Uil Fpl, Bizzoni: “Gli infermieri non possono fare il lavoro degli assistenti di studio odontoiatrico”

VITERBO – “Gli infermieri non possono fare il lavoro degli assistenti di studio odontoiatrico, chiediamo un incontro con il commissario straordinario della Asl Egisto Bianconi”. A dichiararlo è il segretario generale della Uil Fpl di Viterbo Maurizio Bizzoni.

“La questione – spiega Bizzoni rivolgendosi al commissario Asl con una lettera – è l’impiego di infermieri negli ambulatori di odontoiatria  della Asl di Viterbo. A seguito di numerose segnalazioni ricevute, la nostra organizzazione sindacale ha constatato che, contrariamente a quanto previsto dalla normativa vigente, gli infermieri verrebbero impiegati in mansioni che, secondo la legge, spettano esclusivamente agli assistenti di studio odontoiatrico (Aso), constatando il demansionamento degli stessi”.

“La legge cui facciamo riferimento – sottolinea Bizzoni – è il decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) 9 febbraio 2018 che definisce chiaramente la figura dell’Aso, stabilendo requisiti e competenze specifiche per l’esercizio delle sue funzioni. Il Dpcm prevede che l’Aso debba essere in possesso di un attestato conseguito tramite un corso di formazione specifico, durante il quale acquisisce le competenze necessarie per assistere l’odontoiatra nelle prestazioni cliniche, preparare l’ambiente e lo strumentario e accogliere i pazienti”.

“La Uil Fpl – prosegue Bizzoni – pone quindi i seguenti interrogativi: 1) I dirigenti della Asl di Viterbo sono a conoscenza di tale impiego? Se sì, per quale motivo non sono state adottate le misure necessarie per garantire il rispetto delle normative e per risolvere la situazione in modo tempestivo? 2) Esiste l’intenzione di attivare corsi di riqualificazione per il personale già impiegato in tali mansioni, in modo da regolarizzare la situazione?”.

“Riteniamo che sia fondamentale tutelare la professionalità di ciascun operatore – conclude infine Maurizio Bizzoni – e garantire il rispetto delle normative che regolano il settore sanitario a beneficio della qualità dei servizi offerti e della sicurezza dei pazienti”.




Sanità. FNOPI: nessuna chiusura a infermieri dall’estero, ma rispettare requisiti

ROMA – “Comprendiamo la logica della cooperazione internazionale, che è già un modello in diversi Paesi, e non siamo mai stati chiusi nei confronti della possibilità di accogliere colleghi dall’estero. Chiediamo, però, il rispetto di determinati requisiti sulla formazione linguistica e professionale, come la certificazione della lingua italiana livello B1, titoli abilitanti previsti e riconosciuti dalle vigenti norme europee sulla libera circolazione dei professionisti e l’iscrizione a un registro speciale in attesa di perfezione l’iscrizione all’Ordine a tutti gli effetti”.

Lo comunica, in una nota, la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (Fnopi) dopo la dichiarazione del ministro della Salute, Orazio Schillaci, che ha annunciato l’arrivo di 10mila infermieri indiani che saranno reclutati direttamente dalle Regioni.

“Il nostro auspicio è che prosegua il percorso di valorizzazione della professione infermieristica iniziato con l’introduzione di tre nuove lauree magistrali ad indirizzo clinico, in grado di aprire per la prima volta in Italia la strada verso la prescrizione infermieristica – continua la Fnopi -. La priorità è aumentare l’attrattività della professione e su questo chiediamo segnali incoraggianti”.




Sanità, Regione Lazio e ordini medici-infermieri uniti per la sicurezza degli operatori

ROMA-  La Regione Lazio, gli Ordini dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri e degli Infermieri della provincia di Roma scendono in campo per la sicurezza dei professionisti sanitari.

Al fine di sensibilizzare al rispetto degli operatori sanitari, la Regione Lazio ha affisso uno striscione con su scritto “Stop alla violenza contro gli operatori sanitari” nella palazzina A di via Cristoforo Colombo 212.

«La violenza contro gli operatori sanitari è insensata e inaccettabile. Diffondere la cultura del rispetto per il loro lavoro è un punto centrale della nostra azione di Governo.
Nel 2023 sono stati 1219 le lavoratrici e i lavoratori laziali che hanno denunciato un’aggressione: il 65% di essi è donna e il 57% risulta essere personale infermieristico.
Con il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, abbiamo riattivato i presidi di Polizia h24 negli ospedali pubblici della Capitale ed iniziative analoghe sono state portate anche nelle province. Abbiamo un grande lavoro da fare sul piano culturale: proprio per questo, nelle prossime settimane, lanceremo una campagna di comunicazione contro ogni violenza nei confronti del nostro personale sanitario. Nel Lazio non c’è spazio per chi insulta, percuote, picchia, aggradisce medici e infermieri che con grande spirito di sacrificio spendono la propria vita al servizio degli altri», ha affermato Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio.

«L’Ordine ribadisce con forza la condanna di ogni forma di violenza, fisica o verbale, nei confronti degli operatori sanitari. Gli attacchi e le aggressioni subite dai medici e da tutto il personale sanitario non sono soltanto atti sconsiderati e a volte criminali ma rappresentano un colpo al cuore di una società civile. Soprattutto in un periodo in cui l’intero sistema sanitario è sottoposto a criticità senza precedenti, è inaccettabile che coloro che dedicano la loro vita alla cura e alla salute dei cittadini siano vittime di minacce e aggressioni», ha dichiarato Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Roma.

«Come Ordine dei Medici di Roma, ci impegniamo quotidianamente con le istituzioni per migliorare l’informazione e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’importanza del ruolo dei medici e di tutti gli operatori sanitari, affinché si comprenda che mettere a rischio la loro sicurezza, e quindi il loro lavoro, è un attacco alla salute della collettività. Per questo e come gesto simbolico, l’Ordine di Roma ha anche esposto sull’esterno della propria sede un grande striscione con il monito “Basta violenza ai medici”, per testimoniare la vicinanza istituzionale ai suoi oltre 45mila iscritti e per richiamare l’attenzione della cittadinanza sulla necessità di interrompere la spirale di aggressioni quotidiane», ha sottolineato il presidente provinciale dei camici bianchi di Roma, Antonio Magi.

«Se si digita su Google “aggressione” e “pronto soccorso”, si ha una idea dell’infinito: tale sembra infatti il numero delle aggressioni che subiscono gli Infermieri e tutti gli operatori sanitari. Si tratta di un vero e proprio disagio sociale», ha spiegato Maurizio Zega, presidente dell’Ordine degli Infermieri di Roma, secondo il quale «la Professione Infermieristica è già gravata dalla carenza di personale; che vuol dire superlavoro e stress: e comporta, anche, la riduzione di quel “tempo di relazione”, con il paziente e con i suoi familiari, che “è tempo di cura”. E mentre il mancato riconoscimento delle nostre competenze professionali pesa come un macigno su di noi, l’aumento delle violenze – che avvengono nel 90% dei casi in ospedale – segnala la necessità di un cambio di paradigma nella organizzazione del servizio sanitario pubblico, e l’urgenza di una risposta “di sistema”. Soprattutto questo fenomeno di patologia sociale si fronteggia prendendosi cura del malato nei tempi e modi corretti. Vale a dire, quelli di una sanità proattiva e dinamica, su base locale. Che liberi dall’intasamento le strutture ospedaliere valorizzando le competenze professionali degli infermieri e delle altre professioni sanitarie. Perché le aggressioni sono sostanzialmente espressione di disagio che si trasforma in odio, e l’odio si rimuove con il suo contrario: prendersi cura», ha concluso il presidente Maurizio Zega.




