Fnopi: “Allarme carenza e formazione: nella manovra 2022 il Governo “dimentica” gli infermieri”

ROMA- Riceviamo e pubblichiamo: “Gli unici due emendamenti che abbiamo sostenuto alla legge di Bilancio 2022 e che fino in fondo sono stati portati avanti da senatori della maggioranza e dell’opposizione che ringraziamo, per poi sparire però nel nulla – spiega la Federazione nazionale degli ordini degli infermieri (FNOPI) – riguardavano l’assegnazione-ponte, in attesa del contratto, di quell’indennità di specificità interimistica promessa e finanziata nella legge di Bilancio dello scorso anno, ma mai assegnata ai professionisti e la possibilità di aumentare il numero di docenti-infermieri nelle università (oggi ce n’è uno ogni 1.350 studenti contro uno ogni sei di altre discipline) per poter poi incrementare con la giusta qualità il numero di infermieri la cui carenza è ormai un allarme sotto gli occhi di tutti”. Anche la Commissione Ue nel suo “State oh Health in the EU”, nel profilo della Sanità 2021 dell’Italia appena pubblicato, lancia l’allarme e sottolinea un dato purtroppo ben noto durante la pandemia e anche prima, ma che, a quanto pare, ha lasciato indifferente la politica che non è intervenuta nella legge di Bilancio 2022 in alcun modo per tentare di risolvere la situazione. “L’Italia impiega meno infermieri rispetto a quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale e il loro numero (6,2 per 1 000 abitanti) è inferiore del 25 % alla media UE. Vista la diminuzione del numero di infermieri laureati dal 2014, le carenze di personale in questo settore sono destinate ad aggravarsi in futuro”. La Commissione Europea sottolinea anche che nel nostro Paese Il numero totale di medici è leggermente superiore alla media UE: 4,1 rispetto ai 3,9 per 1 000 abitanti del 2019, anche se osserva un calo del numero di medici che esercitano negli ospedali pubblici e in qualità di medici di base che nel tempo potrebbe essere un problema, se non fosse che già nella stessa manovra di Bilancio 2022 la politica ha già iniziato a prendere le misure necessarie (come l’aumento del numero di specializzazioni disponibili) per risolvere in tempi brevi la situazione.

Infermieri dimenticati, quindi, nonostante sempre il Report della Commissione UE sottolinei che “nel maggio 2020 l’Italia ha introdotto il profilo dell’infermiere di famiglia e di comunità, ossia una nuova tipologia di infermiere dotato di competenze avanzate, che contribuisse a potenziare il ruolo dell’assistenza domiciliare e a sostenere l’attività delle USCA. Il governo – prosegue la Commissione – ha stanziato 480 milioni di euro per assumere circa 9 600 infermieri nel corso del 2021”. Che però secondo il dato emerso nelle prime bozze della revisione dell’assistenza sul territorio (il cosiddetto “DM 71”) e nei calcoli dell’Agenzia nazionale dei servizi sanitari (Agenas) non bastano: ce ne vogliono almeno uno ogni 2-3.000 abitanti, cioè circa 20-30mila in più, ma anche dei 9.600 già previsti, sempre secondo Agenas, non se ne sono trovati oltre 3mila.

Carenza evidente, carenza annunciata, carenza a cui alcuni emendamenti (praticamente privi di costi) presentati alla legge di Bilancio avrebbero iniziato a dare soluzioni, se non fossero spariti nel nulla.

“Nulla di fatto quindi e nessuna considerazione nemmeno delle più banali – sottolinea la FNOPI – e nessun tipo di apertura a una categoria di professionisti di cui a quanto pare i servizi sanitari non possono fare a meno, ma che in questo modo davvero non hanno alcun incentivo per mantenere il livello di impegno avuto finora nonostante le decine di morti e gli oltre 128mila contagiati da inizio pandemia, se non quello della propria responsabilità e della propria volontà di vicinanza con i cittadini che non lasceremo mai soli. Né c’è alcun accenno a una soluzione che non ricorra al precariato per il periodo precedente a quando gli infermieri necessari a colmare la carenza potranno essere formati, nonostante le proposte da tempo avanzate dalla Federazione Tutto ha un limite però”.

“E tutto questo segna un brutto episodio – conclude la FNOPI – per la professione infermieristica, un brutto segnale che non è passato e non passerà inosservato davvero nemmeno a chi finora ha contato per la sua salute sugli infermieri.”




Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, in sanità il 78% degli infermieri è donna e le aggressioni sono 5mila ogni anno

La metà circa delle aggressioni al personale sanitario, secondo l’INAIL, è verso gli infermieri: circa 5.000 ogni anno, 13-14 al giorno. E nel 58% dei casi si è trattato di un’aggressione fisica. E il 78% degli infermieri – in tutto oltre 456.000 – sono donne e per questo, quelle che hanno subito un’aggressione in base alle percentuali sono finora in tutto oltre 180mila e per 100mila si è trattato di un’aggressione fisica.

“La prevenzione degli episodi di violenza sugli operatori sanitari – afferma Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) al Convegno sulla ‘prevenzione degli episodi di violenza contro le lavoratrici della sanità’, organizzato dal ministero della Salute – richiede che l’organizzazione identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e attui le strategie organizzative, strutturali e tecnologiche più opportune, diffonda una politica di tolleranza zero verso atti di violenza nei servizi, incoraggi il personale a segnalare subito gli episodi e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi e faciliti il coordinamento con le Forze dell’ordine o altri oggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie per eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari. Solo l’impegno comune può migliorare l’approccio al problema e assicurare un ambiente di lavoro sicuro”.

FNOPI è passata all’azione e dal primo dicembre 2020, grazie al co-finanziamento della Federazione, è stato avviato lo studio nazionale multicentrico sugli episodi di violenza rivolti agli infermieri italiani sul posto di lavoro (ViolenCE AgainSt nursEs In The workplace CEASE-IT), da cui tra le altre informazioni è emerso che l’area maggiormente colpita dagli episodi di violenza è l’area medica e che Il 24.8% degli infermieri che ha segnalato di aver subito violenza negli ultimi 12 mesi, riporta un danno fisico o psicologico causato dall’evento, di questi il 96.3% riferisce che il danno era a livello psicologico.

“Ottenere dati in questo senso – aggiunge Mangiacavalli – e identificarne i fattori predittivi è un passaggio essenziale per aumentarne la consapevolezza e la conoscenza negli stakeholder per attuare interventi di prevenzione e di contenimento che garantiscano una maggiore tutela e sicurezza degli operatori sanitari all’interno del luogo di lavoro”.

Le cause del fenomeno sono multifattoriali e includono: personale ridotto, elevato carico di lavoro, tipologia di pazienti.

I principali fattori di rischio sono negli atteggiamenti negativi dei pazienti verso gli operatori, nelle aspettative dei familiari e nei lunghi tempi di attesa nelle zone di emergenza, che risultano in grado di sviluppare danni fisici, ma anche disturbi psichici, negli operatori che subiscono violenza.

“La violenza verbale e fisica sugli operatori sanitari – spiega la presidente FNOPI – e in particolare sugli infermieri, è un dato in crescita e continuamente presente anche in questo periodo di pandemia. L’impatto negativo che questo fenomeno può avere sulla sicurezza, sull’efficacia dell’assistenza e sulla salute fisica ed emotiva degli operatori rendono necessari studi per comprendere a fondo tutti i fattori che intervengono: personali, collegati al gruppo di lavoro, alle caratteristiche delle strutture, alle risorse e all’ambiente di lavoro”.

