Ennesima aggressione ai danni di un infermiere a Roma. Minadeo (Confintesa Sanità):”Servono azioni forti”

Riceviamo dal sindacato Sinlai e pubblichiamo: “Nella notte tra lunedì e martedì si è verificata l’ennesima aggressione ai danni di un infermiere in servizio presso l’SPDC dell’Azienda Universitario Ospedaliera Sant’Andrea di Roma.
Michele (nome di fantasia) è stato colpito con numerosi pugni in testa e con un calcio in pancia da un giovane paziente con storia di abuso di sostanze stupefacenti solo per avergli chiesto di smettere di disturbare il sonno degli altri pazienti con il suo comportamento “espanso”: il paziente non ha gradito il rimprovero dell’infermiere ed ha infierito su di lui.
Michele si è prontamente recato in pronto soccorso dolorante ed in evidente stato di stress ed è stato sottoposto ad esami diagnostici (compresa una tac del cranio) e dimesso con una vergognosa prognosi di SOLI 5 giorni e la prescrizione di una benzodiazepina.
Il paziente non è stato sottoposto a misure di contenzione fisica e persevera col suo atteggiamento minaccioso ed irriverente nei confronti del personale, in attesa, forse, che aggredisca qualche altro dipendente e magari gli provochi danni più gravi di quelli cagionati a Michele.
“Da segnalare che il reparto SPDC dell’ospedale in questione non ha vie di fuga per il personale sanitario e socio sanitario in caso di aggressione – afferma il Segretario Regionale Minadeo – , non c’è la presenza di un sistema di segnalazione di aggressione in corso e non c’è un sistema di videosorveglianza se non in alcuni spazi comuni, sistema richiesto dal personale stesso e bocciato da una sigla sindacale menefreghista nei confronti delle legittime richieste dei lavoratori”.
Del resto, quale tutela aspettarsi da un SSR che fa orecchie da mercante alle richieste di controllo di un ambiente malsano e non sicuro? (Qualche mese fa Confintesa Sanità aveva segnalato allo SPRESAL della ASL Roma 1 l’indecente condizione igienica dell’SPDC del Sant’Andrea, e ad un sopralluogo dell’organo in questione era risultato tutto nella norma).
Confintesa Sanità chiede a gran voce azioni forti e risolutive verso il problema delle aggressioni al personale sanitario e socio sanitario, sia al Sant’Andrea (alla cui Direzione abbiamo proposto un corso di difesa personale studiato appositamente per i sanitari e che permette di difendersi senza causare danni all’aggressore, già sperimentato e a costi irrisori), sia nelle altre Aziende”.




Fials: “L’infermiere in monopattino è l’ultimo dei problemi che affliggono la sanità”