Connected care, FNOPI: “Professioni infermieristiche perno dell’assistenza digitale”

Mangiacavalli (FNOPI): “Le professioni infermieristiche sono  quelle attorno alle quali far ruotare il nuovo concetto di assistenza digitale”.
Butti (Sottosegretario  con delega all’Innovazione): “gli infermieri, con il consenso del paziente, possono accedere ai dati necessari del Fascicolo sanitario elettronico a un normale processo di cura”

“Le professioni infermieristiche – per il loro indissolubile legame ai concetti di relazione, presa in carico, comunicazione – sono e restano quelle attorno alle quali far ruotare il nuovo concetto di assistenza digitale: la tecnologia aggiunge valore solo se consente l’erogazione di nuovi servizi, più sostenibili, più personalizzati, capaci di rilevare bisogni di salute oggi poco o per nulla presidiati”.

Sono le parole della presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli ad aprire i lavori del convegno “Connected Care – Frontiere attuali e fattori di successo nella trasformazione digitale in sanità” organizzato dalla Federazione in collaborazione con l’Università di Bologna per l’intera giornata del 17 settembre.

Ai lavori, ospitati nell’Aula Absidale di Santa Lucia, partecipano referenti di Ministero della Salute, Dipartimento della Trasformazione digitale della Presidenza del ConsiglioAgenas, Garante per la Protezione dei Dati Personali, Regioni, Università, Professioni sanitarie e sociosanitarie.  E al centro del dibattito si impone la necessità del cambiamento dei modelli organizzativi, con la collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nel cambiamento.

Sul ruolo decisivo giocato in questa fase transizionale dai professionisti della salute, in generale, e dagli infermieri in particolare, a inizio giornata, il Sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione Alessio Butti ha spiegato come il Governo stia “costruendo un nuovo modello di Sanità digitale che è fondato su tre pilastri principali: il fascicolo sanitario elettronico, la telemedicina e l’intelligenza artificiale. Rispetto al Fascicolo sanitario elettronico (FSE) – ha detto – ora anche gli infermieri, con il consenso del paziente, possono accedere ai dati necessari a un normale processo di cura. Questo è riconoscimento del ruolo cruciale che già svolgono ogni giorno del nostro Servizio sanitario nazionale e che ora va supportato in modo concreto“.

Nel suo intervento, Guido Scorza componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali si è soffermato “sulla sfida comune da non perdere. L’innovazione fa parte del presente e va gestita con una buona dose di bilanciamento tra i diritti dei cittadini: quello a stare bene e a vedere tutelata la propria dignità e la propria privacy. Non può esistere contrapposizione tra diritti. Per garantire questo equilibro è fondamentale un’azione di controllo da parte del cittadino sui propri dati, nel segno della massima trasparenza”.

La transizione digitale, oltre che al tema dei dati, si lega a doppio filo con quello della formazione. “Non a caso – ha spiegato Paco D’Onofrio, professore associato del Dipartimento di Scienze per la Qualità della vita dell’Università di Bologna –  questo convegno è ospitato nelle sale dell’Università di Bologna che è tra le principali artefici di un processo di rinnovamento, sviluppo e ricerca. E anche l’investimento sulla componente infermieristica è da molti anni particolarmente spiccato. Crediamo che appuntamenti come questi possano contribuire ad alimentare il senso di partecipazione al percorso di miglioramento che parte proprio dalla formazione“.

Il convegno è anche l’occasione per la FNOPI di “presentare un approfondimento del position statement sulla sanità digitale pubblicato dalla Federazione a ottobre 2023 e ora arricchito da ulteriori riflessioni.

“Si tratta – ha illustrato il consigliere nazionale e presidente di OPI Bologna, Pietro Giurdanella – di un’analisi dettagliata dei punti cardine del documento, ovvero: l’ultimo miglio come luogo di prossimità, la fragilità digitale, la relazione di cura al centro dell’azione degli infermieri, il cambio dei modelli organizzativi per implementare la sanità digitale, la comunicazione, la formazione, la responsabilità professionale. All’interno di questo studio approfondito è possibile trovare la nostra logica di cambiamento che ha a che fare con le competenze degli infermieri, con la formazione dei cittadini e con il necessario cambio dei paradigmi”.




Aggressioni agli infermieri, nel 2023 i dati si confermano allarmanti: il 40,2% degli intervistati denuncia anche più casi in un anno

L’analisi della FNOPI effettuata su un campione di iscritti all’Albo per la rilevazione avviata dall’Osservatorio nazionale sulla sicurezza dei professionisti e presentata oggi al Ministero della Salute ha evidenziato che a subire aggressioni sono soprattutto donne, in reparti a rischio come il pronto soccorso

Donna (in oltre il 72% dei casi), tra i 30 e i 40 anni (oltre un terzo), che opera nel servizio pubblico (quasi nel 90% dei casi) e soprattutto in pronto soccorso (42%): questo l’identikit degli infermieri che di più subiscono aggressioni sul luogo di lavoro.

Il dato emerge dal sondaggio condotto su un campione di iscritti all’Albo dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), per la rilevazione promossa dall’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e socio-sanitarie del Ministero della Salute su tutte le categorie di personale sanitario per scattare una fotografia della situazione nel 2023. Il rapporto è stato presentato oggi a Roma, al Ministero della Salute, in occasione della “Giornata Nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari”.

Nel campione che ha partecipato alla survey, gli infermieri che hanno dichiarato aggressioni durante l’anno appena trascorso sono il 40,2%: dato in aumento rispetto allo scenario emerso dall’analisi svolta dalla Federazione in occasione dello studio CEASE-IT del 2021-2022, quando le otto università che hanno analizzato la situazione avevano rilevato un 32,3% di infermieri aggrediti.

I numeri appaiono molto più alti rispetto ai casi denunciati all’INAIL (che rileva solo i casi in cui interviene l’azione assicurativa e che comunque sottolinea un’incidenza delle violenze del 33% circa sugli infermieri) e a quelli evidenziati dalle Regioni. Gli infermieri, infatti, spesso non denunciano o evidenziano i casi di violenza. Come già rilevato dalla FNOPI, chi non l’ha fatto si è comportato così perché, nel 67% dei casi, ha ritenuto che le condizioni dell’assistito e/o del suo accompagnatore fossero causa dell’episodio di violenza, nel 20% era convinto che tanto non avrebbe ricevuto nessuna risposta da parte dell’organizzazione in cui lavora, il 19% riteneva che il rischio sia una caratteristica attesa/accettata del lavoro e il 14% non lo ha fatto perché si sente in grado di gestire efficacemente questi episodi, senza doverli riferire.