“E’ importante aggiunge – che si preveda accanto alle pene per le aggressioni anche una formazione degli operatori, obbligatoria e mirata, e fin dal percorso di laurea (la FNOPI in questo senso ha già organizzato due corsi di educazione continua, ECM, a cui hanno partecipato oltre il 90% degli infermieri) sugli aspetti della comunicazione, di adeguate tecniche di de-escalation e della relazione terapeutica nei confronti delle persone assistite e che le infermiere sappiano cogliere tutti i segnali premonitori di un atto di violenza, sappiano come mitigare e contenere la loro evoluzione, come proteggersi preventivamente e possano comunicare con fermezza agli utenti, agli accompagnatori e al personale che gli atti di violenza non sono permessi o tollerati”.

“Certo – afferma Mangiacavalli – si dovrebbero prevedere pene anche più severe per chi aggredisce verbalmente e fisicamente un professionista sanitario donna sul luogo di lavoro, prevedendo l’aggravante del pericolo che nell’azione possono correre gli assistiti.

Ma si devono anche prevenire le aggressioni regolamentando ad esempio l’uso dei social nei luoghi di lavoro, di cui proprio in questo periodo di pandemia abbiamo visto gli effetti, rispetto all’attività professionale per evitare commenti, furti di identità e proposte inappropriate: ne sono vittima circa il 12% dei professionisti e di questi il 78% sono infermiere e in alcune Regioni si supera anche il 90 per cento”.




Infermieri da tutto il Lazio a convegno a Fossanova

LATINA – Si è svolta sabato 30 ottobre, nella suggestiva cornice della sala “Infermeria dei Conversi” presso l’Abbazia di Fossanova, la tappa per il Lazio del Congresso Nazionale Itinerante della Fnopi (la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche).
La modalità itinerante del congresso ha fatto sì che si realizzasse un viaggio attraverso tante province italiane legato dal filo conduttore delle eccellenze infermieristiche nei vari territori a testimonianza della grande professionalità degli infermieri italiani.
Si è tenuto quindi un’interessante incontro di riflessioni e progettualità condivise, volte a rispondere ai crescenti bisogni di salute dei cittadini organizzata dalla Federazione nazionale degli infermieri in collaborazione con tutti gli ordini degli infermieri del Lazio.
Tante le personalità intervenute: sindaci del territorio, presidente della provincia di Latina, rappresentanti politici regionali, nazionali ed europei, la struttura commissariale per la campagna vaccinale, autorità accademiche dell’Università La Sapienza, Direttori Generali delle Asl romane e di Frosinone, dirigenti delle professioni infermieristiche di diverse Asl regionali.
L’ordine di Latina, in quanto ospitante, ha aperto i lavori congressuali con il saluto istituzionale della Presidente Annunziata Piccaro che, a nome di tutti i componenti dell’Ordine di Latina, ha espresso grande soddisfazione per l’ottima riuscita dell’evento ed ha rivolto un ringraziamento al Comitato Centrale della Fnopi ed alla Presidente Barbara Mangiacavalli, per aver permesso alla nostra provincia di ospitare un evento di rilevanza nazionale nel quale sono stati affrontati i temi del rilancio dell’assistenza territoriale come ben esplicitato nel PNRR per disegnare una nuova Sanità che sia sempre più aderente ai bisogni di salute dei cittadini, ancor più dopo questa terribile pandemia che abbiamo e stiamo ancora affrontando.
Durante l’evento sono stati premiati i progetti infermieristici selezionati per la Regione Lazio provenienti da Asl Roma 6, Asl Roma 4, Asl Frosinone, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e per Latina il progetto inerente le cure palliative dell’Hospice San Marco.




Pandemia e non solo: infermieri e assistenti sociali insieme per la salute. Protocollo d’intesa FNOPI-CNOAS

ROMA- “Lo sappiamo da sempre, ma l’esperienza della pandemia ha reso chiaro a tutti che salute non è soltanto assenza di malattia e che soltanto insieme possiamo rispondere al benessere delle persone”.

La Federazione degli Infermieri e l’Ordine degli Assistenti Sociali sottoscrivono oggi un protocollo d’intesa che la presidente Barbara Mangiacavalli e il presidente Gianmario Gazzi hanno voluto ad ogni costo per sottolineare l’importanza dell’approccio multidisciplinare “ai bisogni di chi ha bisogno”.

Quattro gli obiettivi dell’intesa firmata oggi, 17 settembre a Roma presso la Federazione degli infermieri:

1. Individuare attività congiunte di rappresentanza istituzionale e politica per garantire l’importanza del ruolo, delle funzioni e delle competenze dei professionisti nei processi di programmazione e nelle scelte organizzative in ambito sanitario, sociosanitario e sociale;

2. collaborare nell’organizzazione e nello svolgimento di attività scientifiche e iniziative culturali e formative che siano di comune interesse nelle discipline attinenti all’etica, deontologia, cultura e azione professionale e ruolo politico e sociale delle rispettive professioni;

3. realizzare attività comuni che potranno anche consistere nella promozione e realizzazione di ricerche, corsi, seminari, conferenze, convegni, pubblicazioni ed iniziative analoghe volte allo sviluppo della cultura professionale;

4. promuovere e sostenere le rispettive iniziative, coerenti con le finalità del protocollo d’intesa.

“Siamo, siamo stati e saremo tra i professionisti più vicini alle persone malate e in difficoltà e i drammatici mesi, speriamo passati, con il fardello di morti e solitudini, hanno messo a dura prova la tenuta del Paese – spiegano i presidenti – L’integrazione sociosanitaria non può essere un enunciato, ma deve diventare realtà. Insieme FNOPI e CNOAS saranno una lobby a difesa delle esigenze di vita delle persone, dei gruppi e delle comunità locali”.

Nell’impegnarsi ad estendere il protocollo ai territori e ad attuare un percorso comune di formazione continua per i prossimi tre anni di validità dell’intesa, infermieri ed assistenti sociali faranno fronte comune perché nelle Case delle comunità previste dal PNRR, siano presenti équipe multidisciplinari che comprendano le due professioni.

“Tutta l’area della non autosufficienza, della disabilità, della cronicità ci vedono coinvolti senza un modello di riferimento univoco efficace ed efficiente – concludono Mangiacavalli e Gazzi – Ai bisogni che scopriamo oggi, si sommano disagi antichi ai quali non si è stati capaci di rispondere. Questo è il momento storico per farlo. Insieme saremo una forza per la salute e il benessere di tutti, a cominciare dai più fragili”.




Infermieri: ne mancano 63mila secondo la Fnopi: “Servizi e PNRR a rischio”

ROMA- Riceviamo e pubblichiamo: “Infermieri: ne mancano oltre 60mila secondo la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI). E senza una soluzione alla carenza di organico chi rischia di più è l’assistenza, ma anche l’applicazione del PNRR che punta tutto sull’assistenza territoriale. E ne mancano, anche in base alle dimensioni regionali, quasi 27mila a Nord, circa 13mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole.

Eppure quella dell’infermiere è la professione del futuro e lo è con maggiori responsabilità, specializzazioni e infungibilità della professione. All’estero tutto ciò c’è già e gli infermieri, ad esempio in Spagna, Francia, Regno Unito, sono anche prescrittori di farmaci non specialistici e di presidi sanitari. Che sia la professione sanitaria del futuro è evidente: nel 2020 è stata l’unica laurea tra le sanitarie che ha visto aumentare le domande di quasi l’8% contro una diminuzione, più o meno evidente, delle altre e secondo i dati a un anno dalla laurea in tempi pre-Covid già l’80% era in servizio. Ma c’è carenza: il rapporto infermieri-abitanti in Italia è di 5,5-5,6 infermieri ogni mille abitanti, uno dei più bassi d’Europa secondo l’Ocse e il rapporto infermieri-medici, che dovrebbe essere secondo standard internazionali 1:3 è, sempre secondo l’Ocse, inferiore di 1:1,5.

La pandemia ha posto sotto gli occhi di tutti quello che già da anni fà, con la sua laurea, i master, i dottorati di ricerca e, ora, la richiesta chiara di scuole di specializzazione e dell’infungibilità della professione.