Riceviamo da Roberto Talotta, presidente del sindacato Fials di Viterbo e pubblichiamo: “Dall’onorevole Borrelli, in riferimento alla recente vicenda che ha visto il comportamento a dir poco stravagante di un infermiere ripreso in un video mentre circolava liberamente tra i corridoi di un ospedale a Capri, visto il Suo immediato intervento che si è estrinsecato nella ferma condanna dell’episodio che, poi, ha determinato anche la sospensione dell’incauto operatore sanitario, mi consenta di rivolgere a Lei ed alla Politica in generale, alcuni interrogativi che potrebbero dare il giusto peso all’episodio in questione e, al contempo, riprendere con più attenzione le vere emergenze della Sanità Pubblica, ben altra cosa rispetto al “monopattino in corsia”.
Non conosco la “logistica” del nosocomio di Capri ma, di certo, conosco le dimensioni dei reparti dell’ospedale Belcolle di Viterbo, dove alcuni infermieri si sono dotati di un sistema “conta passi” per rilevare i chilometri percorsi in un turno di lavoro e, mi creda onorevole, sono tanti e sfiancanti, considerando anche il carente organigramma infermieristico, tanto che si era pensato, paradossalmente, all’utilizzo di pattini per gli operatori impegnati nei turni di lavoro.
Lo stravagante episodio accaduto nell’ospedale caprese è stato artatamente amplificato in televisione, sui giornali e finanche a livello politico, tanto da spingere la S.V. ad una immediata reprimenda con l’affermazione che “non si capisce tanta indifferenza di fronte a certe assurdità e inciviltà”, forse nel tentativo di distogliere l’attenzione della Pubblica Opinione sulle gravi problematiche che affliggono oggi la Sanità, di seguito riportate:
• Sono stati mai forniti chiarimenti sul completamento di Belcolle, l’ospedale dei viterbesi, dopo ben 50 anni dalla posa della prima pietra?
• Cosa è stato fatto per evitare il dimezzamento dei “posti letto” nelle degenze ospedaliere nel corso degli ultimi anni?
• Cosa è stato fatto per incrementare le “piante organiche” di infermieri e tecnici, ridotte all’osso dopo anni ed anni di blocco delle assunzioni e mancata sostituzione del Personale collocato in pensione?
• Cosa è stato fatto per compensare l’insufficiente numero di medici e di specialisti nei reparti di degenza e nei pronto-soccorso?
• Cosa è stato fatto per abbattere le cosiddette liste d’attesa ed evitare le conseguenze molto discutibili sul ricorso alla Sanità Privata?
Su questi argomenti e su molti altri la gente esige dalla Politica risposte concrete e capire perché il Servizio Sanitario Nazionale, una volta vera eccellenza che il mondo ci invidiava, sia scivolato a livelli da “terzo mondo”, scartando da subito, come velleitaria soluzione, l’impiego di medici argentini ed infermieri indiani, che altro non è se non la solita “toppa peggiore del buco”.
Pertanto, onorevole Borrelli, restiamo in attesa di conoscere la Sue iniziative, le iniziative del Suo Gruppo Parlamentare e dei politici in generale per andare oltre allo “scandalo del monopattino in corsia” e, finalmente, affrontare e risolvere le gravi inefficienze di un contesto sanitario nazionale sempre più distante dai reali bisogni dell’Utenza. Distinti ossequi”.




Sanità, Giornata infermiere, D’Amato: “Serve grande piano assunzionale”

ROMA – “La figura dell’infermiere è una figura preziosa per il nostro sistema sanitario, e in particolare per il rafforzamento dell’assistenza territoriale e per l’assistenza domiciliare, che oggi rappresentano l’unica soluzione concreta per snellire i Pronto soccorso e ridurre le liste d’attesa”. Lo ha dichiarato il Consigliere regionale del Lazio e membro della Commissione Sanità, Alessio D’Amato, in occasione della Giornata Internazionale dell’infermiere.

“Oggi, purtroppo, mancano all’appello oltre 70mila infermieri – continua D’Amato – cioè se noi oggi volessimo adeguare il sistema sanitario nazionale ai livelli standard minimali, dovremmo assumere 70mila infermieri che non ci sono. E’ evidente che con questi numeri il sistema sanitario non può reggere e garantire il diritto alla salute, così come sancito dalla nostra Costituzione. In ambito OCSE siamo il quartultimo Paese al mondo per numero di infermieri rispetto alla dimensione della popolazione, con conseguenze allarmanti. Di notte, ad esempio, per 25 posti letto si arriva ad avere un solo infermiere, e spiegatemi voi com’è possibile garantire l’assistenza adeguata a delle persone che magari sono allettate e non possono alimentarsi. Ad aggravare questa situazione si aggiunge la difficoltà legata al reclutamento e allo status socioeconomico del personale sanitario e che via via sta conoscendo un depauperamento molto forte, con gli stipendi che sono tra i più bassi tra i Paesi occidentali. I nostri ragazzi e ragazze non voglio fare più gli infermieri, quest’anno per la prima volta sono andate deserte molte scuole di specializzazione e non sono state esaurite tutte le borse di studio, mentre il personale più anziano, e anche qui l’Italia è fanalino di coda, cerca di resistere ma con sempre maggiori difficoltà”.