Il dato rilevante emerso dalla survey sul 2023 è il numero delle violenze (verbali o fisiche) che gli infermieri aggrediti hanno dichiarato: la media è di oltre 10-12 ciascuno nel corso di un anno solare, con le dovute differenze legate soprattutto al territorio e al reparto dove il professionista svolge la sua attività: il 44% ha subito da 4 a 10 aggressioni, il 55% da 11 a 20 e l’1% oltre 20 aggressioni in un anno.

“Il vissuto di un infermiere, di un professionista che in qualche modo è aggredito – ha affermato Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI – è un vissuto che fa fatica ad essere elaborato. Ci sono studi internazionali che ci parlano di episodi di burnout, stress, disaffezione, tanto è vero che in questi anni si registrano molti casi di abbandono delle professioni di cura e assistenza”.

Le violenze fisiche sono ormai all’ordine del giorno delle cronache, con episodi gravi, ma anche i casi di violenza verbale, come sottolineato dalla FNOPI, hanno risvolti negativi sui professionisti: la conseguenza professionale prevalente riguarda il “morale ridotto” (41%) e “stress, esaurimento emotivo, burnout” (33%), che secondo lo studio BENE, presentato a dicembre 2023 dalla Federazione, mette a rischio la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti e genera nei professionisti spesso (45,2% dei casi) la volontà di abbandonare il posto di lavoro.

“L’aggressione – spiega Mangiacavalli – è l’effetto di una serie di cause anche importanti che affondano le radici in diversi contesti, tra cui i modelli organizzativi e alcune mancate risposte che i cittadini patiscono, anche se non soprattutto, per la ormai cronica carenza di personale, che peggiora una situazione di disagio organizzativo e di stress lavorativo. I bisogni dei cittadini spesso non vengono convogliati verso i luoghi più adeguati. Ad esempio, molti accessi al Pronto Soccorso non sono legati a situazioni di criticità vitali. Emergono invece bisogni di ascolto, necessità di presa in carico di situazioni complesse, che sfiorano la sfera socioassistenziale. Si aspettano quindi una risposta da un servizio, da una struttura, che spesso non è quella corretta. Occorre quindi investire affinché vi siano servizi territoriali sempre più capillari e conosciuti”.




Istituto Villa Immacolata, Ricci (Fials): “Grave carenza di infermieri ed operatori sanitari”

VITERBO – Riceviamo da Federico Ricci (Fials Viterbo) e pubblichiamo: “Con nota n 44/SP/23 del 31/07/2023, la scrivente organizzazione sindacale, chiedeva alla direzione dell’Istituto Villa Immacolata, alcuni dati ad oggi mai ricevuti, relativi alle assenze a vario titolo del personale dipendente (legge 104/92, lunghe malattie, infortuni, congedi parentali ecc) con profilo professionale di infermiere ed operatore socio sanitario.
Dall’ analisi dei turni di servizio mensili predisposti e confrontati con il personale realmente presente al lavoro, nel periodo 01-01-2023- 31-12-2023, risulterebbe che la struttura non ha provveduto nel corso dei mesi, alla sostituzione di numerosi dipendenti assenti a vario titolo come sopra descritto.
Senza voler essere eccessivamente fiscali e pur rimanendo a livelli minimali di assistenza, cosa che non fa onore al prestigioso nome di Villa Immacolata, a parere della scrivente O.S., sono mancati nell’organico dell’intera struttura, nei turni di servizio per le diverse tipologie di pazienti nel corso del 2023, poi verificheremo gli anni precedenti, non meno di n 5 infermieri e n 10 operatori socio sanitari. Tale fatto, ha determinato e determina tutt’ora, una notevole carenza nell’assistenza ai pazienti ed un aggravio dei carichi di lavoro per il personale in servizio.
E’ pertanto quanto mai urgente a parere della scrivente O.S., che la SS.LL., dispongano di accertare attraverso i propri uffici dedicati alla verifica e controllo, il rispetto dei requisiti di accreditamento, affinchè la Direzione di Villa immacolata, provveda quanto prima, all’adeguamento dell’organico degli infermieri e degli operatori socio sanitari.
Restiamo in attesa di cortese urgente riscontro, riservandoci di avviare ogni iniziativa utile a tutela dei pazienti ed a sostegno degli operatori sanitari che da troppo tempo, sopportano condizioni lavorative massacranti ed uno stress psico-fisico senza precedenti”.

La redazione di Tuscia Times è pronta a pubblicare le eventuali repliche della direzione di Villa Immacolata, prendendo fin d’ora le distanze da quanto dichiarato dal segretario della Fials Ricci.




Gli infermieri del Corso Deimos II diventano Dottori

VITERBO – Giovedì 16 novembre 2023, nel corso della sessione di laurea in “Infermieristica” della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Sapienza di Roma, sede distaccata di Viterbo, hanno discusso la tesi di laurea anche i 4 Marescialli di 3^ classe dell’Aeronautica Militare categoria Operatore Sanitario appartenenti al 23° corso Deimos II.

La discussione della tesi che ha visto anche la partecipazione dei colleghi non militari iscritti al corso di laurea in Infermieristica, si è svolta, come ormai da alcuni anni, presso le strutture della Scuola Marescialli dell’Aeronautica Militare.

I lavori sono stati aperti dall’intervento del Comandante dei Corsi Col. Pilota Dario Ricci che nel porgere il benvenuto ai presenti, anche a nome del Comandante della Scuola Marescialli A.M. e dell’Aeroporto di Viterbo, Col. Pilota Gianluca Spina, si è complimentato con le famiglie per l’educazione e le qualità mostrate dai laureandi; “oggi è un giorno di festa – dice il Col. Ricci – e, quindi, proviamo a celebrarlo tutti insieme, come una squadra; formulo i complimenti a tutti i laureandi ma il mio cuore, ovviamente, va ai nostri 4 ragazzi che dal 2020 svolgono le loro attività di formazione presso la Scuola Marescialli di Viterbo; siamo soddisfatti del vostro iter addestrativo – ben fatto! vi auguro un futuro pieno di soddisfazioni. Sono certo che la preparazione acquisita e le vostre qualità morali vi aiuteranno ad affrontare al meglio le sfide difficili sfide future.”

Il conseguimento del titolo di laurea da parte dei Marescialli della categoria Operatori di Sanità rappresenta uno “step” importante per il 23° Corso Deimos II; tra qualche settimana, infatti, i “neo-dottori” frequenteranno il previsto corso professionale di applicazione presso IPAMAS (Istituto di Perfezionamento e Addestramento Medicina Aeronautica e Spaziale) di Roma dopodiché si apriranno le porte dei Reparti d’impiego della Forza Armata dove i quattro Sottufficiali potranno mettere in pratica le conoscenze acquisite durante il corso di formazione iniziale.