L’infermiere assicura il buon andamento delle strutture anche evitando eventuali carenze o atti impropri di altre figure, ma deve essere supportato da un organico numericamente e professionalmente efficiente e dotazioni all’altezza di un’assistenza di qualità, altrimenti c’è il rischio di peggiorare la situazione e trasformare chi dovrebbe organizzare in un capro espiatorio di errori altrui.

La necessità di più infermieri è stata messa in evidenza anche da numerosi centri di ricerca.

Il Censis presentato ha quantificato la carenza rapportando per l’Italia la presenza di infermieri a quella dell’Emilia-Romagna, considerata Regione Benchmark, in 57.000 unità e ha considerato che se il confronto dovesse avvenire con altri partner europei, come ad esempio il Regno Unito – che fa tra l’altro continua richiesta di infermieri italiani – la carenza salirebbe a quasi 300.000 unità.

Secondo il Rapporto Crea Sanità dell’Università di Tor Vergata, la carenza in base ai parametri europei sarebbe di almeno 162.972 infermieri se rapportati al complesso della popolazione e 272.811 se rapportati alla popolazione ultra 75enne, che è quella di riferimento soprattutto sul territorio.

E secondo il concetto di staffing, il rapporto cioè tra infermieri e numero di pazienti assistiti che secondo i parametri medi nazionali e internazionali dovrebbe essere di un infermiere ogni 6 pazienti (ogni due nei servizi come pediatrie o terapie intensive e così via), mentre si assesta da anni a una media di 9,5 pazienti per infermiere con punte in alcune Regioni fino a 17-18 pazienti per infermiere.

Le possibili soluzioni

Per questo la FNOPI ha messo a punto per la prima volta alcune proposte diversificate tra loro su assi a breve, medio e lungo termine per far fronte alla carenza di professionisti con particolare attenzione a residenzialità privata e convenzionata e alle aree interne e disagiate. Il documento diventerà elemento ulteriore di interlocuzioni politiche e istituzionali della Federazione.

A breve termine – perché il problema è ora così come ora deve partire l’applicazione del PNRR – c’è ad esempio il superamento del vincolo di esclusività che oggi lega l’infermiere nel rapporto di lavoro con il servizio sanitario pubblico e la possibilità di esercizio libero professionale a supporto delle strutture sociosanitarie territoriali. Poi possono essere previsti progetti finalizzati a garantire il supporto in termini di prestazioni di assistenza infermieristica da parte delle Aziende Sanitarie alle strutture residenziali territoriali, con attività svolta al di fuori dell’orario di servizio e remunerata a parte. Altra norma da rivedere è quella di percorsi di incentivazione per “distacchi” o “comandi” dall’azienda sanitaria ospedaliera verso le strutture sociosanitarie territoriali, favorendo il riavvicinamento territoriale del dipendente considerata la residenza. E infine favorire l’accreditamento delle strutture sociosanitarie quali sedi di tirocinio dei corsi di laurea in infermieristica per potenziare le possibilità di svolgimento di tirocini curricolari da parte degli studenti del triennio quale strumento per lo sviluppo culturale in tale setting.

A medio termine si dovrebbero ridefinire le regole di accreditamento delle strutture in relazione all’evoluzione dei bisogni dei cittadini; valorizzare la professione infermieristica nelle strutture socio sanitarie territoriali; Prevedendo uno sviluppo in chiave clinica per attualizzare la necessaria maggiore pertinenza alla complessità e tipologia assistenziale di carriera e sotto il profilo gestionale; adeguare i contingenti forativi e valorizzare le competenze economicamente e sotto l’aspetto della responsabilità e dell’autonomia.

A lungo termine poi si dovrebbe favore il rientro degli infermieri italiani emigrati all’estero con incentivi in termini contrattuali ed economici. Attualmente si calcola che lavorino all’estero circa 20.000 infermieri italiani.




Sottosegretario Pucciarelli (Difesa): gli infermieri aiuto determinante in questa pandemia

“Gli infermieri sono stati i primi a lottare e a contrastare la diffusione del Covid, raccontandoci, avvolti nelle loro tute di contenimento, quello che stava accadendo negli ospedali del nostro Paese, nelle terapie intensive. Le loro immagini sono diventate il simbolo della lotta alla pandemia e il loro straordinario impegno è stato ampiamente riconosciuto dalla collettività. A tutti gli infermieri, civili e militari, rinnovo il mio sincero ringraziamento.” – ha detto il Sottosegretario alla Difesa, Stefania Pucciarelli, in occasione della Giornata internazionale dell’infermiere.

“Come dice lo slogan della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, «Ovunque per il bene di tutti», gli infermieri si sono rivelati una categoria fondamentale in questa emergenza sanitaria, sono stati l’emblema del sacrificio nella lotta alla pandemia da Covid 19. Non dimenticheremo mai le immagini degli infermieri esausti dopo lunghi e interminabili turni di servizio presso gli ospedali, così come porteremo sempre nei nostri cuori l’affetto e l’incoraggiamento che erano soliti riservare agli assistiti ricoverati in terapia intensiva. Quegli stessi infermieri che hanno, inoltre, saputo trasmettere, ai pazienti ricoverati in situazioni critiche, l’amore e la vicinanza dei loro familiari, impossibilitati ad accedere alle strutture sanitarie ospedaliere.
Senza il loro aiuto e la loro encomiabile professionalità sarebbe stato ancor più complicato superare i momenti particolarmente difficili.” – ha concluso il Sottosegretario Pucciarelli.




Sanità, Regimenti (Lega): “Valorizzare il ruolo e la professionalità degli infermieri”

ROMA – “Il ruolo dell’infermiere è sempre più attuale e necessario e la pandemia ha confermato l’urgenza di una sua maggiore valorizzazione e integrazione nell’intera filiera della salute”. Così l’eurodeputata della Lega e membro della Commissione per la Sanità pubblica Luisa Regimenti, in occasione della Giornata internazionale dell’infermiere.

“Nell’ultimo anno e mezzo – aggiunge – gli infermieri, con grande coraggio e abnegazione, hanno affiancato i medici nella comune lotta al Covid, in un’emergenza sanitaria che in Italia, secondo gli ultimi dati, è costata la vita a 87 professionisti, con oltre 100mila contagiati. Da questi numeri e dai risultati raggiunti bisogna ripartire per costruire un sistema sanitario più forte ed efficiente”.

“Le risorse del Recovery Plan sono, allora, una grande opportunità per l’ambito infermieristico, per garantire lo sviluppo di un’assistenza più capillare e mirata sul territorio e di nuovi servizi di prossimità a vantaggio dei cittadini. Una rete operativa che deve, però, crescere insieme all’attenzione verso il capitale umano e all’esigenza di una sua costante qualificazione professionale” conclude.




Primo congresso anti-Covid per i 454mila infermieri d’Italia

Con lo slogan “Ovunque per il bene di tutti”, quest’anno il tradizionale incontro – che si ripete a ogni cambio del vertice della Federazione (ogni tre anni fino al 2021 e, per effetto della legge 3/2018, da oggi in poi ogni 4 anni) e che ha visto sempre radunati tra i 4 e i 6mila infermieri – si svolgerà in modo “itinerante” nel pieno rispetto elle regole di distanziamento e di tutte le misure contro la pandemia.

