Nursing up domattina in sit-in davanti al ministero della Salute

ROMA- Riceviamo e pubblichiamo: “Siamo un gruppo di professionisti sanitari, che ha speso la vita professionale, recente o più datata nelle strutture sanitarie italiane.
Sentiamo parlare di sanità, da molti; da taluni, in modo competente, da altri un po’ meno! …durante le elezioni politiche si parla di sanità come argomento cult, il cui valore probabilmente da prestigio sociale, ma non a chi vi lavora.
La sanità è oggetto di attenzione anche da parte dei mass media e numerosi talk show, l’assistenza sanitaria, buona o cattiva, gode di un successo duraturo presso la critica e presso un pubblico, che è coinvolto per definizione, appassionato. Sono numerosi i cittadini, e non solo, che si esprimono come se fossero competenti in materia. Tutto si trasforma e viene partecipato, a torto o ragione, come se fosse una tifoseria di calcio.
La sanità è oggetto di attenzioni e argomenti prolissi, ma nei fatti, noi che viviamo la situazione, insieme ai pazienti “subiamo” una attività professionale discutibile e stravagante.
Ho iniziato con gli studi in infermieristica, durante il passaggio del percorso d’infermieristica, dalle scuole regionali all’università. Molte furono le promesse di miglioramento, autonomia ecc. E’ riduttivo parlare di delusione!
Molti si lamentano di non trovare il personale sanitario per le RSA, …ma perché? Quando mi diplomai infermiera, trovai lavoro per prima, rispetto ai miei colleghi di studi, senza indugi, mi licenziai in modo tempestivo! Saranno cambiate le cose?
Io ho lavorato, da infermiera, in almeno tre case di riposo. Una prima era dislocata su tre piani, dove non era possibile consultare le cartelle cliniche, per ragioni di “ordine”, …quando una paziente fece delle deiezioni, molto, molto scure e male odoranti, ho immaginato “melena (vale a dire presenza di sangue nelle feci, che assumono proprio per questo una colorazione scura)”, ma non mi venne permesso di fare nulla, ne di consultare qualsiasi documentazione, personale, della signora. …e non fu un episodio isolato.
In un’altra struttura, per anziani, mi fecero posizionare un catetere vescicale, nota prestazione da eseguire in modo sterile, con guanti da cucina, utilizzati per fare il giro letti e le cure igieniche, per tutti i pazienti, anche nei giorni precedenti.
Un professionista sanitario consapevole e informato circa le responsabilità professionali, può proseguire con siffatte modalità? …per dieci euro l’ora? Spesso anche meno! Durante un corso di specializzazione, che non credo di citare più, neanche nel curriculum, appresi che secondo fini economisti e politici che “le principali cause di incremento della spesa sanitaria sono il personale”. …mi risentii molto, come si risente ogni collega che ne viene edotto, ovviamente non siamo d’accorto!
Una deduzione che pone il personale sanitario sullo stesso piano delle attrezzature ospedaliere, strutture murarie, apparecchi come RMN, TAC e PET (positron emission tomography) ecc. Un argomentazione che ha indotto chi dirige la sanità, dai politici agli amministratori, da nord a sud, passando per il centro, ad esternalizzare o chiudere molti servizi.
Le esternalizzazioni e le chiusure di strutture sanitarie sono modalità, per salvare “apparentemente” la spesa sanitaria e limitare le assunzioni di personale.
Il “personale esternalizzato” risulterà tra gli “acquisti” dell’economato, come fossero strumenti tipo matite o apparecchi per la Pet.
Il suddetto metodo era studiato per evitare di reintegrare il personale che andava in pensione, benché necessario, assumendo personale tramite società esternalizzate.
L’assunzione di personale, tramite intermediari, non è costato di meno del personale assunto direttamente! …il personale esternalizzato non ha modo di strutturarsi e di fidelizzarsi.
Fidelizzare il personale sanitario, nostra aspirazione, da sempre, dovrebbe mirare ad un insieme di azioni volte al mantenimento del personale, già esistente e si realizza principalmente attraverso una serie di strategie volte a creare il più elevato grado di soddisfazione del professionista sanitario. I diritti del personale sanitario non confligge con i diritti dei pazienti!
I professionisti sanitari, assunti tramite intermediari, alla prima chance di lavoro, migliore, con più garanzie, è letteralmente fuggito verso contesti più garantisti, sicuri e meglio pagati. L’esperienza acquisita dai quei colleghi è stata gettata al vento.