A margine della cerimonia anche il Comandante della Scuola Marescialli A.M. e dell’Aeroporto di Viterbo, Col. Pilota Gianluca Spina, si è voluto complimentare con i laureandi per i brillanti risultati raggiunti, ritenuti il frutto di un iter formativo completo ed accurato, contraddistinto da tre anni di impegno, sacrificio e passione da parte dei quattro Marescialli.

La Scuola Marescialli dell’Aeronautica Militare/Comando Aeroporto di Viterbo è posta alle dipendenze del Comando delle Scuole dell’A.M. e della 3^ Regione Aerea di Bari; il Reparto ricopre una duplice missione: da una parte, quale istituto a carattere universitario, ha il compito di provvedere alla formazione militare e morale e all’istruzione professionale specifica dei Sottufficiali del Ruolo Marescialli, nonché al perfezionamento e all’aggiornamento di tale formazione; dall’altra, quale aeroporto militare aperto al traffico civile, fornisce il supporto tecnico-operativo, i servizi alla navigazione aerea e l’attività di force-protection sull’aeroporto Tommaso Fabbri




Pensioni. FNOPI: con riforma è fuga infermieri

Appello a forze politiche per modificare norma su quota retributiva. Se non verrà corretta la norma che modifica il rendimento della quota retributiva (precedente al 1996) delle pensioni liquidate dal 2024, l’Italia rischia di perdere già dal prossimo anno circa 13mila infermieri.

A lanciare l’allarme è la FNOPI, Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche.

La riforma riduce le aliquote di rendimento dei contributi versati tra il 1981 e il 1995 colpendo il personale attualmente in servizio con una perdita stimabile tra il 5% e il 25% dell’assegno pensionistico annuale, da moltiplicare per l’aspettativa di vita media. Secondo la FNOPI il taglio sostanzioso ai futuri assegni non soltanto potrebbe generare un aumento della fascia di povertà, ma apre le porte a un “effetto fuga” da ospedali e territorio dirompente.

Sarebbe un colpo mortale per il sistema sanitario nazionale, già aggravato dalla carenza di infermieri. La FNOPI accoglie con soddisfazione le parole del Sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, e rivolge un appello a tutte le forze politiche affinché si modifichi la norma quanto prima, evitando lo svuotamento delle strutture e garantendo la salute di tutti i cittadini.




FNOPI, la carenza infermieristica mai così grave

Calano ancora le domande di accesso ai corsi di laurea di Infermieristica: in alcuni atenei, per la prima volta, non raggiungono nemmeno il numero di posti a bando. La riduzione media è del -10% medio rispetto allo scorso anno accademico (con il rapporto minimo domande/posti che il Paese abbia mai registrato): -12,6% al Nord, -15% al Centro e -5,7% al Sud.

Per questo la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) lancia l’allarme: “Senza infermieri l’Italia non avrà più un SSN degno di questo nome, ci aspetta una lunga stagione assistenziale e non saremo più in grado di garantire salute a tutti. È una prospettiva concreta, reale, che comporta perdite economiche, sociali, oltre che un restringimento dei diritti civili”.

La FNOPI chiede un intervento deciso e non più rinviabile delle istituzioni e, a fronte della situazione di fortissimo rischio, fissa i paletti inderogabili per il recupero dell’assistenza.

Le proposte della FNOPI

È necessario che la “questione infermieristica” sia affrontata nella sua totalità, sottolinea la Federazione. La sfida odierna sulla carenza di infermieri va affrontata, oltre che quantitativamente con l’offerta formativa, anche qualitativamente con l’evoluzione degli attuali percorsi formativi offerti ai giovani futuri infermieri, “i veri garanti dell’assistenza”.

Per invertire la rotta è necessario e non più rinviabile:

il finanziamento delle lauree magistrali abilitanti a indirizzo clinico per avere infermieri specialisti in grado di gestire una filiera assistenziale composta da più professionisti con livelli di competenze diversificate per rispondere ai bisogni sempre più complessi della popolazione;
il finanziamento dei docenti infermieri (necessari a garantire la qualità formative e quindi dell’assistenza) che devono rientrare sotto il governo del ministero dell’Università e non più, come indica il Dlgs 502/1992, sotto quello delle aziende;
la revisione dei criteri di accesso ai corsi di laurea triennali (test di ammissione separato con nuove modalità; autonomia e specificità della selezione al corso).

La Federazione degli infermieri chiede un cambio immediato dei modelli organizzativi con maggiore autonomia infermieristica e una nuova riqualificazione, il riconoscimento della branca assistenziale infermieristica nei LEA e nuovi sbocchi di carriera e professionali.

E naturalmente la retribuzione. Va aumentato subito il potere contrattuale e creata un’area contrattuale separata. Va aumentata anche l’indennità di specificità infermieristica di almeno il 200% (216 euro lordi/mese).

Per la distribuzione geografica degli infermieri e per evitare fughe sull’asse Nord-Sud (così come all’estero) si deve poi intervenire subito sulle modalità di reclutamento e ingaggio per coprire sia i singoli servizi sia le singole aree geografiche con i più giusti e motivati professionisti, in coerenza con le competenze e le specializzazioni grazie a concorsi mirati e infungibilità.

 

“Nessuna altra soluzione – conclude la FNOPI – può essere ritenuta adeguata se prima non saranno messe in atto queste nuove misure strutturali”.

LA SITUAZIONE ATTUALE: I RISCHI E LE PROSPETTIVE FUTURE SENZA INTERVENTI

Per la FNOPI in questo senso, i problemi da affrontare sono tre: rispetto alla demografia, il calo di giovani che porterà inevitabilmente a una riduzione dei possibili candidati futuri; la necessità che la professione abbia sbocchi di carriera e professionali strutturati e costanti; l’aumento del costo della vita, che rende le scelte dei giovani più “stanziali”, scoraggiando la mobilità universitaria in regioni distanti da quella di residenza.

E ovviamente la retribuzione tra le più basse d’Europa completa il quadro negativo: in Italia vale il 23% in meno rispetto alla media OCSE.

I numeri della carenza infermieristica ormai sono evidenti: la Corte dei conti nella sua memorai al NADEF 2022 l’ha ufficializzata in -65.000 unità e con il decreto 77/2022 di riordino dell’assistenza sul territorio (per attuare il PNRR) ne servono almeno altri 20.000 (quelli di famiglia e comunità).

Nei prossimi anni poi la situazione è destinata a peggiorare: i 10.000 pensionamenti annui di infermieri dal 2029 raddoppieranno; quasi 30.000 infermieri italiani sono andati all’estero per le scarse prospettive del nostro Paese (e la formazione di ognuno è costata in meda allo Stato circa 30.000 euro) e ne continuiamo a perdere circa 3.000-3.500 ogni anno.

Al contempo, rileviamo oltre 13.000 infermieri stranieri in servizio, a vario titolo, sul territorio nazionale senza iscrizione agli Ordini e senza i dovuti controlli sulla conoscenza della lingua (in virtù delle deroghe prevista da decreti emergenziali), che quindi lavorano in un contesto di totale insicurezza delle cure.