Da maggio a dicembre, rappresentanti del neo-eletto Comitato centrale della FNOPI toccheranno varie aree del Paese (Nord Est, Nord Ovest, Centro Sud versante adriatico, tirrenico e isole): in programma 20 appuntamenti a carattere locale con i referenti di progetti innovativi, buone pratiche ed eccellenze della professione infermieristica che, soprattutto sul territorio, hanno consentito di affrontare l’assistenza, anche durante la pandemia, rimanendo sempre vicini ai cittadini, proiettando l’infermiere in una dimensione nuova, più vicina al paziente e in grado di intercettare proattivamente la domanda di salute soprattutto nelle aree più interne e disagiate del Paese. Limitando al massimo gli assembramenti e rispettando tutte le normative vigenti anti-Covid, l’obiettivo è fotografare lo stato di attuazione dell’infermieristica di prossimità, chiave di volta per un sistema salute più equo, giusto ed efficace
Prima tappa il 12 maggio Giornata Internazionale dell’Infermiere, a Firenze, città natale di Florence Nightingale, considerata la madre dell’Infermieristica moderna, nella Sala del Cenacolo della Basilica di Santa Croce. Il complesso monumentale riaprirà al pubblico proprio domani, nel giorno in cui si celebra la nascita di Florence, immortalata in Santa Croce da un famoso monumento a cui ogni anno rendono omaggio infermieri provenienti da tutto il mondo. Per l’occasione sarà anche presentato un volume inedito sui rapporti tra Florence e l’Italia, nazione dove nacque nel 1820 e che ben conobbe, anche dal punto di vista scientifico e professionale, durante due lunghi viaggi nel corso della sua vita. Florence Nightingale, della quale si è celebrato il bicentenario della nascita nel 2020, è passata alla storia per avere ridotto della metà i decessi per malattia nella guerra di Crimea ed essere stata precorritrice delle buone pratiche di igiene e salute pubblica che ancora oggi contribuiscono a ridurre le malattie e salvare vite, in particolare in contesti epidemici.

Il filo rosso che legherà le esperienze che contraddistingueranno le tappe del Congresso FNOPI sarà l’Infermieristica di prossimità, a partire dall’Infermiere di famiglia e comunità, figura presente in Toscana (prima tappa) dal 2018 e che col decreto Rilancio del maggio 2020 è stata istituita per legge e dovrebbe essere presente in tutte le Regioni. Nella stesura del nuovo Recovery Plan, inoltre, assume un ruolo di protagonista proprio per l’assistenza sul territorio.

Gli infermieri, infatti, non vogliono che il paziente debba raggiungere necessariamente una struttura per essere assistito: sono loro che vanno verso il cittadino, sviluppando così i presupposti dell’assistenza territoriale finora mai decollata e che potrebbe essere ormai a un passo con le novità in arrivo dal PNRR. Soprattutto, gli infermieri, con le loro buone pratiche dimostrano all’organizzazione sanitaria, ai programmatori e ai cittadini stessi che la vera assistenza si fa in team, con uno scambio virtuoso e mai né invadente né prevaricante di una professione sull’altra.
Il prossimo appuntamento, in giugno, sarà nelle zone più colpite dal Covid nella prima fase e che registrano ancora il maggior numero di contagi e decessi: Lombardia, Piemonte, Liguria.

Le prime buone pratiche premiate
A Firenze, alla presenza dei vertici della FNOPI, di rappresentanti istituzionali regionali e degli Ordini delle professioni infermieristiche della Toscana, saranno premiati quattro progetti.

“Fuori dal guscio”, progetto della Asl Toscana Sud Est (zona Distretto Grosseto). Prevede il supporto dell’infermiere di famiglia e comunità al SerD (servizio pubblico per le dipendenze patologiche) per la prevenzione secondaria su pazienti con patologie croniche tra cui dipendenza da abuso di alcol, dal gioco d’azzardo, dal fumo, obesità, diabete, malattie cardiovascolari. Il percorso di prevenzione parte da una segnalazione degli infermieri o medici di medicina generale alla coordinatrice dell’ospedale di comunità e SerD, motivando la richiesta. La coordinatrice attiva l’intervento dell’infermiere di famiglia e comunità a seconda delle esigenze. Si tratta di un modello di cura basato sull’assistenza infermieristica che unisce ambiti di cura finora non così integrati, per una presa in carico multiprofessionale, continua e specialistica, focalizzata non solo sulle conseguenze della malattia, ma contestualmente dedicata alla prevenzione delle cause.
“I colori delle farfalle”, progetto della Asl Toscana Sud Est (Zona Distretto Valdarno). Prevede l’infermiere di famiglia, care manager in ambito domiciliare e comunitario, nella gestione di pazienti cronici in età evolutiva (bambini e adolescenti) che svolge funzione di coordinamento gestionale-organizzativo sulle attività assistenziali, creando una rete multi specialistica tra i vari setting di cura ospedalieri, territoriali e con le istituzioni, incluse le scuole e tutti i percorsi formativi del destinatario delle cure. Le figure coinvolte nel team sono: l’infermiere, il pediatra o il medico di medicina generale, l’assistente sociale, il fisioterapista, lo psicologo, il nutrizionista, il neuropsichiatra infantile, l’insegnante e la famiglia. L’infermiere care manager rappresenta la figura di riferimento per il paziente, la sua famiglia e il caregiver; è colui in grado di gestire in maniera efficace ed efficiente la presa in carico a favore della domiciliarità e dell’integrazione nella comunità.
Sempre rivolto a bambini e adolescenti è l’ambulatorio specialistico infermieristico nel Comune di Agliana (Pistoia) per un servizio sul territorio privato, a supporto delle famiglie di bambini complessi e non, dalla nascita dei lori figli fino alla pubertà. Questo perché non esiste attualmente un Servizio Infermieristico che risponda ai bisogni dei bambini, in quanto lo stesso è esclusivamente dedicato ad adulti/anziani portatori di patologia. Tra gli obiettivi raggiunti, l’80% dell’utenza è soddisfatto delle prestazioni erogate; ridotti gli accessi in Pronto Soccorso, dal pediatra di libera scelta e dal medico di medicina generale; le famiglie dei bambini, portatori di patologie complesse, saono in grado di gestire al domicilio certe problematiche, che precedentemente venivano svolte in ospedale; anche il paziente adulto – perché il centro è rivolto anche ad adulti e anziani portatori di patologie croniche e sani -, portatore di patologie croniche, e le loro famiglie saranno in grado di gestire al proprio domicilio certe problematiche, che precedentemente venivano affrontate in ospedale.
Infine, una buona pratica di auto-analisi dell’attività degli infermieri di famiglia e comunità, perché monitoraggio e controllo sono componenti essenziali dell’assistenza sanitaria. Nelle province di Firenze, Pistoia e Prato la sperimentazione del modello IFeC (infermiere di famiglia e comunità) ha permesso agli infermieri coinvolti di crescere professionalmente, con un arricchimento personale importante. Da qui, una indagine qualitativa su “Percezioni e vissuti degli infermieri coinvolti nella sperimentazione del modello di Infermieristica di Famiglia e di Comunità nella Asl Toscana Centro. Dai dati rilevati sono emerse 4 categorie sostanziali: Prepararsi al cambiamento (il corso di formazione erogato all’avvio del progetto e l’esperienza lavorativa in possesso hanno permesso agli IFeC di intraprendere la sperimentazione con maggior sicurezza); La relazione: fare gioco di squadra (il legame con le famiglie in carico e la collaborazione multiprofessionale sono fondamentali); Un vortice di emozioni (lo stress iniziale, ma anche l’apprezzamento del modello e la riscoperta della passione per la professione); L’infermiere di famiglia e comunità (definizione soggettiva e non univoca della figura professionale e sguardo propositivo al futuro professionale).