“Per risolvere questa situazione – aggiunge D’Amato – serve un grande Piano Marshall delle assunzioni in Sanità, bisogna pensare a una Costituente della Salute per aprire una grande discussione in tutto il Paese. Dobbiamo affrontare immediatamente i temi nevralgici, primo fra tutti come sovvenzioniamo il fondo sanitario, il cui livello minimo di finanziamento dovrebbe essere riconosciuto costituzionalmente. Perché o noi difendiamo la sanità pubblica, o le conseguenze saranno devastanti per la tenuta sociale del Paese”.

“Noi agli infermieri dobbiamo tantissimo, e non solo per lo straordinario sforzo che hanno fatto nel contrasto alla più grande pandemia del nostro secolo. Ma per quello che fanno tutti i giorni, senza mai arrendersi alla stanchezza e alla fatica. A tutti loro, in questa giornata speciale voglio dire grazie. Grazie di cuore”. Ha concluso Alessio D’Amato.




Giornata internazionale dell’Infermiere, ULS: “14.000 passi”

La Giornata internazionale dell’Infermiere dovrebbe celebrare i 400 mila Lavoratori che sorreggono il Sistema Sanitario Nazionale, senza salari dignitosi, senza sicurezza, continuamente insultati minacciati aggrediti e con carichi di lavoro disumani. Si susseguono Governi e Ministri ma le condizioni lavorative in cui operano gli Infermieri peggiorano sempre di più. Tanto è vero che se si chiedesse di esprimere un desiderio a chi smonta da un turno di lavoro in Ospedale molto probabilmente la risposta sarebbe quella di cambiare lavoro appena possibile – dichiarano Anna Rita Amato e Antonino Gentile ULS-Unione Lavoratori Sanità –.

La fortuna del Sistema Sanitario Nazionale è che purtroppo l’Infermiere ha studiato solo e unicamente per fare l’Infermiere. Vorrebbe esercitare la propria professione, nulla di più. Invece si ritrova a colmare tutte le carenze di una Sanità in declino. Vorrebbe avere uno stipendio adeguato al percorso di studi universitario introdotto dal D. Lgs.502/1992, alle responsabilità civili e penali che ne derivano in quanto professionista. Vorrebbe non essere insultato o aggredito sul posto di lavoro da parenti e pazienti poco comprensivi del ruolo che ricopre. Vorrebbe smetterla di occuparsi di attività domestico alberghiere a lui non consone in quanto di competenza del personale di supporto. Vorrebbe che il numero di pazienti in carico e di cui pianificare l’assistenza fosse adeguato e non quello a cui è costretto da logiche di sfruttamento e profitto.

I continui abbandoni della professione per cercare di cambiare vita dovrebbero far riflettere seriamente la Politica e le Istituzioni. Perché riteniamo che il concetto di Sanità e tutela della Salute dei cittadini sia racchiuso anche nella forza che gli Infermieri mettono in atto tutti i giorni per garantire la presenza negli Ospedali, nelle Sale Operatorie, sui mezzi 118, nei Pronto Soccorso e nei servizi. Non si creda che celebrare la figura di un Lavoratore stanco e stressato basti a convincere gli Infermieri a sacrificarsi all’infinito. Da ex eroi a schiavi il passo non è breve. La dignità degli Infermieri non si baratta con le chiacchiere– concludono dal Direttivo Nazionale ULS.