È cambiato il modo di fare sanità, ma gli standard ancora no: gli ultrasessantacinquenni sono il 25% della popolazione e a loro, come alle altre categorie di cittadini servono poche e puntuali prestazioni cliniche e lunghe stagioni assistenziali che solo gli infermieri possono garantire, conclude la FNOPI.




Stati generali dell’infermieristica: le richieste degli infermieri a Governo e Parlamento

Stati generali dell’infermieristica: nove mesi di lavoro in cui tutti gli infermieri iscritti agli ordini (460mila) hanno avuto la possibilità di dire la loro sul futuro della professione grazie a una piattaforma online che la Federazione nazionale (FNOPI) ha messo a disposizione per una consultazione pubblica aperta e trasparente che dà forza alle richieste federative.

Il risultato, sintetizzato in un report da quattro gruppi di lavoro coordinati da consiglieri nazionali FNOPI e composti dai componenti degli ordini provinciali, è stato illustrato a rappresentanti di Governo e Parlamento ad Arezzo, in occasione del 17° Forum Risk Management.

Gli infermieri hanno dimostrato in questi anni diponibilità e volontà di assistere le persone a volte senza un’organizzazione che potesse rendere merito al loro lavoro e le richieste per riorganizzare il sistema saranno ora inviate alle commissioni parlamentari e ai ministri competenti, che avranno così il quadro preciso di come gli infermieri chiedono di far crescere e garantire la professione.

I cardini su cui le proposte si articolano sono chiari e indispensabili per assicurare il recupero dell’attrattività dell’infermieristica sia attraverso lo sviluppo delle possibilità di carriera, sia con un riconoscimento formativo e anche economico all’altezza delle medie europee rispetto alle quali oggi l’Italia è un fanalino di coda.

Crescita professionale attraverso la revisione della formazione universitaria perché preveda specializzazioni accademiche, anche grazie alla laurea magistrale a indirizzo clinico. Gli specialisti dovranno trovare precise collocazioni nei servizi a cui fanno riferimento con contratti adeguati, anche economicamente e la garanzia di infungibilità per non essere destinati altrove e dovranno avere la possibilità di esercitare l’intramoenia e non avere vincoli di esclusività per non penalizzare il rapporto pubblico-privato e aumentare la disponibilità anche oltre il loro orario di lavoro.
Previsione di percorsi clinici, aumentando responsabilità, modelli di presa in carico personalizzata, sostenendo la promozione sociale della professione e riconoscendo nelle équipe multiprofessionali il ruolo infermieristico esperto, con capacità manageriali di gestione economico-finanziaria e responsabilità per la sicurezza dell’assistito.
Affermazione della figura dell’infermiere di famiglia per garantire la continuità ospedale-territorio in cui deve entrare in gioco anche il reale sviluppo della sanità digitale: un infermiere con più competenze riconosciute anche dal punto di vista retributivo, indicatori di valutazione per la qualità dell’assistenza e possibilità prescrittive.
Aggiornamento professionale continuo, mirato agli obiettivi specifici previsti dalla formazione specialistica e alle necessità dell’organizzazione, valorizzando chi mantiene costante l’aggiornamento.
Riorganizzazione dei servizi secondo criteri di qualità che mettano in grado gli infermieri specialisti di gestire una filiera di operatori intermedi che possano coordinare e che a loro riferiscano e facciano capo.
In sostanza, la professione infermieristica deve crescere e differenziarsi per responsabilità, competenze e percorsi di carriera e gli infermieri devono essere i responsabili della formazione delle figure che li supportano secondo le necessità di un quadro di riferimento nazionale, con estrema chiarezza di ruoli e in base all’organizzazione che gli stessi infermieri programmano.

“Non si può continuare – ha detto Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI – a parlare di ricette semplicistiche per affrontare e risolvere i problemi, perché il sistema è ormai complesso e servono analisi e strumenti di complessità. La tutela della salute non è più e non può essere un problema di singole professioni, ma di un sistema multiprofessionale che richiama a un’analisi e a strumenti di complessità”.

“Infermieri e infermieri pediatrici – ha concluso – hanno, in questo senso, metodi e strumenti di stratificazione del bisogno assistenziale, della complessità assistenziale, dei livelli di intensità assistenziale, degli strumenti e dei metodi di valutazione dei bisogni dei pazienti dal rischio cadute, del rischio infezioni, della capacità di orientarsi. Istituzioni e politica devono comprenderlo e noi siamo disponibili come sempre a dare in questo senso il necessario supporto”.




Infermieri Agenas, Sanità, ULS: “In Italia mancano troppi infermieri rispetto la media Europea”

Riceviamo e pubblichiamo: “Lanciamo un grido d’allarme per la carenza non più sostenibile di Infermieri dopo il rapporto Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) in cui si evince chiaramente che a mancare nella Sanità italiana non sono i Medici bensì gli Infermieri- affermano Anna Rita Amato e Antonino Gentile del Direttivo Nazionale ULS Unione Lavoratori Sanità.

Nel leggere con attenzione il documento ci si può rendere conto che in Italia il numero totale dei medici per abitante è superiore alla media dell’UE (4,0 rispetto al 3,8 per 1.000 abitanti), mentre impiega meno infermieri rispetto a quasi tutti i paesi dell ’Europa occidentale, presentando un gap di – 2,6 infermieri ogni 1000 abitanti rispetto alla media europea. Nel 2020 nel nostro paese operavano 6,2 infermieri per 1.000 abitanti, contro i 18 di Svizzera e Norvegia, gli 11 della Francia, i 13 della Germania e gli 8,2 del Regno Unito – aggiungono dal Direttivo Nazionale ULS- .

Dopo anni scellerati di blocco delle assunzioni solo l’improvviso aumento del fabbisogno di personale (medici, infermieri e altro), determinato dalla emergenza pandemica, ha accelerato le dinamiche già messe in atto dal c.d. Decreto Calabria. Ma delle 83mila assunzioni legate alle esigenze derivanti dall’emergenza Covid19 solo 17mila sono state a tempo indeterminato; i restanti 66mila risultano essere stati assunti con contratti flessibili. Esempio plastico e imbarazzante della volontà di non potenziare concretamente il Servizio Sanitario Nazionale.

Grosse carenze (fino a 26.850 infermieri) si evidenziano se si considerano le stime del fabbisogno relative al personale infermieristico tenendo conto dello standard previsto dalla Riforma dell’assistenza territoriale contenuta nel DM 77/2022. Questa riforma ce la chiede l’Europa e ce la finanzierebbe pure qualora la si riuscisse a mettere in pratica.

Al futuro nuovo Governo chiediamo che si appunti da subito un cambio di passo a favore della Sanità, garantendo maggiori risorse economiche, sbloccando i concorsi per acquisire personale infermieristico a tempo indeterminato, aumentando concretamente i salari dei Lavoratori e non come le elemosine degli scorsi rinnovi contrattuali del pubblico e del privato, valorizzando gli operatori e garantendo loro dignità e sicurezza sui luoghi di lavoro. – concludono Amato e Gentile –.