Un professionista sanitario, anche se esternalizzato, se ha acquisito esperienza nella preparazione e somministrazione di chemioterapici, in sala operaria, nel posizionamento di PICC (peripherally inserted central catheter), trova la sua collocazione velocemente e negli stessi contesti. E’ personale prezioso e stimato, ma profeti che non sono graditi nella loro terra. Sto dicendo che i nostri professionisti sanitari, così come infermieri, ostetriche, tecnici di laboratorio e di radiologia, medici, hanno difficoltà ad essere apprezzati nella sanità del loro territorio. I nostri professionisti sanitari, in ambienti lontani, vengono generalmente assunti e apprezzati, hanno meno difficoltà a far valere le proprie capacità e qualità. Non siamo profeti in patria, nei nostri territori originari! Purtroppo!
“Le principali cause di incremento della spesa sanitaria sono il personale” una frase che mi frulla nella mente da anni! Troppi! Ho voluto verificare e capire ciò che dicono gli eminenti economisti e politici.
Ho visto che un apparecchio PET (positron emission tomography), può costare, poco più, di quattro milioni di euro, spese d’istallazione compresa. Se venissero eseguiti 6760 prestazioni diagnostiche PET, a sei mesi dall’istallazione di un nuovo apparecchio, secondo i miei calcoli, l’apparecchio si è ripagato. Dopodiché si deve considerare le sole spese di manutenzione, che non sono poche!
Ragionando come i fini economisti, di cui sopra, il personale sanitario, dovrebbe costare solo durante i primi sei mesi, al massimo un anno, di lavoro, poi dovrebbe essere mantenuto solo per la manutenzione ordinaria, come per i vestiti e l’alimentazione?
Nessuno considera che i macchinari, sono efficientissimi appena istallati, con il passare degli anni, come succede con le nostre autovetture, la strumentazione si usura, fino al decadimento totale.
Il personale sanitario, diversamente dalle macchine, con il passare del tempo acquisisce esperienza preziosa, che nessuno si è mai preso la briga di valorizzare e/o valutare.
Tutto ciò è imbarazzante e poco costruttivo se si vuole valutare e organizzare il sistema sanitario nazionale.
Tutto ciò premesso, il 29.03.2023 davanti al Ministero della salute, vorremmo poter dire a chi ha la possibilità di cambiare le cose:
 Vogliamo più sicurezza verso gli operari sanitari, ma con fatti concreti. Mi dicono che il Ministro degli Interni sta dando direttive per intensificare la sicurezza negli ospedali, con Forze di Polizia. Le città, al momento designate, per essere attrezzate con le forze dell’ordine, sono le strutture pubbliche, a Milano, Roma, Napoli e Palermo. …ma di fronte a tutto ciò c’è il solito impedimento, manca anche il personale nelle Forze di Polizia.
Vorrei fosse riconosciuto il lavoro usurante ai professionisti sanitari. Non vogliamo un’elemosina, generalizzata. …mi piacerebbe che qualcuno si prendesse il disturbo di studiare il tasso di mortalità del personale sanitario, anche una volta in pensione. Durante il lockdown abbiamo visto ridurre, del 50% gli incidenti stradali. …ma fu vera gloria? Non vorrei aspettare i posteri per la sentenza.
Durante il lockdown poche persone potevano muoversi, che lavoro facevano le persone che hanno avuto incidenti? Qualcuno ha studiato tutto ciò? Una collega, nella provincia di Brindisi, è morta mentre tornava a casa, dopo il turno di notte. Un caso isolato? Secondo l’ISTAT, la collega deceduta, non fa statistica. Quando c’è un decesso, la modulistica, in uso negli ospedali, chiede se il deceduto/a era un dipendente pubblico o privato, dirigente o impiegato, …ma nessuno scrive e/o
registra se era un operatore sanitario o se era smontante da notte?
 Che fine hanno fatto le indennità di pronto soccorso? E’ stato firmato un CCNL nazionale, dove si stabiliva un indennità per il personale che esercita nei pronto soccorso, ma attualmente, fatte regioni fortunate, abbiamo sentito di poche applicazioni. Tra l’altro, sarebbe fantastico veder uniformare i contratti nazionali.
Nel privato ci sono numerosi contratti diversi che afferiscono a trattative diverse e variegate.
Sarebbe fantastico stabilire un reddito minimo garantito, ho visto colleghi pagati anche due euro l’ora, …e con progetti patrocinati dalla regione Lazio.
 La libera professione, questo è un argomento che definirei piuttosto bislacco. Il personale medico può fare la libera professione, esercitare con il privato, benché dipendente pubblico. Se il medico sceglie il rapporto di esclusività, ha diritto ad un prezioso indennizzo. Il professionista infermiere, sorpreso a fare attività extra, rischia il posto di lavoro, potrebbe essere accusato anche di concorrenza sleale verso l’ente per cui lavora. Un infermiere strumentista, ad esempio, che accompagna il chirurgo, in clinica privata, per un intervento chirurgico, potrebbe perdere il posto di lavoro. …ma l’utente si fa operare, nel privato, per seguire il chirurgo, non l’infermiere.
Vi aspettiamo il 29 marzo 2023, dalle ore 10.00, davanti al Ministero della salute, vogliamo aprire un dialogo costruttivo! Vogliamo essere parte in causa di una rivoluzione che porterà vantaggi al personale sanitario, ma soprattutto, alla cittadinanza, …ma anche alla politica che ne intuirà l’efficacia.