Demansionamento infermieri e tecnici sanitari a Belcolle: interviene la Confael

VITERBO- Riceviamo dal segretario nazionale della Confael, Egidio Gubiotto e pubblichiamo: “All’attenzione della scrivente O.S., giungono numerose le segnalazioni di carenza di personale di supporto e di demansionamento del personale infermieristico in servizio presso il P.O. di Belcolle. Già da tempo abbiamo segnalato alla Direzione Strategica di codesta Azienda Sanitaria Locale di Viterbo la necessità di ampliare la dotazione organica di personale di supporto così da garantire sia la presenza appropriata di questa figura professionale, indispensabile per un’erogazione di cure di qualità, sia per consentire al personale infermieristico di espletare le attività proprie della qualifica.La figura dell’operatore socio sanitario, ed il relativo Profilo Professionale, in Italia, trova origine nell’Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2001, il quale sancisce che l’Operatore Socio-Sanitario è l’operatore che, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzate a: soddisfare i bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale sia sanitario; favorire il benessere e l’autonomia dell’utente.  Si evince, quindi, come questa figura sia fondamentale nell’erogazione delle attività assistenziali routinarie all’interno di un ospedale; ci chiediamo perché, a distanza di oltre venti anni, all’interno del P.O. di Belcolle questa figura non sia stata integrata in maniera sufficiente ed appropriata. La situazione attuale, che codesta O. S. denuncia ormai da mesi, non è più tollerabile; sebbene con l’emergenza pandemica “Covid-19”, la Direzione Strategica di codesta Azienda Sanitaria L. è corsa ai ripari con assunzioni di O.S.S., tramite cooperative del lavoro e avvisi pubblici, per contratti a tempo determinato di sei mesi che sono stati rinnovati per ulteriori sei mesi, attualmente la dotazione organica di operatori socio sanitari risulta insufficiente, mal gestita e non debitamente programmata. L’insufficienza numerica della figura dell’operatore socio sanitario all’interno del P.O. di Belcolle configura quotidianamente, ormai da anni, il demansionamento degli infermieri che sono costretti allo svolgimento di tutte quelle attività che dovrebbero essere espletate dagli operatori socio sanitari: assistenza diretta ed aiuto domestico alberghiero; interventi di carattere igienico-sanitario e di carattere sociale; supporto gestionale, organizzativo e formativo. Oggi l’infermiere sarebbe quel professionista sanitario che, con il suo campo proprio di attività e responsabilità, assiste, cura e si prende cura dell’assistito in maniera globale, instaurando con esso una relazione di fiducia. È un professionista laureato che, iscritto all’ordine professionale, svolge funzioni di prevenzione, assistenza, educazione alla salute, educazione terapeutica, gestione, formazione e ricerca. Purtroppo dobbiamo con amarezza constatare che presso questa Azienda Sanitaria L. di Viterbo così non è.

Vogliamo ricordare alla Direzione Strategica di codesta Azienda Sanitaria L. che il demansionamento costituisce una condotta illecita e che sono numerose le sentenze che ce lo ricordano: sentenza n. 1306 del 2017 emessa dal Tribunale di Brindisi (con tale provvedimento, una ASL del brindisino è stata condannata a risarcire il danno cagionato a un’infermiera dipendente. Il motivo era che l’infermiera era chiamata a svolgere quotidianamente mansioni tipiche del personale di supporto e perciò estranee alla sua qualifica professionale), sentenza n. 395 del 2019 emessa dal Tribunale di Bologna ( in questa sentenza viene ribadito che le attività di igiene diretta sui pazienti, di pulizia dei lettini e delle barelle, dei pavimenti delle sale e manuale degli strumenti comuni di sala non appartengano ed anzi siano totalmente estranee al Profilo Professionale dell’infermiere), sentenza n. 6954 del luglio 2019 (con questa sentenza emessa dalla I sezione del Tribunale del lavoro di Roma  viene condannata la Fondazione Policlinico A. Gemelli al risarcimento di un dipendente che ha denunciato il cronico demansionamento al quale veniva sottoposto da anni), ecc. ecc.

Il disagio che stiamo strenuamente da tempo segnalando, si ripercuote inevitabilmente anche sulla qualità dei servizi che vengono erogati ai cittadini. Come Organizzazione Sindacale, che ha sempre preso le difese sia dei lavoratori sia dell’utenza che usufruisce dei servizi sanitari che sono erogati dall’Azienda S. L. di Viterbo, auspichiamo che al più presto codesta Direzione Strategica provveda a garantire una dotazione organica numericamente idonea di tutte le figure professionali che dalle Norme sono previste all’interno dei contesti sanitari e che questa integrazione sia effettuata in maniera programmatica, proporzionale e, soprattutto, tempestiva. Qualora anche questa segnalazione dovesse risolversi con un “buco nell’acqua”, ci riserviamo di perseguire tutte le vie istituzionali per portare all’attenzione dell’utenza, degli organi di stampa e delle sedi giudiziarie questo disservizio e invitiamo tutti i lavoratori che rilevano o che hanno rilevato questa criticità ad unirsi nella protesta”.

 




Vaccino. Patrizi (Smi Lazio): dosi insufficienti, medici depotenziati

ROMA – “I vaccini ai medici di medicina generale sono ancora fermi a prima di Pasqua, quando le condizioni erano critiche, le dosi infatti restano insufficienti. Avanti di questo passo arriveremo a giugno senza un numero di somministrazioni adeguate”. A denunciarlo è Cristina Patrizi, responsabile regionale del Lazio del Sindacato medici italiani (Smi) che, interpellata dalla Dire, spiega dove si sta inceppando la macchina vaccinale.

“In una Asl di Roma, per esempio, è stato comunicato che le dosi di Pfizer non sono somministrabili come prima dose e quindi possono essere usate solo per le seconde dosi- spiega Patrizi- I colleghi hanno quindi dovuto annullare le prenotazioni. Anche le prenotazioni di dosi fatte dai medici venerdì scorso non sono state evase, questo vuol dire che non possono essere ritirate le fiale e non si possono fare le inoculazioni”.

In queste ore stanno arrivando nuove forniture di vaccino, segnalano dalla struttura commissariale. “Abbiamo avuto notizia già nei giorni scorsi che le dosi arriveranno- dice Patrizi- ma siamo ancora in attesa. Immaginiamo che la situazione dovrebbe sbloccarsi ma ci chiediamo a cosa valga un ruolo così marginale per i medici. Anche una collega di un’altra Asl della Capitale mi ha confermato che non possiamo fare nuove vaccinazioni, perché il numero di dosi arrivate non è sufficiente. Fino alla settimana scorsa i colleghi hanno vaccinato tra 7 e 14 persone al giorno, quando sono stati fortunati. Io ho aderito all’unità mobile per le vaccinazioni a domicilio ma con questi numeri il nostro ruolo è depotenziato. Eppure abbiamo gestito le campagne antinfluenzali molto bene quest’anno, almeno qui nel Lazio, e saremmo in grado di procedere a spron battuto”.

Per aumentare il numero di somministrazioni, da fine mese ci saranno anche vaccini nelle farmacie. “La vaccinazione deve essere implementata- commenta la responsabile regionale del Lazio del Sindacato medici italiani (Smi)- ma è nella figura del medico il punto centrale di questa operazione, anche perché serve una valutazione clinica del paziente, prima della somministrazione, che deve essere effettuata dal medico. Ci sono insomma delle condizioni per cui I farmacisti non possono agire, a nostro parere. I vaccini vanno fatti, possibilmente in monodose, quindi la modalità operativa implica il siero di Johnson & Johnson. Il vaccino a mRna non è l’arma giusta per la medicina generale. Chi si occupa dell’organizzazione del sistema deve valutare questo aspetto. Se tutto questo non verrà valutato a giugno ancora saremo ancora a parlare di come incrementare il numero di somministrazioni”.