Sanità, Giannini (Lega): “Infermieri in stato di agitazione al Sant’Andrea, regione intervenga”

“Impossibile continuare a far finta di nulla, all’Ospedale Sant’Andrea urge una stabilizzazione immediata del personale sanitario che ha prestato servizio durante l’emergenza pandemica, perché, come portato alla luce dalle organizzazioni sindacali interne, la situazione di infermieri e Oss è al collasso, tanto che è stato proclamato lo stato di agitazione”. Così in una nota il consigliere regionale della Lega, Daniele Giannini, membro della Commissione Sanità, a cui le parti sociali hanno rivolto una richiesta di audizione proprio sulla questione. “Rispetto a quello che secondo la dirigenza è, erroneamente, il fabbisogno dell’ospedale – prosegue – mancano all’appello oltre un centinaio di infermieri, numero che rispecchia, secondo i lavoratori, le esigenze reali del nosocomio. Alla luce di ciò, anche in seguito al mancato rinnovo dei contratti di diverse decine di infermieri scaduti il 31 marzo scorso, la non assunzione di personale infermieristico avente diritto al Sant’Andrea da parte dell’azienda, appare come un vero e proprio accanimento nei confronti dei dipendenti attuali, costretti a operare su turni massacranti, ormai allo stremo, con ovvie carenze ancor più drammatiche che si stanno presentando e si presenteranno a brevissimo nel periodo delle ferie estive, con operatori socio sanitari e infermieri costretti a fare straordinari e carichi di lavoro disumani. Sposiamo in toto dunque le rimostranze portate avanti da sindacati come Confintesa Sanità all’interno dell’ospedale di via di Grottarossa, sollecitando altresì una convocazione degli stessi e del direttore generale della struttura, a tutela dei lavoratori e nell’interesse dei pazienti del nosocomio, presso la prossima seduta della Commissione Sanità della Regione Lazio. Sul lavoro non si scherza – conclude Giannini – sulla salute dei cittadini ancora meno”.




Sanità, Usb Viterbo: “I lavoratori vincono sulle giuste assunzioni”

VITERBO – Riceviamo da Aurelio Nero (Usb Sanità Viterbo) e pubblichiamo: “Nonostante una certa lentezza nelle procedure, sembrava non ci fossero problemi nelle assunzioni degli idonei nella graduatoria del Sant’Andrea, fino alla doccia fredda.

Il 14 marzo, con soli due giorni di anticipo rispetto all’inizio del servizio, la Asl comunica di non avere più disponibilità economica per procedere con le assunzioni e che tutto sarebbe stato rimandato ad una data non meglio precisata.

Usb e Mpi si sono mosse nell’immediato, non ci interessa di chi siano le responsabilità, che Asl e Regione si rimpallano, non sono i lavoratori a doverci rimettere. Il sindacato ha diffidato gli enti coinvolti, tutte le lavoratrici dovevano essere assunte nell’immediato, non avremmo accettato alcun passo indietro su questo.

Proprio grazie al nostro intervento e alla determinazione delle lavoratrici, tutte le assunzioni sono state confermate.

Il 16 marzo, come previsto, sono stati firmati i contratti e tutti hanno preso servizio”.




Percorso condiviso farmacisti-infermieri per realizzare una vera assistenza di prossimità

“Insieme si può costruire”. Con questo spirito si è aperto l’incontro tra FNOPI (Federazione nazionale ordini delle professioni infermieristiche) e FOFI (Federazione ordini farmacisti italiani) per avviare una sinergia allo scopo di lavorare su aspetti di interesse comune, a partire dalla “Farmacia dei servizi” quale pietra angolare della prossimità scritta nel PNRR. I Comitati centrali delle due Federazioni si sono riuniti a Roma per tracciare le strade interfederali e gettare le basi delle modalità operative e organizzative per una proficua collaborazione interprofessionale per la presa in carico degli assistiti in modo capillare sul territorio.

La collaborazione multiprofessionale è scritta a chiare lettere nel nuovo modello di sanità previsto dal PNRR e le Case della Comunità, gli Ospedali di comunità e le Centrali operative previste dal Piano dovranno auspicabilmente operare in rete con gli altri servizi territoriali esistenti, a partire dalle farmacie che rappresentano il canale più capillare per la prossimità con i cittadini.

Un vero lavoro di équipe multiprofessionale che FOFI e FNOPI intendono proporre alle altre Federazioni delle professioni sanitarie, per lavorare insieme anche sul “DM 71” che rappresenta l’evoluzione futura dell’assistenza territoriale.

“In questi anni – hanno detto i presidenti di FOFI, Andrea Mandelli e FNOPI, Barbara Mangiacavalli – i cittadini hanno conosciuto gli infermieri e i farmacisti sotto tutti gli aspetti e le peculiarità essenziali che caratterizzano le loro professioni. E infermieri e farmacisti hanno interagito nel rispetto delle diverse competenze, esaltando anzi il loro rapporto a vantaggio della salute degli assistiti”.

Le proposte che emergeranno dal lavoro comune FOFI-FNOPI, che si auspica di poter condividere con le altre professioni sanitarie, saranno sottoposte a Governo e Regioni, per trasformarsi in uno dei cardini dell’assistenza sul territorio, dalla prossimità alla domiciliarità, passando anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie.




Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato

FNOPI: “Non solo ricordo, ma occasione di ripartenza dello sviluppo di un nuovo sistema sanitario. Il 20 febbraio, giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato, è una giornata per ricordare chi ha combattuto e sta combattendo ancora il Covid anche a rischio della salute e della vita, non solo nella clinica ma anche nella riorganizzazione dei servizi.

Deve essere, però, proprio nel rispetto e per onorare chi ha dimostrato l’importanza e l’efficacia sia dei professionisti sanitari che dell’indispensabile multi professionalità come unica soluzione ai bisogni di salute delle persone, la giornata che segna il rilancio dell’assistenza in una chiave di valorizzazione delle professioni che ne fanno parte e nell’ottica della loro crescita non solo per quanto riguarda i necessari aspetti retributivi e di carriera, ma anche professionali, della formazione e della responsabilità nella presa in carico degli assistiti sganciata da vecchie logiche di gerarchizzazione e legata invece a veri criteri meritocratici.

“Come infermieri siamo in sintonia con quanto detto di recente dal ministro della Salute Speranza che, spiegando i contenuti e lo sviluppo del PNRR alla Camera, ha concentrato la sua attenzione sul territorio, grande assente finora dalla scena dell’assistenza, come purtroppo anche la pandemia ha dimostrato”, ha detto Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI).

“E per questo riteniamo – ha aggiunto – che questa giornata possa segnare il punto di partenza per una revisione profonda del sistema che tenga conto delle risorse e delle innovazioni consentite grazie al PNRR, ma che sia anche il segnale dell’avvio del rilancio della capacità e della rilevanza delle professioni sanitarie, tutte e senza distinzioni, ciascuna secondo le sue peculiarità e capacità professionali e di formazione”.