Stabilizzazioni e assunzioni di nuovo personale a rischio nella ASL Viterbo: sit in il 26 marzo davanti alla Cittadella della Salute

VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo: ” Gli ultimi fatti accaduti, in particolare il blocco temporaneo delle assunzioni degli infermieri, ha fatto emergere gravi criticità amministrative della ASL VT che mettono a rischio le stabilizzazioni e le nuove assunzioni di personale nelle diverse discipline del comparto.
Di particolare gravità la situazione del bilancio, che mostra lo sforamento del budget destinato al personale – come certificato dalla Regione Lazio – e paradossalmente negato dalla Direzione aziendale; d’altro canto siamo abituati alla negazione di ogni evidenza come quelle che relegano il nostro ospedale di Belcolle agli ultimi posti della classifica nazionale — malgrado i proclami, gli slogan propagandistici e le continue inaugurazioni con tanto di passerella con le solite comparse al seguito. Sotto gli occhi di tutti, il fallimento di questa amministrazione certificato dall’elevatissimo tasso di migrazione sanitaria e dalla prevalenza di extracomunitari tra i ricoverati, numeri coerenti solo con un ospedale umanitario.
La cattiva amministrazione si palesa sotto molti aspetti, le recensioni durissime sui social, i reclami le istanze degli scriventi sindacati, i recenti casi di mobbing e il disagio del personale che rischia di non riceve la giusta tutela sul lavoro. È recente la notizia della sospensione delle visite per i professionalmente esposti a radiazioni ionizzanti e le difficoltà per tutto il resto del personale per la cronica carenza di esperti qualificati e medici competenti.
Solo per fare un esempio, una buona amministrazione effettuerebbe una ricognizione interna per verificare la presenza di personale con i requisiti necessari prima di cercare altrove. Osserviamo invece l’insano tentativo di assumere altro personale seppure presso il Dipartimento di Prevenzione lavorano un medico con la qualifica di Esperto Qualificato formatosi a spese Asl e un medico competente con incarico di alta specializzazione che si occupa inopportunatamente di tabagismo, attività tipicamente ed universalmente in carico al servizio dipendenze.
In tutto ciò, a farne le spese, il personale di prima linea del comparto che vede messo a rischio il proprio contratto di lavoro o in bilico la propria assunzione per evidenti ed innegabili criticità amministrative gestionali.
Considerato che la nave sta affondando, mentre in amministrazione continuano a suonare i violini, si proclama l’immediato stato di agitazione del personale del comparto e si indice un SIT-IN per il giorno 26 marzo dalle ore 10 alle ore 13 davanti alla cittadella della salute cui seguirà una conferenza stampa”.