Sanità, Pronto Soccorso ULS: Infermiere aggredito a Roma, ora basta intervenga il Governo

ROMA – Nella notte di ieri si è registrata l’ennesima aggressione nei confronti di un Infermiere in un Pronto Soccorso di Roma. Lo sconcertante episodio si è verificato al Pronto Soccorso dell’Ospedale Grassi di Ostia e ha visto protagonisti il padre di un bimbo in attesa di essere visitato, il Triagista e la Guardia giurata addetta alla sicurezza- dichiara il Direttivo Roma e Lazio ULS Unione Lavoratori Sanità-.

Il genitore, appena giunto in Ospedale, avrebbe preteso che il figlio fosse immediatamente visitato nonostante la fila di pazienti in coda e, sordo a qualsiasi tipo di ragione, dopo aver dapprima minacciato verbalmente sarebbe passato alle vie di fatto aggredendo fisicamente sia l’Infermiere che la Guardia Giurata in servizio, nonostante la presenza di diversi pazienti in sala d’attesa. A rimetterci più di tutti è stato l’Infermiere con una prognosi di dieci giorni per un forte contusione al gomito dx e altre minori al volto e alla schiena. Solo l’intervento della Polizia intervenuta su chiamata del Medico di Guardia ha potuto sedare gli animi e identificare l’aggressore. Ciò purtroppo ha comportato un’interruzione del servizio con il conseguente rallentamento delle attività per tutti i pazienti – aggiungono dal Sindacato ULS-.

Medici e Infermieri sono stanchi di subire continue aggressioni e minacce durante l’attività prestata in condizioni limite, vista la nota situazione di sofferenza dei Pronto Soccorso dovuta a carenza di posti letto e di personale nella Regione Lazio. La Legge 113/20 “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni” è del tutto inefficace nel contrastare seriamente questo fenomeno abominevole che si sta diffondendo nella società. Aggredire chi ti può curare non è la soluzione. La presenza di presidi della Polizia non viene assicurata durante la notte, periodo in cui si verificano spesso eventi del genere. Riteniamo indispensabile a questo punto che intervenga duramente il Governo per mettere fine a questa follia che sta portando alla fuga di Infermieri e Medici dai Pronto Soccorso, i quali non si vedono da tempo tutelati da uno Stato per cui lavorano e per cui cercano, nonostante le evidenti difficoltà, di garantire il diritto alla Salute di tutti – conclude il Direttivo ULS –.




Gli auguri delle infermiere del reparto di Medicina Covid 4

di REDAZIONE-

VITERBO- Le infermiere del reparto di Medicina COVID 4, da alcuni giorni tornato Medicina generale. Per voi gli auguri di Buone Feste al ritmo di Jerusalem, con un ballo ben augurale che sta accomunando gli operatori sanitari di tutta Italia.

https://www.facebook.com/AslViterbo/videos/688327421851054




“V-Day: infermieri sempre in prima linea”, a difesa di pazienti, cittadini e colleghi

ROMA – Claudia Alivernini, 29 anni, infermiera dello Spallanzani di Roma e volontaria nelle Uscar per curare a casa i pazienti fragili, è la prima vaccinata d’Italia contro COVID-19.

Un simbolo importante per la professione infermieristica che è anche la prima come numero di contagi (oltre 50mila da inizio pandemia e sono aumentati, in media, di 300 al giorno) e per vicinanza agli ammalati per i quali rappresenta spesso l’unico contatto con il mondo esterno.

Gli infermieri, assieme ai medici, sono i primi in tutto il Paese ad aver ricevuto il vaccino.

Anche Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini degli infermieri (FNOPI, oltre 454mila iscritti) e direttore sociosanitario dell’ASST Nord Milano è tra questi in Lombardia, dove la scelta è di vaccinare per primi tutti i presidenti degli ordini degli infermieri e dei medici e alcuni personaggi rappresentativi della lotta a Covid-19.

Mangiacavalli nella sua funzione non solo è sempre stata in prima linea nella pandemia e ha anche organizzato l’assistenza in una delle aree più colpite d’Italia e, tra queste, in una delle aziende sanitarie di riferimento sia per numero di contagi che per iniziative a favore dei cittadini.

