’orsetta di marina di Melendugno (Lc), per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti.
Così, sono intervenuti gli uomini della squadra mobile che hanno arrestato l’uomo in esecuzione del provvedimento di carcerazione che prevede di scontare una pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione e 2.000 euro di multa.
Sul conto del condannato, tramite il foto-segnalamento della polizia scientifica, emergevano diversi alias e altri precedenti specifici per stupefacenti, commessi per lo più a Roma.
Al termine degli adempimenti di rito, il condannato è stato trasportato presso il Mammagialla di Viterbo.




Arci Viterbo condanna l’assalto al Ruffini occupato

VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo: “Arci Viterbo condanna in modo netto l’assalto in pieno stile squadrista al Liceo Ruffini occupato e esprime solidarietà agli studenti. Nella notte tra sabato 18 e domenica 19 dicembre 2021 le studentesse e gli studenti che hanno occupato la scuola hanno dovuto affrontare un attacco con minacce, il tentativo di fare irruzione nella scuola con la violenza e la distruzione dello striscione.

Mentre studenti e studentesse sono impegnate a rivendicare investimenti sulle strutture scolastiche, una scuola più giusta e democratica, dove trovino spazio le loro rivendicazioni e che sia un luogo di partecipazione di tutte le persone alla vita sociale e democratica del Paese, qualcuno ha ritenuto di dover soffocare la loro voce: è molto grave che le studentesse e gli studenti si siano trovati ad affrontare, da soli, un vero e proprio assalto”.

Arci Comitato Provinciale Viterbo




Omidicio Fedeli: confermata la condanna per Pang a 25 anni e 6 mesi

di REDAZIONE-

VITERBO- Omicidio Norveo Fedeli: è stata confermata la condanna a 25 anni e sei mesi per Pang.  La sentenza della Corte d’assise d’appello di Roma è arrivata dopo meno di un’ora di camera di consiglio, confermando la condanna di primo grado a venticinque anni e sei mesi per Michael Aaron Pang per l’omicidio di Norveo Fedeli, ucciso lo scorso 3 maggio 2019, da Pang all’interno del negozio di jeans di via San Luca, di cui Fedeli era il titolare. Pang, reo confesso, era stato arrestato il giorno successivo a Capodimonte.  In primo grado il pubblico ministero aveva chiesto l’ergastolo, mentre gli avvocati difensori Remigio Sicilia e Giampiero Crescenzi, in principio, l’assoluzione. Ieri pomeriggio l’appello che ha confermato la condanna a 25 anni e 6 mesi.

 




Oipa: condannato al pagamento di 20 mila euro per avere ucciso una cagnolina

PIACENZA- Condannato a una multa di 20 mila euro per avere ucciso a calci la cagnolina Liù. È il verdetto del giudice nei confronti dell’uomo ritenuto colpevole della morte dell’animale ai sensi dell’art. 544 bis del Codice penale. Il fatto risale al maggio 2018 e la sentenza è arrivata ieri. Lo rende noto l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa).

Il Tribunale monocratico di Piacenza ha inoltre disposto a carico dell’imputato un risarcimento di 3 mila euro nei confronti dell’Oipa, che si è costituita parte civile, e il pagamento delle spese processuali quantificate in 3.400 euro. A far scattare l’indagine dei carabinieri di Piacenza era stata la denuncia di una persona che aveva visto l’uomo prendere ripetutamente a calci la cucciola, di appena quattro chili e mezzo di peso, lungo la pista ciclabile di via Penitenti, nel quartiere Farnesiana, mentre la stava portando a passeggio. Il pubblico ministero, per l’accertamento dei fatti, dispose un’autopsia che fu eseguita dall’Istituto zooprofilattico di Gariga di Podenzano. L’esito dell’esame attestò che la morte di Liù era riconducibile a uno “shock emorragico da emotorace verosimilmente di natura traumatico, compatibile con i calci a livello di costato”. «I reati contro gli animali sono puniti con pene troppo esigue e nessuno finisce in carcere, neanche per i casi più gravi: le sanzioni vanno inasprite, affinché siano un vero deterrente contro il loro maltrattamento», commenta Massimo Comparotto, presidente dell’Oipa. «Chiediamo alla politica di accelerare sulla riforma chiesta anche dalle associazioni. Occorre un giro di vite contro i reati che riguardano gli animali attraverso il disegno di legge in discussione nella Commissione Giustizia del Senato, che modifica le norme penali e civili in materia di tutela degli animali. Il fenomeno del maltrattamento degli animali resta preoccupante: le nostre guardie zoofile ricevono continuamente segnalazioni di maltrattamento, soprattutto per la cattiva detenzione. È tempo di adeguare la legislazione all’esigenza di una maggiore equità e rispetto nei confronti di quelli che già il Trattato di Lisbona del 2007 riconosce come “esseri senzienti”».