Ma i medici di base in modalità vaccinatori bastano, qualora arrivassero i vaccini? “L’attuazione di questa operazione è comunque complicata, nonostante la collaborazione dei medici di medicina generale: ci sono infatti difficoltà logistiche, una corsa a ostacoli per prendere le fiale, prenotazioni che saltano. Molti dei colleghi hanno anche dato adesione alla somministrazione presso gli hub vaccinali, oltre che a domicilio per i pazienti che non possono spostarsi, ma la vera progressione delle somministrazioni presso gli studi non c’è. Dovevano darci AstraZeneca ma non lo stanno facendo. E’ impensabile che un medico, da venerdì che ha fatto la prenotazione, al martedì la sua richiesta sia ancora inevasa. Se il sistema preferisce sottrarre risorse di personale negli ospedali per far fare I vaccinatori, va bene- conclude Patrizi- basta che lo dicano però e non si attribuiscano ai medici di medicina generale le responsabilità in una campagna che prima ci vede protagonisti e ci butta sui giornali, e di fatto invece ci relega a riservisti e retrovie”.

 




Giuliano (Ugl salute): “Infermieri e oss figure fondamentali, ma distinte per formazione e competenze”

ROMA – Riceviamo e pubblichiamo: “Le notizie di alcune Regioni che sembrerebbero pronte a integrare la qualifica degli OSS, attraverso un percorso formativo fino a assegnarli addirittura competenze infermieristiche è inaccettabile per la UGL Salute. “Parliamo di due professioni distinte, quella degli infermieri e quella degli operatori socio sanitari, completamente differenti per formazioni e competenze” commenta il Segretario Nazionale Gianluca Giuliano. “La prima – prosegue il sindacalista – segue un percorso universitario di lunga durata che si conclude poi con il conseguimento di una laurea. E’ inimmaginabile che un OSS che segua un corso, per quanto intensivo e di qualità, possa assumere anche solo alcune competenze infermieristiche. Non possiamo pensare che la cronica mancanza di personale possa produrre una situazione così paradossale”. Giuliano poi conclude. “Ci battiamo da anni perché venga riconosciuta la qualifica degli Operatori Socio Sanitari anche attraverso la creazione un elenco nazionale che certifichi le loro competenze. Queste andranno acquisite attraverso un percorso di formazione univoco su tutto il territorio che superi l’attuale disomogeneità di insegnamento che si sviluppa a livello regionale. Infermieri e OSS restano due figure distinte ma entrambe assolutamente fondamentali in un lavoro di equipe’ come dimostrato dal loro grande impegno in prima linea per combattere e provare a sconfiggere la guerra contro il Covid-19”.




Covid-19, la proposta degli infermieri per un cambio di passo nella campagna vaccinale

ROMA – Riceviamo e pubblichiamo: “Investendo sugli infermieri il cambio di passo sulla campagna vaccinale è garantito. Ecco perché. Tempi: da un mese e mezzo a tre mesi per vaccinare il 75% della popolazione. Spesa: in base ai tempi scelti tra 150 e 400 milioni in tutto. Azioni necessarie: allentare il vincolo dell’esclusività attuale per gli infermieri dipendenti e immettere quindi, secondo modelli già disegnati, anche sul territorio e/o a domicilio quasi 90mila (se non di più) vaccinatori che oggi possono operare solo negli ospedali. Risultato: entro inizio estate si potrebbe raggiungere l’immunità di gruppo (o di gregge) necessaria per allentare vincoli e restrizioni. L’idea e la relativa proposta arrivano dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) che rappresenta i 454mila infermieri presenti in Italia. Il vincolo dell’esclusività oggi costringe gli infermieri dipendenti (quelli visti ai letti dei malati nelle terapie intensive e primi vaccinatori e vaccinati negli ospedali per rendere questi Covid-free) a operare solo nella struttura da cui dipendono, mentre un allentamento della norma gli consentirebbe di operare anche sul territorio e a domicilio e, un domani, di assistere sul territorio chi ne ha bisogno. E basterebbero per ottenere il risultato due ore di lavoro in più per ogni infermiere, compensato o in base a scelte regionali o con 500 euro al mese in più (per tre mesi) o ancora con una cifra di circa 10 euro a vaccinazione, pari a quella indicata come riferimento per altre categorie professionali. Ma in questo momento paradossalmente (e per la prima volta) non è la spesa (comunque contenuta) il riferimento: è il risultato. Che si tradurrebbe con la scelta meno dispendiosa per il Servizio sanitario nazionale per ottenere in tre mesi di vaccinazioni intensive (dosi permettendo) la copertura di circa 45 milioni di italiani: il 75% della popolazione appunto. La FNOPI ha articolato e sviluppato la proposta dal punto di vista tecnico e l’ha inviata alle istituzioni competenti che ora dovranno decidere (anche politicamente) il da farsi. Altre proposte della Federazione che avrebbero comunque un effetto a lungo termine e non solo sulla pandemia, sono poi quelle di integrare gli organici infermieristici oggi carenti di oltre 53mila unità, con almeno 30-35 milia professionisti che, se anche dedicati in questo momento alle vaccinazioni con risultati analoghi nei tempi e nei modi, potrebbero poi continuare ad assistere fragili, cronici, anziani e tutta la popolazione secondo i suoi bisogni di salute e prevenzione.

Infine, è possibile anche l’utilizzo degli infermieri libero-professionisti (oltre 30mila disponibili), ma non con una premialità al ribasso come quella indicata nei bandi che hanno cercato finora, senza successo, vaccinatori. Il modello eventualmente da tenere presente secondo la FNOPI è quello già usato dalla protezione Civile nella prima fase della pandemia per creare le task force di medici e infermieri inviati nelle Regioni più colpite: una retribuzione uguale per tutti (medici e infermieri, appunto, che svolgerebbero la stessa funzione) e obiettivi chiari e veloci da raggiungere per uscire al più presto dalla pandemia. La parola alla politica, quindi. La FNOPI è come sempre disponibile – ma in tempi brevi vista l’emergenza – ha disegnare il nuovo modello assieme alle istituzioni e anche in raccordo cn le altre professioni”.

 




Usb Sanità: “A Viterbo abbiamo un vuoto di più di 200 infermieri”

VITERBO- Riceviamo da Usb Viterbo e pubblichiamo: “Nel pomeriggio di lunedì, Usb, insieme al Movimento permanenti Infermieri, ha incontrato i vertici della Regione Lazio per discutere il Piano assunzionale approvato già nel 2018, per il triennio 2020-2022 e mai messo in atto veramente. Piano che era stato elaborato, molto pre-pandemia, proprio per sanare una sanità regionale al collasso dopo dieci anni di commissariamento e blocco delle assunzioni.
La Regione non ha fornito alcuna spiegazione sul perché, invece di incrementare le assunzioni previste per far fronte in modo degno alla pandemia, non ha rispettato neanche il Piano che lei stessa aveva delineato.
Nel tentativo di confondere la situazione, sono stati forniti, impropriamente, dati misti fra le assunzioni obbligate per i pensionamenti e gli incrementi di organico, ma neanche con questo stratagemma ci si avvicina minimamente al personale necessario.
Nella sola città di Viterbo, per quanta riguarda gli infermieri, abbiamo un vuoto di più di 200 persone. E’ inaccettabile che nella nostra Regione, con quasi 6 mila morti dovuti a Coronavirus e un personale stremato dall’aumento dei carichi e la cancellazione di qualsiasi riposo o permesso, chi dovrebbe garantire la tenuta e la qualità del servizio sanitario continui a fare vuoti proclami, invece di ricostruire veramente il servizio pubblico, a tutela della salute di tutti e tutte.
Non siamo più disponibili ad accettare vuoti proclami, vogliamo risposte chiare e certe.
Chiediamo pubblicamente un incontro alla Direzione generale di Viterbo per conoscere i dati reali della provincia riguardo graduatorie, assunzioni e stabilizzazioni.
Allo stesso modo, esortiamo la Asl a schierarsi con i lavoratori e iniziare un tavolo di trattativa con la Regione per lo scorrimento di tutte le graduatorie con assunzioni stabili, la reinternalizzazione di tutti i mezzi del ARES 118 e l’attivazione di nuovi concorsi con il riconoscimento degli anni di servizio prestati da esternalizzati nella sanità pubblica”.