Nursing Up Lazio e Confael Lazio




Nursing up: “Serie di anomalie nella gestione dei casi no vax, chiediamo di accedere agli atti della commissione”

VITERBO- Riceviamo da Nursing Up e pubblichiamo: “Come osservato anche dal Presidente OPI Viterbo, dott. Mario Curzi ( le scriventi O.O.S.S. hanno rilevano una serie di anomalie nella gestione di casi noti di no vax ed esonerati dal vaccino, che lascerebbero intendere una significativa ed ingiustificata variabilità nella valutazione dei singoli casi (peraltro rimasta, ad oggi, sconosciuta) e nei conseguenti provvedimenti, tanto che per situazioni analoghe venivano emessi provvedimenti diametralmente opposti.
Nel dettaglio, sono stati osservati casi di operatori sanitari e medici non vaccinati, che continuano a svolgere regolarmente il proprio servizio, mantenendo uno stretto contatto con i pazienti. Altri operatori sono stati invece trasferiti a due ore d’auto al giorno, altri ancora sono stati sospesi senza stipendio (anche in caso di situazioni familiari particolarmente gravose).
Non risultano inoltre i criteri adottati dalla ASL di Viterbo, in base ai quali sono state affrontate le predette situazioni, ed in alcuni casi (se non tutti) malgrado l’evidente possibilità di ricollocarli in loco, in smart working o con la possibilità di attivare una rotazione tra questi gli infermieri, che da decenni lavorano in prima linea, con altri assegnati ad una scrivania al primo incarico.
Poiché quanto descritto evidenzia:
– una palese discriminazione tra i lavoratori no vax ed esonerati dal vaccino;
– una palese discriminazione di alcuni lavoratori non vax rispetto agli altri che continuano ad operare in pieno contatto con i pazienti pur non essendo vaccinati;
– la sospensione o la ricollocazione estremamente penalizzante di alcuni operatori per i quali non sono stati evidentemente espletati sufficienti tentativi di ricollocazione idonea;
Le scriventi O.O.S.S. chiedono di accedere agli atti della commissione al fine di verificarne l’operato ed avviare, qualora ne ricorrano gli estremi, ogni azione necessaria a tutela dei lavoratori e dei pazienti.
Con la presente si chiedono gli atti della commissione Covid (in base alla normativa vigente) entrando nel dettaglio di tutti i casi esaminati al fine di verificare la correttezza del lavoro svolto dalla commissione COVID ASL VT ed eliminare ogni situazione potenzialmente discriminante e dannosa per gli operatori.
In attesa di immediata risposta. Si inviano distinti saluti”.
Il Sindacato degli infermieri italiani Confederazione Italiana Sindacati Adetti ai Servizi