Per quel che riguarda gli infermieri Mangiacavalli ha sottolineato la necessità di dare vera dignità a una professione che finora ha dato tutto mettendo da parte la sua ‘normale straordinarietà’ al fianco del cittadino per lavorare in costante emergenza, ammalarsi più e peggio di ogni altra categoria, rinunciare a ferie, permessi, progetti di carriera e di vita.

“Carenze, formazione, specializzazioni, carriera, retribuzioni – spiega Mangiacavalli – sono solo alcune delle questioni da affrontare e risolvere anche per dare gambe al PNRR e con gli Stati generali della professione infermieristica che abbiamo aperto la scorsa settimana siamo pronti a far sì che gli oltre 456mila infermieri ridisegnino un nuovo sistema di competenze e di sviluppo”.

“Diamo un senso – conclude la presidente FNOPI – non solo di commemorazione del passato, ma di proiezione nel futuro a questa importante giornata: gli infermieri sono stati ogni attimo accanto a chi soffre e ha sofferto nella pandemia, hanno messo in essere interventi autonomi che hanno fatto la differenza, ma ora vogliono consolidare la loro vicinanza, le loro competenze e la loro prossimità con lo sviluppo vero non solo della loro professionalità e della responsabilità che hanno nei confronti delle persone, ma di un sistema che prevede regole nuove e visioni nuove finalmente in linea con altri sistemi Europei più coraggiosi di noi sullo sviluppo professionale. Gli infermieri sono e sono stati l’avamposto per la tutela della salute dei cittadini e continueranno ad esserlo, ma chiedono gli strumenti ed i percorsi più adeguati”.




Fnopi, da oggi si aprono gli stati generali della professione infermieristica

Lo hanno deciso con forza i 102 presidenti degli ordini provinciali degli infermieri che rappresentano gli oltre 456mila iscritti, sostenendo una proposta del Comitato centrale della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), che poco meno di un mese fa ha inviato una lettera aperta a Governo, Parlamento, istituzioni eRegioni in cui aveva annunciato di voler coagulare una risposta unitaria, indipendente da appartenenze sindacali e partitiche, da ruoli e posizioni. Gli Stati generali della professione infermieristica partiranno con una consultazione pubblica e trasparente rivolta a tutti i 456.000 infermieri italiani che saranno chiamati ad esprimere la propria posizione sui temi più importanti per la professione che gli Ordini provinciali analizzeranno e metteranno a sistema assieme al Comitato centrale della Federazione. Saranno quindi elaborati una serie di primi posizionamenti provvisori che saranno poi sottoposti a confronto con tutti gli organi consultivi della FNOPI e infine con gli stakeholder esterni.

Questo, per approdare a una piattaforma condivisa che ridisegni la professione infermieristica in Italia anche attraverso la modifica delle norme primarie e dei percorsi formativi universitari e di specializzazione. Una proposta concreta per il Paese che diventerà il perno delle richieste e del confronto con le istituzioni e la classe politica perché non si penalizzi più nessun protagonista del Servizio Sanitario Nazionale e che si risponda finalmente in modo esaustivo ai bisogni di salute e assistenza delle persone. “Occorre una ferma presa di posizione – ha detto Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI -. Quale Ente sussidiario dello Stato, abbiamo sempre mantenuto un dialogo serio e pacato per dovere istituzionale. Non possiamo incrociare le braccia, ma vogliamo e dobbiamo guidare il cambiamento dell’attuale sistema e intendiamo farlo attraverso modalità differenti da quelle tipiche delle rivendicazioni di piazza, ma basate su una ferma e forte volontà di proporre una dialettica istituzionale concreta ed efficace. Il momento è cruciale – ha concluso -: le scelte della politica di oggi avranno ripercussioni almeno per i prossimi 20 anni. Questo gli infermieri lo sanno ed è bene che ne prendano coscienza anche le istituzioni direttamente dalla voce di 456.000 infermieri italiani per tramite della Federazione e di tutti gli OPI Provinciali “.

Il Consiglio Nazionale della FNOPI si riunirà di nuovo il prossimo 26 febbraio per condividere con l’intera comunità infermieristica i dettagli operativi del percorso di consultazione allargata, avviato con l’apertura ufficiale degli Stati Generali.

La FNOPI non ha dubbi: “Senza scelte chiare e un altrettanto chiaro cambio di rotta si fa morire una professione e con lei un intero sistema sanitario nazionale”

 

“È ancora possibile scrivere una storia che restituisca dignità agli infermieri e ai loro assistiti” sottolineano la Federazione e i presidenti dei 102 ordini in rappresentanza dei 456mila infermieri presenti in Italia, ma non c’è più tempo da perdere: oltre le promesse devono seguire i fatti e gli Stati generali ne sono e ne saranno la base di orientamento.”

 

Roma, 12 febbraio 2022




Ultimatum dei 456mila infermieri: “Basta parole, è ora di passare ai fatti”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta FNOPI a Governo, Parlamento e Regioni: “Così muore una professione: chiederemo conto di tutto ciò che non è stato fatto, non si può ancora continuare a lungo a cercare una mediazione che non esiste. E’ finito il tempo delle pacche sulle spalle e di chiamare “angeli” ed “eroi” gli infermieri. E’ finito il tempo delle parole, si passi ai fatti e si dia vera dignità a una professione che finora ha dato tutto mettendo da parte la sua “normale straordinarietà” al fianco del cittadino per lavorare in costante emergenza, ammalarsi più e peggio di ogni altra categoria, rinunciare a ferie, permessi, progetti di carriera e di vita.

Con una lettera aperta a Governo, Parlamento, istituzioni e Regioni la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) parla chiaro: coagulerà una risposta unitaria, indipendente da appartenenze sindacali e partitiche, da ruoli e posizioni ed è pronta a far sì che “gli oltre 450mila infermieri chiedano conto di tutto ciò che non è stato fatto. Con l’etica che da sempre ci contraddistingue, ma con l’esasperazione che ormai ci investe”.

“Il mondo intero – scrive la FNOPI – ha riconosciuto gli infermieri come il motore, la spina dorsale, il futuro di ogni moderno sistema sanitario e sociale che voglia definirsi tale: l’Italia lo ha fatto solo a parole”.

“Stiamo perdendo l’ultima cosa che ci era rimasta: la speranza – si legge nella lettera -. La speranza di una Sanità e di una politica in grado di riconoscere percorsi di valorizzazione della professione infermieristica, con un adeguato ritorno economico e un sistema realmente meritocratico. Dalla bozza del nuovo contratto alla Legge di Bilancio; dalle riforme professionali ai percorsi accademici e universitari, niente sembra volersi concretizzare nella direzione delle richieste avanzate con forza e decisione dalla nostra Federazione Nazionale che, quale Ente sussidiario dello Stato, ha pur sempre mantenuto un dialogo serio e pacato per dovere istituzionale”.

“Gli Infermieri d’Italia – si legge ancora – da sempre attraversano a testa alta la paura e la morte, ma oggi una miope visione della politica ci fa impattare nella sfiducia e nella delusione. Ed è molto, molto peggio”.