 




FNOPI: “Bene Draghi al Senato, la ‘casa’ deve essere il principale luogo di cura”

Riceviamo da FNOPI e pubblichiamo: “L’uguaglianza, l’equità e la solidarietà sono da sempre le parole d’ordine della professione infermieristica che trova nel discorso al Senato del premier Mario Draghi profondi motivi di identificazione e soddisfazione.

Prima di tutto – sottolinea la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) – nel momento in cui Draghi sottolinea la sofferenza non solo fisica a cui sono andati incontro e stanno subendo le persone nella pandemia. Poi nella necessità di intensificare la campagna vaccinale, iniziativa che da sempre gli infermieri chiedono con forza e per la quale si sono offerti e si offrono, nelle giuste condizioni, di fare da punta di diamante come sempre sono stati nei centri vaccinali e nell’assistenza ai cittadini. E sulle linee indicate dal premier per riformare e implementare la sanità – anche grazie al Recovery Plan ‘rivisitato’ come ha sottolineato – la FNOPI si identifica in pieno nelle parole di Draghi che corrispondono anche alle richieste della Federazione nella lettera scritta al premier all’indomani della sua nomina: il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria). Sono, per la maggior parte, luoghi dove gli infermieri esplicano in pieno la loro attività e la FNOPI è in sintonia con il principio della ‘casa come principale luogo di cura’ (come ha ribadito e confermato il ministro della Salute Speranza) anche grazie a telemedicina e ADI e, aggiungiamo, con il supporto essenziale dell’infermiere di famiglia e comunità. Ha ragione Mario Draghi: vanno resi realmente esigibili i Livelli essenziali di assistenza. E lo ringraziamo per avere sottolineato che da quando è esplosa la pandemia gli operatori sanitari hanno dimostrato un enorme sacrificio sostenuto con generosità e impegno, messi a dura prova e dovendo sottrarre, complice la decennale carenza, personale e risorse alla prevenzione e alla cura di altre patologie, con conseguenze pesanti sulla salute di tanti italiani. Ne sia certo Mario Draghi: per una nuova sanità che abbia gli obiettivi descritti nel suo intervento al Senato, gli infermieri sono con lui”.

 




Giornata mondiale del malato: infermieri sempre accanto alle persone “Anche il Ssn soffre: si passi dalle parole ai fatti”

ROMA – “La giornata mondiale del malato assume quest’anno un significato davvero importante e davvero mondiale: la pandemia ha colpito tutto e tutti”, commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) l’11 febbraio, Giornata mondiale del malato.

“Proprio per le dimensioni planetarie della gravità che questa situazione ha assunto e sta continuando a manifestare  – prosegue –  gli infermieri sentono questa giornata non esclusivamente come momento celebrativo e di massimo rispetto per chi soffre, ma come il pieno coinvolgimento della loro professionalità e del loro compito non solo clinico, ma anche morale e deontologico verso le persone”.

“Anche gli infermieri – sottolinea la presidente FNOPI – fanno parte della categoria dei ‘malati’ seguendo le percentuali INAIL che tra gli operatori sanitari contagiati da Covid indica che questi sono per l’82% infermieri (oltre 90mila quindi e 80 di loro non ce l’hanno fatta). Ma per noi questa giornata rappresenta un tributo ai nostri assistiti, alle perone che ce l’hanno fatta e a quelli che non ci sono più, nella certezza di non aver mai abbandonato nessuno nel momento del bisogno”.

“Gli infermieri fin dai primi giorni della pandemia – aggiunge Mangiacavalli – hanno messo a disposizione di tutti i cittadini, di tutto il Paese le loro competenze che non sono solo le competenze tecniche e specialistiche, ma sono anche competenze relazionali, sono anche competenze che si avvicinano a quello Papa Francesco ci ha detto quando lo abbiamo incontrato: competenze di umanità”.

“Gli infermieri spiega ancora – all’interno delle équipe sono stati accanto ai pazienti, ai loro letti, vicino ai loro familiari. Hanno consentito tante volte a questi di comunicare con i loro cari, di poterli vedere. E spesso purtroppo sono anche state le persone che hanno accompagnato gli ultimi istanti di vita dei loro assistiti”.

“Questo carico emotivo – conclude Mangiacavalli – gli infermieri se lo portano dentro e lo custodiscono in maniera preziosa e la giornata di oggi è per chi hanno preso per mano e ogni giorno davvero non hanno mai lasciato solo. Questa giornata è per ricordare la sofferenza di ogni malato, quella sofferenza che gli infermieri hanno fatto propria in questo anno così particolare per il nostro Paese, augurandoci che chi ha la responsabilità di organizzare assistenza e servizi, comprenda che la vicinanza degli uomini ha anche necessità di mezzi e di persone per non rischiare che tutto resti solo una celebrazione”.




Vaccinazioni, FNOPI: “Oltre 60mila infermieri liberi professionisti sono pronti, ma per loro sono indispensabili maggiori tutele”

ROMA – Riceviamo e pubblichiamo: “Mancano i vaccinatori, soprattutto sul territorio (ma anche negli ospedali) e in modo più evidente con il previsto arrivo anche della fornitura di vaccini Moderna che si affiancherà a Pfizer-Biontech.

Ma ci sono circa 60mila infermieri liberi professionisti che hanno i requisiti richiesti dal bando del Commissario straordinario per Covid-19, in stand by perché non essendo dipendenti non hanno ricevuto alcuna priorità nell’essere essi stessi vaccinati e quindi sono esposti al massimo rischio di infezione senza tutele.

In questo senso la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) ha inviato una lettera-appello al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ai ministeri della Salute e degli Affari regionali Roberto Speranza e Francesco Boccia, al Commissario Domenico Arcuri e al presidente delle Regioni Stefanio Bonaccini in cui si lancia un triplo appello:

  • è necessario accelerare l’accesso all’immunizzazione delle priorità vaccinali degli infermieri che operano a qualsiasi titolo sul territorio;
  • nella professione infermieristica, laureati, spesso specializzati e regolarmente iscritti agli albi, ci sono circa 60.000 infermieri liberi-professionisti, che sono anche quelli di elezione per la partecipazione ai bandi per reperire operatori che possano somministrare i vaccini, purché questo avvenga in sicurezza, e che quindi, con i corretti presupposti, potrebbero integrare il numero degli attuali soggetti vaccinatori;
  • queste categorie di infermieri non sono spesso considerate in analogia con il personale sanitario dipendente e quindi non hanno alcuna priorità per la vaccinazione, restando fortemente esposti – e con loro le persone assistite – al virus e al relativo contagio, pure essendo già da inizio pandemia in prima linea, soprattutto proprio nelle strutture territoriali che ospitano i più fragili e nel caso della somministrazione di vaccini a contatto con infinite eventuali fonti di contaminazione.

La FNOPI sottolinea nella lettera la necessità che al più presto questi professionisti “siano considerati alla stregua dei loro colleghi dipendenti tra il personale da sottoporre al più presto e prioritariamente alla campagna di vaccinazione e chiede anche che venga riconosciuta loro analoga premialità a quella riconosciuta agli infermieri dipendenti”.

E aggiunge: “In particolare, i liberi professionisti sono stati particolarmente colpiti dalla pandemia anche dal punto di vista lavorativo ed economico pur non avendo lasciato solo nessuno ed essendosi offerti spesso anche come volontari per prestare cure e assistenza”.

“Abbiamo di fronte un futuro che dipende dall’impegno dei professionisti – aggiunge la lettera FNOPI –  come è stato già nell’anno passato, e da quello che essi potranno continuare a fare, infermieri in testa”.