Sanità, Nursing up chiede annullamento concorsi a Civita Castellana

CIVITA CASTELLANA ( Viterbo) – Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata dal sindacato Nursing Up Alto Lazio alla direzione generale della Asl di Viterbo, all’assessore regionale alla Sanità, al presidente Opi di Viterbo, all’Ispettorato del lavoro di Viterbo, ai Nas, alla Corte dei Conti Regione Lazio, al servizio anticorruzione Regione Lazio, alla guardia di Finanza, allo studio legale Croce ed alla Procura della Repubblica di Viterbo con la richiesta annullamento concorsi per titolo e colloquio per i conferimenti di incarico di organizzazione per le linee di produzione per le sole funzioni di coordinamento Poliambulatori P.O. di Civita Castellana (n°105), Coordinamento Pronto soccorso di Civita Castellana (n°25) e Coordinamento Chirurgia Generale e Week Surgery P.O. di Civita Castellana (n°53): “Questa Organizzazione Sindacale a seguito delle note pervenute dalla sig. Pagnani Antonella, dopo aver richiesto e esaminato la documentazione relativa ai concorsi di cui all’oggetto ha individuato una serie di anomalie che potrebbero aver pregiudicato il regolare svolgimento del concorso.
In particolare, per i concorsi n°25 e 53 per il P.O. di Civita Castellana, cui ha partecipato la dipendente Antonella Pagnani (Infermiera e guarda caso, Segretario Sindacato Cisas- Dirigente Sindacale), sembrerebbe che siano stati riscontrati errori nell’attribuzione dei punteggi da parte delle commissioni che mostrano, peraltro, anche una probabile condizione di irregolarità nelle posizioni di alcuni componenti.
Relativamente al punteggio attribuito alla suddetta dipendente, risulterebbe inferiore a quello effettivo se considerati tutti i titoli posseduti e dichiarati nel curriculum. Non sono stati considerati i titoli derivanti da: • lo svolgimento di alcune attività professionali (valutazione corsi di aggiornamenti obbligatorivalutazione professionale non corretta in base ai dati forniti e in uso presso la ex ASL di Appartenenza, ect.);
• titoli di studio, come ad esempio il master di 1° livello (master 1 livello accessi vascolari);
• lo svolgimento di Funzioni Superiori effettuati e riconosciuti con delibera della ASL di Rieti.
Invece per quanto attiene la posizione di due dei componenti delle Commissioni Concorsuali (concorsi n°25 e n°53, si evidenzia come questi abbiano avuto un ruolo determinante rispetto all’esito finale avendo in precedenza assegnato alle due infermiere vincitrici le funzioni di coordinamento con provvedimento non formalizzato ed affidato ad personam a danno di quanti ne avevano diritto e titolo.
Da notare poi come le vincitrici, dai dati consegnati, solo in sede di prova orale, abbiano mostrato una competenza nettamente superiore alla dipendente Pagnani, già penalizzata con il mancato riconoscimento di titoli validi a tutti gli effetti e che sarebbero stati ampiamente sufficienti a farle vincere il concorso.
Da quanto sopra esposto sembrerebbe che si evidenzia, pertanto: a. la sussistenza di una situazione di incompatibilità non dichiarata di una parte della commissione conseguente:
ai rapporti di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e i candidati, protratta per circa 2 anni in un rapporto di particolare intensità e sistematicità tale da dar luogo a un vero e proprio sodalizio professionale avendo gli stessi continui contatti giornalieri per motivi e altro di servizio (per la funzione di coordinamento dei due servizi data ad personam senza concorso);
– la presenza, nel concorso n° 53, di una Dirigente che negli ultimi periodi sembrerebbe abbia
ricoperto il ruolo di Segretaria politica circolo PD della frazione S. Martino/Tobia di Viterbo (come
da nota testata giornalistica allegata);
– la presenza nelle due commissioni di un componente che in precedenza aveva assegnato
arbitrariamente le funzioni di coordinamento ad personam alle vincitrici;
– la presenza del Direttore Sanitario della Direzione Strategica della ASL nel ruolo di Presidente della commissione del Concorso n°105 Coordinamento Poliambulatori P.O. di Civita Castellana per il quale l’essere componente di un ORGANO DI DIREZIONE POLITICO lo espone ad una situazione
di incompatibilità. Si evidenzia che il Consiglio di Stato, sez. III, 28/04/2016, n.1628 si è espresso
affermando il principio di incompatibilità, ai sensi dell’art. 6 del decreto legislativo 23 dicembre
1993, n. 546, per i componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione interessata,
per coloro che ricoprano cariche politiche o che siano rappresentanti sindacali o designati dalle
confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.
b. la penalizzazione della dipendente Pagnani sia conseguente al mancato riconoscimento di titoli
validi;
Pertanto, visti gli errori di valutazione dei titoli, la non corretta composizioni delle Commissioni esaminatrici che potrebbero aver influenzato l’esito dello stesso, (Consiglio di Stato sez. VI, 14/01/2019, n.334) si chiede:
– L’annullamento dei suddetti concorsi;
– Il rifacimento di detti concorsi con una Commissione legittima”.