“Per un infermiere – ha commentato Mangiacavalli dopo aver ricevuto il vaccino – è un dovere verso i cittadini, verso i colleghi e anche verso la scienza in cui crediamo. La professione infermieristica aderisce ai principi dell’etica professionale che guida scienza e coscienza degli infermieri in scelte che rispondono al principio inderogabile di tutela della salute delle persone e riconosce il valore delle evidenze scientifiche come base del suo agire professionale”.

“In questo senso – ha anche aggiunto esercitando la funzione di tutela dei suoi iscritti propria della Federazione – ci auguriamo però che le istituzioni considerino anche i liberi professionisti tra gli operatori da vaccinare subito: tra gli infermieri sono quasi 80mila e sono quelli che per primi hanno partecipato alla task force della protezione civile e aderito al bando per chi la vaccinazione la esegue e che spessissimo intervengono a sostegno delle RSA sul territorio, non si può e non si deve dimenticare i rischi che corrono per assicurare e tutelare la salute dei pazienti e dei cittadini”.

In tutta Italia gli infermieri sono stati e sono pronti a vaccinare e farsi vaccinare, da Nord a Sud.

In molte Regioni le regole seguite hanno voluto proprio fossero i presidenti degli Ordini di infermieri e medici i primi a cui somministrare il vaccino nel V-Day.

Solo per fare alcuni esempi, nella città simbolo soprattutto della prima fase della pandemia, Bergamo, la prima dose è stata riservata a Gianluca Solitro, presidente dell’Ordine provinciale degli infermieri. In generale, la Regione Lombardia ha stabilito che in ogni provincia fossero i presidenti degli Ordini dei medici e degli infermieri i primi a vaccinarsi. Seguendo questo criterio, a Brescia la prima volontaria è stata Stefania Pace, coordinatrice degli Ordini Infermieristici lombardi. Un altro coordinatore regionale, Luciano Clarizia, ha ricevuto la prima dose alle ore 9.40 alla sede regionale della Protezione civile a Palmanova, per il Friuli Venezia Giulia.
In Liguria, è stato il San Martino di Genova il centro scelto per i primi vaccini a ospiti di Rsa e operatori sanitari: tra loro, a inaugurare la giornata come “paziente”, è stata la coordinatrice infermieristica Gloria Capriata.

In Emilia Romagna il presidente della Regione Stefano Bonaccini, presidente anche della Conferenza delle Regioni, ha deciso di far vaccinare prima tutti gli infermieri che poi dovranno vaccinare tutti gli altri operatori sanitari e soggetti fragili previsti nella prima fase di somministrazione.

In Toscana gli operatori saranno vaccinati tutti insieme in una rappresentanza professionale mista non solo di medici e infermieri.
In Abruzzo, il presidente dell’Ordine di Teramo, Cristian Pediconi, è stato impegnato come somministratore delle prime fiale vaccinali riservate alla regione e ai suoi colleghi infermieri e la prima vaccinata della Regione è un’infermiera dell’Asl di Teramo, Tiziana Ferreo.
In Calabria, a Catanzaro, 11 infermieri del Policlinico Universitario Mater Domini e dell’ospedale “Pugliese” sono stati scelti per sottoporsi al nuovo vaccino.

Restando al Sud, sono stati 7 gli infermieri selezionati al Policlinico di Bari per avviare la campagna vaccinale in Puglia, mentre in Sicilia si è partiti dall’Arnas Civico, per poi proseguire, nel pomeriggio, al presidio Pisani ASP, in una Rsa.
In Sardegna, a Cagliari, Virginia Boi, referente per la preospedalizzazione al Brotzu, è stata la prima infermiera a ricevere l’immunizzazione nell’isola.

In Basilicata il primo vaccinato è un infermiere del Pronto Soccorso del “San Carlo” di Potenza, Felice Arcamone.