“Gli infermieri – conclude – non faranno mai venir meno il loro contributo, la loro competenza, la loro capacità di relazione, la loro disciplina, ma per questo serve un diverso e più mirato impegno delle istituzioni nei confronti di tutta la categoria.  Senza escludere nessuno”.




Vaccinazioni: infermieri in prima linea per garantirne un accesso equo e tempestivo da parte di tutti i cittadini

ROMA – Gli infermieri sono pronti a vaccinare e a farsi vaccinare. Da sempre presidiano infatti i centri per le vaccinazioni e nonostante il bando per il reclutamento del personale per il piano nazionale sul vaccino anti-COVID19 non renda facile l’adesione alla campagna, non si tireranno davvero indietro in questo momento, siano essi libero professionisti o pensionati che hanno già dimostrato il loro impegno durante la pandemia.

E per quanto riguarda l’essere vaccinati, la professione infermieristica, come le altre professioni intellettuali nel campo sanitario, aderisce ai principi dell’etica professionale che guida scienza e coscienza degli infermieri in scelte che rispondono al principio inderogabile di tutela della salute delle persone. Riconosce il valore delle evidenze scientifiche come base del suo agire professionale.

La professione infermieristica è una professione “aderente” allo strumento di sanità pubblica Vaccino e lo dimostrano i dati: i numerosi sondaggi effettuati in molte Regioni sulla volontà della vaccinazione hanno raggiunto adesioni anche oltre il 98 per cento.

Gli infermieri sanno bene quali effetti ha il Covid: lo vedono ogni giorno, quando h24 sono accanto ai pazienti di cui spesso sono l’unico contatto col mondo esterno. Lo vedono ogni giorno, considerando che oltre 40mila professionisti (il 47% del totale) si sono contagiati dall’inizio della pandemia di cui circa 12mila solo nell’ultimo mese.

La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), sostiene gli infermieri quali professionisti sanitari che contribuiscono all’interno delle equipe territoriali alle vaccinazioni, sottolinea che questa attività fa parte di quelle che hanno fondamento naturale nel loro profilo professionale e nel Codice deontologico dove si indica che la responsabilità dell’infermiere consiste nell’assistere, curare e prendersi cura, nella prevenzione e riabilitazione della persona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo.

La FNOPI sostiene la necessità delle campagne vaccinali ed è pronta a contribuire in modo diretto attraverso i suoi professionisti all’informazione e all’educazione alla salute che deve essere la base di una nuova cultura della popolazione, in linea con la comunità scientifica nazionale internazionale che riconosce alle vaccinazioni un ruolo essenziale a livello di prevenzione e di lotta al virus e, in generale, alle principali malattie diffusive. Gli infermieri sono in prima linea per supportare attraverso l’educazione sanitaria l’adesione consapevole dei cittadini alla vaccinazione.

La Federazione – firmataria anche della Carta di Pisa sulle vaccinazioni negli operatori sanitari per riconoscere il valore della vaccinazione soprattutto tra i professionisti – sottolinea la necessità che il suo ruolo, per ottenere i migliori risultati, tenda in termini di empowerment dei pazienti, a comunicare in modo intenzionale con l’assistito e agevolare così la scelta vaccinale.

Solo in questo modo l’operatore sanitario sarà in grado di fornire informazioni complete.

La FNOPI ritiene che ancora una volta la sfida sia sull’organizzazione dei servizi anche come risposta al nuovo piano per la vaccinazione, rispetto al quale purtroppo non è stata consultata alcuna Federazione di professionisti.

La FNOPI in questo senso è pronta a dare la massima collaborazione in termini di attività professionale e progettuale alle istituzioni – Governo, Parlamento e Regioni – e assicura ai cittadini e alla comunità scientifica la presenza attiva degli infermieri, come sempre finora dimostrato nonostante le pesanti carenze di organici, per far fronte ai bisogni dei pazienti.




Elezioni ordine infermieri, il programma della presidente

LATINA – Riceviamo e pubblichiamo: “Nei giorni 11, 13 e 14 dicembre 2020 a Latina presso la sede OPI (Ordine della Professioni Infermieristiche) e il 12 dicembre a Formia (presso l’Aula Consiliare), si svolgeranno le elezioni per il rinnovo delle cariche degli organi direttivi dell’Ordine professionale
Il gruppo di infermieri, ed infermieri pediatrici, candidati nella lista “Protagonista Infermiere”, composto in parte da membri del consiglio direttivo uscente, tra i quali la Presidente dell’OPI Nancy Piccaro (attuale sindaco di Roccagorga), ed in parte da nuovi infermieri, ha presentato il suo programma basato sulla crescita professionale, sociale e culturale di tutta la categoria professionale. Sono presenti nel gruppo, per la prima volta, gli infermieri pediatrici.

“Condividiamo un progetto che realizzeremo senza personalismi e con il coinvolgimento di tutti i professionisti, i cittadini e le istituzioni provinciali – affermano gli infermieri nel loro programma – Gli infermieri hanno un ruolo fondamentale nell’ambito dell’assistenza domiciliare, nelle strutture territoriali, nella prevenzione ed educazione sanitaria, negli ospedali e nelle scelte gestionali e politiche. La nostra ambizione è quella di fare dell’OPI di Latina il punto di riferimento dove tutti gli iscritti possano trovare risposte alle molteplici esigenze che si incontrano nell’attività quotidiana e dove possano trovare supporto consultivo tecnico, didattico per le attività di ricerca, formazione ed aggiornamento professionale. I punti principali del programma per il prossimo per il prossimo quadriennio, prevedono di migliorare e confermare i servizi già offerti gratuitamente agli iscritti OPI di Latina, ma anche la consulenza su tematiche professionali, etiche e deontologiche e l’assistenza e supporto psicologico e professionale per il burn-out e mobbing. Sono inoltre previsti workshops formativi periodici in sede e crediamo che la formazione e la ricerca siano leve fondamentali di cambiamento e crescita professionale. Prevista anche la formazione e preparazione ai concorsi pubblici per i neolaureati e si andrà a consolidare il rapporto con tutte le istituzioni del territorio, i rappresentanti del sistema salute e le associazioni di cittadini.
Si procederà, infine, all’avvio di uno sportello dedicato al cittadino per un filo diretto con la professione su tematiche di prevenzione, assistenza ed educazione sanitaria.
Importante valore aggiunto sarò dato dalle competenze degli infermieri pediatrici, candidati esclusivamente nella lista “PROTAGONISTA INFERMIERE”, specie nel prestare assistenza alle famiglie dopo la dimissione del neonato per le cure di base, l’attivazione di percorsi di screening negli adolescenti per quanto riguarda l’Hiv ed il tumore testicolare e la istituzione della figura dell’infermiere scolastico da destinare all’assistenza sanitaria all’interno delle scuole.

Dopo anni di bilancio oculato – continuano i rappresentanti di “Protagonista infermiere” – siamo riusciti ad acquistare la sede storica dell’Opi. Inoltre, attraverso una politica professionale finalizzata ad incrementare e valorizzare la figura dell’Infermiere sul territorio e tra i cittadini, abbiamo attivato il progetto dell’Infermiere di Farmacia. Prima nel comune di Roccagorga e poi a Sezze, diventando un’eccellenza su scala nazionale; in futuro saranno coinvolti altri comuni.
Una gestione economica attenta ed oculata punterà a mantenere inalterata la quota annua, garantendo collaborazione alle iniziative finalizzate al rimborso della quota stessa (a carico del datore di lavoro) ove possibile e previsto. In questa fase storica caratterizzata dalla pandemia, il valore della nostra professione all’interno del Sistema sanitario nazionale, è stato riconosciuto da tutta l’opinione pubblica, al punto da definirci “EROI”. Vicino ai pazienti, in qualsiasi giorno dell’anno ed in qualsiasi condizioni ci sono gli infermieri”.