Roma, Ospedale Sant’Andrea, assemblea dei lavoratori aderenti ai sindacati autonomi

ROMA- Riceviamo e pubblichiamo: “Si è svolta oggi, nel piazzale principale dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma, la prima Assemblea Partecipata dei Lavoratori organizzata, dalle sigle sindacali Nursing Up, SI-cel, CSE sanità, Nursind e SINLAI.
Per la prima volta perché dell’Azienda Sant’Andrea non era mai successo che venisse organizzata un’assemblea dei lavoratori solo ed esclusivamente per dar loro voce, oltre alla possibilità di sviscerare quelli che sono i problemi fondamentali.
Dopo una breve introduzione dei sindacalisti organizzatori Di Luca (Nursind), Condito (CSE Sanità), Capolupo ( Nursing Up) e Minadeo (SI-cel), la parola è passata ai lavoratori che si sono avvicendati al megafono per esporre diverse problematiche, le quali hanno toccato temi scottanti: il destino di decine di lavoratori precari assunti per l’emergenza sanitaria, il perché sia esaurito il fondo ex art per gli straordinari 2020, il tempo tecnico che non viene più monetizzato dall’Azienda da fine 2020, gli spostamenti dei lavoratori da una unità operativa ad un’altra senza un reale filo logico, le fasce di progressione economica, la spesa di centinaia di migliaia di euro per la costruzione di un container che a poco è servito e che è attualmente inutilizzato, il sovraffollamento del Pronto Soccorso e la reale difficoltà in cui si trovano a lavorare OSS ed infermieri, l’avvicendarsi di diverse specialistiche nelle varie Unità Operative che mettono a dura prova la capacità di adattamento dei lavoratori.
Visto che nessun dirigente dell’Azienda ha accettato l’invito a partecipare in prima persona all’assemblea e che nessun delegato di sindacalisti e lavoratori è stato ricevuto dagli stessi, al termine Di Luca, Condito, Minadeo e Capolupo si sono impegnati a mettere per iscritto tutte le istanze dei lavoratori per farle arrivare ai vertici aziendali, sperando di poter dare delle risposte alle decine di domande scaturite nel corso dell’assemblea.
I sindacalisti organizzatori si sono detti molto soddisfatti della riuscita dell’assemblea partecipata, che ha avuto una buona partecipazione ed ha dato la possibilità a chi per anni ha chinato la testa, ai poteri forti sia datoriali che sindacali, di dire la propria in un ambiente protetto.
Un momento di tensione si è registrato poco prima dell’inizio dell’assemblea quando un rappresentante sindacale ha fissato delle bandiere nel mezzo della fontana all’ingresso principale del nosocomio e si è rifiutato di toglierle dopo l’invito della vigilanza e della Polizia, che ha presidiato l’intera assemblea”.

Nursing Up
SI-cel
CSE sanità
Nursind
SINLAI

 




Nursing Up scrive ai vertici Asl in merito alla selezione interna per il conferimento di incarichi di organizzazione “cosiddetti gestionali”

VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Nursing Up indirizzata al Direttore Generale ASL Viterbo, al Direttore dott. Massimo Annicchiarico Direzione regionale Salute e integrazione sociosanitaria, al dott. A. D’Amato Assessore Sanità e Integrazione Socio-Sanitaria, al direttore Coletti dell’area Prevenzione della corruzione e trasparenza, al presidente della  VII Commissione dott.G.Simeone – Sanità, politiche sociali, integrazione sociosanitaria, welfare ed all’ufficio legale del dott. Marco Croce. Oggetto: Avvisi di selezione interna per titoli e colloquio per il conferimento di incarichi di organizzazione “cosiddetti gestionali” per il personale del ruolo sanitario e dei profili di assistente sociale. Questa Organizzazione Sindacale, In merito all’oggetto rileva che il bando contiene elementi di grave e arbitraria discriminazione di alcune professioni presenti in azienda cui viene impedita la possibilità di partecipare al bando alla selezione.
Parallelamente, rileva che tale scelta comporta un grave attacco ai principi della meritocrazia e che potrebbe favorire persone, da tempo accreditate a voce di popolo come vincitrici del bando.
Per tutto quanto sopra esposto, si chiede che l’accesso alle selezioni, per gli incarichi indicati in elenco, sia consentito a tutte le professioni sanitarie attualmente escluse presenti nella ASL di Viterbo e nei servizi contemplati e non al solo personale infermieristico.
Incarico n° 120: servizi esternalizzati e attività di supporto al DEC
Incarico n° 131: Responsabile GoPS Belcolle
Incarico n° 132: Responsabile GoPS Civita Castellana
Incarico n° 133: Responsabile GoPS Tarquinia
Incarico n° 134: Responsabile GoPS Montefiascone e Acquapendente
Incarico n° 136 :Formazione e gestione rete dei corsi di laurea delle professioni sanitarie
Incarico n° 137: Supporto metodologico e coaching nell’applicazione dei percorsi aziendali.
In Attesa di immediato intervento si invano distinti saluti”.
Il Segretario Area Nord Lazio
F.M. Perazzoni




