In libreria dal 9 aprile “Gli invisibili di san Zeno” di Alessandro Maurizi

In libreria dal 9 aprile “Gli invisibili di san Zeno”, di Alessandro Maurizi, che dopo aver pubblicato una decina di romanzi approda al giallo Mondadori. Ispirato alla vera storia di Federico Giorio, giovane procuratore legale nella Verona di fine 800, che per una serie di casi fortuiti si trova a sgominare e denunciare il crimine all’interno delle forze dell’ordine.
Sullo sfondo, le prime migrazioni italiane verso l’America. Gli “invisibili” sono appunto un manipolo di uomini e donne che collaborano con Giorio in questa avventura.
Se l’autore non ci avesse raccontato la sua storia, potremmo considerarlo solo il riuscitissimo protagonista di un romanzo ambientato nella Verona di fine Ottocento: è qui che il giovane indaga su una serie di omicidi, finendo con l’imbattersi in una rete di connivenze altolocate ancor più criminosa.
Ma Federico Giorio è qualcosa di più: realmente esistito, procuratore legale integerrimo, scrisse nel 1882 “un libello di denuncia sulla corruzione e sugli abusi di potere nella pubblica sicurezza”. Il saggio fece scandalo, e costò al giovane procuratore il carcere e il sequestro di quanto aveva scritto.
Di quel libro sono rimaste poche copie, e il caso ha voluto che una sia finita nelle mani di Alessandro Maurizi, scrittore, ma anche ispettore della Polizia di Stato.
Ispirandosi alla vera storia di Giorio, che che pagò cara la sua onestà, Maurizi gli ha donato con il suo nuovo libro una seconda vita, trasformandolo da eroe anonimo a personaggio letterario.
Ecco come ce lo ha raccontato.
Federico Giorio: storia di un ritrovamento
Trastevere, una sera d’estate di qualche anno fa. Una cena con l’amico Stefano Di Michele e una passeggiata tra i vicoli fino a una bancarella di libri vecchi e antichi gestita da un indiano. Quando passavamo per Trastevere, quella bancarella era una fermata obbligata perché era lì che ci mettevamo a cercare testi antichi.
Fu proprio Stefano a farmi notare un libro dal titolo: “Ricordi di questura” pubblicato nel 1882, autore Federico Giorio.
Federico Giorio, Ricordi di questura
«Ale, questo ti piace?» mi domandò. Conosceva il mio lavoro, da più di trent’anni nella Polizia di Stato. Presi il testo tra le mani e iniziai a leggere qualche riga:
“La questura è un corpo che va dissolvendosi, che precipita rapidamente allo sfacelo e che ha i giorni contati. Manca della base ferma e solida, indispensabile ad ogni istituzione, che è la stima, e quindi non può durare.”
Oppure: “Le guardie di P.S. sono tutti poveri infelici che indossarono l’uniforme non trovando da impiegarsi meglio, o sono contadini che per poca volontà di lavorare preferiscono battere il lastrico d’una città con un’odiata divisa, al bagnare di sudore le zolle native. Di fronte a tali birboni ci sono i poliziotti onesti, dabbene, intelligenti e leali. Tali impiegati sono generalmente quelli che entrarono nella P.S. non appena l’Italia si costituì nazione libera ed indipendente, almeno così per dire.”
Stefano, visto il mio interesse, non esitò a regalarmelo. Non sapevo ancora che quel saggio mi avrebbe portato in varie parti d’Italia alla ricerca dell’anonimo Federico Giorio. Anonimo perché nel testo non c’era una sola riga che riguardasse la sua biografia. Girai come un topo di biblioteca e dopo varie ricerche lo trovai negli archivi di Milano, in quelli di Verona, nella Biblioteca nazionale di Roma, negli archivi del “Corriere della Sera” e de “La Stampa”.
Scoprii che era nato a Verona il 15 luglio 1854 da Giorio Pietro Enrico e Adelaide Maboni, entrambi ricchi possidenti. Nel 1881 si era trasferito a Milano, dove era divenuto apprendista militare di 2ª categoria iscritto al quarantacinquesimo distretto. Il 25 luglio 1881 veniva nominato Alunno di questura, applicato alla sezione settima di Milano, sita in via Cerva. Nel suo saggio, Giorio racconta con fatti concreti l’arbitraria interpretazione delle leggi da parte dei poliziotti, pagine da cui emergono l’ingiustizia e la prepotenza.
Mi sembrava incredibile come l’autore di quel saggio avesse avuto il coraggio di attaccare le questure di un’Italia da pochi anni costituita in nazione.
L’allora Ministro dell’Interno Agostino Depretis con dispaccio dell’11 novembre 1882 a mezzo Regio Prefetto di Milano, ordinava al Questore di Milano Comm. Bartolomeo Restelli, allora sessantenne nato a Cassine presso Alessandria, di sporgere querela contro Federico Giorio quale autore del saggio “Ricordi di questura” ammettendolo a produrre prove dei fatti narrati.
La vita di Giorio, sia come procuratore legale che poliziotto, i fatti da lui narrati e denunciati, mi hanno indotto quale scrittore e appartenente io stesso alla Polizia di Stato, a farne un personaggio letterario. È stato grazie a lui e al suo saggio che ho trovato l’ispirazione per il mio giallo storico in cui la realtà si fonde con la fantasia: come personaggio letterario, Giorio indaga su una serie di omicidi che insanguinano Verona, mentre sullo sfondo migliaia di miserabili vengono ingannati da ricchi faccendieri a emigrare in Sudamerica con la promessa dell’Eldorado.
La storia è piena di eroi anonimi che non hanno lasciato grandi tracce. Giorio è uno di questi. Si è soliti dire che esistono due tipi di morte: quella fisica e quella in cui si viene dimenticati per sempre. Per questo ho voluto ridargli vita strappandolo dalla seconda morte e consegnarlo a tutti quelli che vorranno conoscerlo.
Che destino ha avuto il nostro protagonista? Quali saranno le sue successive vicissitudini?
Alessandro Maurizi
Cattaneo gli tese la mano aperta. Giorio gliela strinse guardandolo dritto negli occhi. «Procuratore Giorio, avete una strana squadra per combattere la vostra battaglia. Una squadra di invisibili per fare giustizia. Invisibili alla cittadinanza. Ora andate, vi aiuterò come posso, forse anch’io sono un invisibile che vi sta aiutando.»
Alessandro Maurizi, Gli invisibili di San Zeno