Condannato per condotta discriminatoria nei confronti delle persone disabili

ROMA- Riceviamo e pubblichiamo: “Dopo una battaglia legale condotta dall’Associazione Luca Coscioni e durata tre anni, il sovrappasso pedonale che collega la stazione di Ostia Antica al famoso Parco Archeologico sarà, finalmente, reso accessibile alle persone con disabilità motoria

Con ordinanza del 14.12.2020, resa pubblica in data odierna, il Tribunale di Roma ha condannato l’amministrazione comunale guidata dal Sindaco Virginia Raggi per condotta discriminatoria nei confronti delle persone con disabilità. Il giudizio in sede civile è stato promosso dall’Associazione Luca Coscioni – realtà attiva a livello internazionale a tutela del diritto alla Salute e alla Scienza – per denunciare la presenza di barriere architettoniche sul ponte pedonale che collega la stazione di Ostia Antica al famoso Parco Archeologico, barriere che impediscono ai pendolari o ai turisti con disabilità motoria di accedere al cavalcavia una volta scesi dal trenino della Roma-Lido. Del problema si sono occupate a più riprese non solo associazioni e comitati locali, la stampa e i media, ma anche il Consiglio Comunale, che con decine di interpellanze presentate nel corso degli anni aveva sollecitato l’amministrazione capitolina a compiere le opere necessarie volte a garantire l’accessibilità del cavalcavia anche alle persone con disabilità motoria, ma nulla è stato fatto dalle varie Giunte che si sono succedute nel tempo (Rutelli, Veltroni, Alemanno, Marino e Raggi). Al termine del lungo iter legale, il Tribunale, Giudice dott.ssa De Nuccio, dopo aver respinto tutte le eccezioni presentate dall’avvocatura comunale, ha condannato Roma Capitale:ad adottare entro sei mesi un Piano volto alla rimozione delle barriere architettoniche presenti presso la Stazione di Ostia Antica. Il Piano dovrà essere elaborato da Roma Capitale sentita l’Associazione Luca Coscioni e dovrà garantire la piena accessibilità del cavalcavia – e la sua fruibilità in condizioni di sicurezza – anche a tutte le persone con disabilità;a risarcire il danno non patrimoniale cagionato all’Associazione Luca Coscioni, danno che il Giudice ha quantificato in via equitativa in una somma pari ad Euro 10.000,00;Si tratta della quarta condanna per condotta discriminatoria nei confronti delle persone con disabilità inflitta in sede giudiziaria al Comune di Roma sulla base di altrettante iniziative legali promosse dall’Associazione Luca Coscioni.“Il nostro auspicio –dichiarano gli avvocati Alessandro Gerardi, che ha curato il ricorso in sede giudiziaria, e Rocco Berardo, coordinatore delle iniziative sulla disabilità dell’Associazione Luca Coscioni di cui entrambi son Consiglieri Generali – è che ora il Sindaco Virginia Raggi voglia dare immediata esecuzione al provvedimento emesso dal Tribunale di Roma, convocando l’Associazione Luca Coscioni per predisporre un Piano di rimozione delle discriminazioni così come accertate dal Giudice, senza frapporre ulteriori ostacoli o impedimenti burocratici al compimento di tutte quelle opere indicate dal Tribunale”.

L’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica

Fondata nel 2002 da Luca Coscioni, un economista affetto da sclerosi laterale amiotrofica scomparso nel 2006, è un’associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriera architettoniche, le scelte di fine vita, la ricerca sugli embrioni, l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.

 

Sito web: http://www.associazionelucacoscioni.it




Trasfuse paziente testimone di Geova contro la sua volontà: medico condannato per violenza privata

TIVOLI (Roma) – Riceviamo e pubblichiamo: “Il 1° ottobre 2020 G.L., medico dell’ospedale di Tivoli, è stato condannato per violenza privata a due mesi di reclusione (pena sospesa) per aver trasfuso una paziente trentaseienne Testimone di Geova contro la sua volontà. Il medico è stato anche condannato a risarcire i danni, la cui quantificazione è stata rimessa al giudice civile, a pagare una provvisionale al marito e ai genitori della vittima, e a coprire le spese legali. 

Il caso. Nel 2013 Michela, una giovane donna di Montelanico (RM), viene trasferita d’urgenza all’ospedale di Tivoli per una grave insufficienza respiratoria. Per facilitare le terapie, la donna viene subito messa in coma farmacologico. Le volontà della paziente sono comunque indicate chiaramente nelle sue Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) e vengono confermate dall’amministratore di sostegno da lei preventivamente designato e nominato dal Giudice Tutelare con il precipuo potere di far rispettare la volontà di Michela di non essere sottoposta a emotrasfusioni. La donna accetta volentieri ogni terapia all’infuori delle trasfusioni di sangue. Incurante di tali chiare e vincolanti volontà, il 4 aprile il medico le somministra ben quattro trasfusioni di sangue, nonostante la paziente fosse in fase terminale, come si evinceva dai dati clinici a disposizione dei sanitari. Subito dopo l’ultima trasfusione, infatti, Michela viene a mancare.

Il significato per la giurisprudenza italiana. La condanna del Tribunale di Tivoli conferma la centralità del diritto all’autodeterminazione terapeutica sancito dall’art. 32 della Costituzione e ribadito dalla recente legge 219/2017. Ma fa di più: chiarisce che, anche se il paziente è incosciente, trascurare le sue volontà espresse tramite DAT e oltretutto ribadite dall’amministratore di sostegno appositamente nominato dal Giudice Tutelare espone il medico a una condanna penale.

“Accogliamo con soddisfazione questa decisione, che è destinata a fare giurisprudenza”, hanno commentato gli avvocati della famiglia di Michela. Desideriamo ringraziare il Tribunale, in quanto nonostante il notevole carico di lavoro e la carenza di organico si è riusciti ad ottenere una sentenza prima del 4 ottobre, data in cui sarebbe maturata la prescrizione del reato”.