La FNOPI non ha dubbi e lancia l’altolà: “Così muore una professione. Così si impedisce il ritorno degli infermieri formati in Italia e valorizzati all’estero. Così si ignorano il dolore e l’impegno di centinaia di migliaia di vite. Così si tradisce la fiducia dei cittadini italiani”.

“È ancora possibile scrivere una storia che restituisca dignità agli infermieri” sottolinea la Federazione, ma non c’è più tempo da perdere: Governo e politica sono avvisati, parole e promesse non bastano più.

Ora a queste devono seguire i fatti: “Se questo Paese, se i suoi decisori politici vogliono invertire questa rotta, lo facciano adesso: la FNOPI non può ancora continuare a lungo a cercare una mediazione che non esiste”.




Infermieri: il 2022 si apre con l’allarme contagi in aumento esponenziale, ma frenati dal vaccino

Riceviamo e pubblichiamo: “Piena quarta fase della pandemia e ospedali, ma soprattutto territorio a rischio: in un mese aumentano del 210% gli operatori sanitari contagiati (e di questi l’82% sono infermieri) e di quasi il 286% le persone contagiate. In tutto 135mila infermieri contagiati da inizio pandemia.

E la carenza di professionisti della sanità si aggrava con i contagi e l’assistenza rischia di esserne seriamente compromessa. La maggior forza lavoro nelle strutture di ricovero e a domicilio sono gli infermieri. Perché sono h24 accanto agli assistiti e perché sono i più numerosi e meglio formati sia dal punto di vista organizzativo che clinico per assistere le persone. Ma il ‘mese delle feste’ 2021 e le premesse del 2022 in questo senso non aiutano: gli operatori sanitari contagiati erano, secondo l’Istituto superiore di sanità, 4.142 il 2 dicembre 2021 e sono balzati a 12.870, +8.728 (+210%) in 30 giorni, il 2 gennaio, triplicando i contagi. Di questi circa 7.160 sono infermieri. Certo, l’effetto vaccino, dose booster compresa, si fa sentire: a giugno 2020, con la prima fase della pandemia calante, ma senza vaccini, il rapporto operatori sanitari contagiati-popolazione contagiata era quasi del 13%, mentre già con le prime dosi di vaccino e senza varianti, che come la omicron moltiplicano i contagi, a dicembre 2020 si scende a un valore medio di circa il 3%, legato anche alle misure di contenimento generali per le festività che hanno portato un crollo nei contagi della popolazione, per passare all’inizio di dicembre 2021, omicron compresa, a circa l’1,6% e ancora, nonostante tutto, a inizio 2022, anche con i casi in aumento esponenziale, a circa l’1,3 per cento. Questo grazie alla diffusione pressoché totale della dose booster tra gli operatori a contatto con gli assistiti, con casi di gravità minore per loro e stop dei decessi. È necessario. sia chiaro, – commenta la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) – che la prima cosa da fare è assicurarsi che tutti siano vaccinati, anche perché l’evidenza mostra che i casi più gravi nelle terapie intensive, sono quasi tutti non vaccinati. Ma non basta. Tutti devono capire che vanno mantenute le misure di sicurezza che rallentano la diffusione del virus”. “Questo vale per tutti – aggiunge la FNOPI – ma per le istituzioni che programmano l’assistenza, in questo momento di vitale importanza, ribadiamo una ricetta semplice per non lasciare solo nessuno. Ricetta che a quanto pare, però, non vuole essere ascoltata e compresa. Chissà per quali ragioni, visto il ruolo determinante degli infermieri nella pandemia sotto gli occhi di tutti. Dopo averci definiti eroi, senza capire che quello è il nostro lavoro di tutti i giorni, dopo averci applauditi e premiati con bellissime parole, con pochi passi sarebbe ora di passare ai fatti, per rendere più forte, sicura e di qualità l’assistenza”. “Tre sono i passi a breve, medio e lungo termine – spiega la FNOPI – per dare forza all’assistenza: eliminare lacci e lacciuoli di una burocrazia barricata dietro il muro dell’incompatibilità che bisognerebbe abbattere per far fronte alla carenza, gravissima, di professionisti, che non consente oggi di mettere a disposizione dell’assistenza almeno 600mila ore a settimana in più di assistenza infermieristica, vitale per il territorio, i pazienti Covid, ma soprattutto per i non Covid, che si sono trovati soli nella pandemia”. “Il secondo e il terzo passo sono per il medio e lungo periodo – prosegue la Federazione – e riguardano la necessaria formazione di più operatori, soprattutto specializzati prevedendo una formazione con sbocchi anche clinici determinati dalle esigenze delle persone, per garantire la qualità dell’assistenza: infermiere di famiglia e comunità, infermiere scolastico, infermiere per la non autosufficienza, per le cure palliative, per l’assistenza agli anziani, per i cronici che ne hanno bisogno per la loro vita di tutti i giorni e così via. Serve che siano aumentati, gradualmente, i posti a bando nelle Università per gli infermieri (la carenza di personale oggi riconosciuta da centri di ricerca e istituzioni, va dagli 80mila a oltre 101mila unità) e che per farlo sia previsto anche di aumentare il numero di docenti-infermieri in grado di garantire la giusta formazione di qualità. Sono cose che avevamo chiesto di inserire nella legge di Bilancio 2022, che non avrebbero creato difficoltà al sistema, ma nessuno ha voluto ascoltare, tranne i senatori di maggioranza e opposizione, che gli oltre 456mila infermieri iscritti agli albi (il 60% circa del personale sanitario del Ssn) ringraziano per aver presentato gli emendamenti, caduti poi nel nulla”. “Infine – aggiunge la FNOPI – un riconoscimento nei fatti e non a parole per chi non ha lasciato mai solo nessuno e ancora oggi come sempre, rischia la propria salute per mettere in primo piano quella delle persone: l’indennità di specificità infermieristica, già finanziata nella legge di Bilancio 2021 e quindi senza bisogno di ulteriori oneri, che è stata agganciata a un contratto la cui applicazione definitiva non è certo imminente. Anche per questo avevamo sostenuto un emendamento che avrebbe consentito di assegnare l’indennità, già percepita dalla dirigenza sanitaria a inizio 2021, con cui chi sta lavorando ormai da due anni senza sosta avrebbe potuto, almeno in via transitoria e lasciandone la regolamentazione definitiva al contratto come prevede la norma, avere un minimo riconoscimento tangibile”. “Tutto ciò – conclude la Federazione degli infermieri – senza alcuna invasione di campo. né togliendo nulla ad altre professioni. ‘Se lavorando divisi siamo una forza abbastanza potente per destabilizzare il nostro pianeta, sicuramente lavorando insieme siamo abbastanza potenti per salvarlo’, ha affermato David Attenborough, il naturalista britannico, parlando alla Cop26, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si è tenuta a Glasgow. Lo stesso spirito deve caratterizzare la nuova assistenza: dobbiamo lavorare tutti insieme, senza gerarchizzazioni e divisioni, per il bene dei cittadini e dei pazienti. Lo tenga presente chi deve programmare, altrimenti a farne le spese sarà per prima proprio la loro salute. E a loro si dovrà rendere conto”.