Confael, Nursing Up, Cisas e Ugl Lazio: “Sanificazioni con metodi discutibili”

VITERBO – Riceviamo da Confael, Nursing up, Cisas e Ugl Lazio e pubblichiamo: “In guerra con lo spruzzino e la pezzetta. Sembra un titolo buttato a caso, ma è quello che accade alla ASL di Viterbo dove, al contrario di ogni altro luogo la sanificazione ambientale viene effettuata con metodi e modalità quantomeno discutibili, se non medioevali.
Alla “Cittadella della Salute”, (la virgolettatura non è casuale), una circolare interna invita tutti i dipendenti a sgomberare il tavolo/scrivania alla fine del turno lavorativo. in modo da permettere agli addetti alle pulizie di decontaminarlo con uno spruzzino riempito di ipoclorito. Indicazione logica, perché una soluzione di ipoclorito la si può nebulizzare solo su superfici dure e resistenti, ma non sul cartaceo come documenti ecc. Per cui, la documentazione eventualmente contaminata dalle goccioline rilasciate dall’operatore, (probabilmente positivo), sul materiale cartaceo viene riposta in un cassetto per poi tornare al suo posto (sul piano di lavoro), il giorno dopo, e così via. Con la stessa logica, la stanza di un possibile operatore positivizzato al COVID viene svuotata di tutto ciò che potrebbe essere danneggiato, (materiale sicuramente contaminato), che viene momentaneamente accantonato per farvi ritorno subito dopo la decontaminazione delle superfici, fino a un minuto prima protette proprio da quei documenti oramai contaminati.
Non è una storiella allegra ma quello che succede alla ASL dove, al contrario di altre organizzazioni sanitarie e non, dove è consolidato l’uso di nebulizzatori a perossido di idrogeno, la decontaminazione viene fatta con lo “spruzzino e le pezzette”.
Non abbiamo invece notizia della frequenza di pulizia delle superfici di maggior contatto come maniglie delle porte, rubinetterie e pulsantiere. O come vengono trattate le altre superfici in epoca covid, sicuramente sarà tutto documentato negli accordi con la società di pulizie e ci aspettiamo che i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza,, (R.L.S.), vorranno informarci insieme al Servizio di Prevenzione e Protezione, oltre che di quanto richiesto in precedenza, anche di questi aspetti.
Agli ingressi della struttura in argomento, ogni visitatore utente viene monitorato, da operatori, (dipendenti A.S.L.?), il cui unico dispositivo di protezione è una semplice mascherina chirurgica, con un termoscanner manuale dove, durante l’operazione, non viene rispettata la distanza di sicurezza che, nel caso, viene determinata dalla lunghezza del braccio. Ciò, a nostro parere, vengono messi a rischio di contagio sia l’operatore che tutti coloro monitorati per la temperatura corporea. L’acquisto e l’utilizzo di un videototem che abbatterebbe ulteriormente tale rischio, metterebbe in crisi il bilancio della A.S.L.? I Dirigenti dell’Organo di Vigilanza della A.S.L. di Viterbo, Organo giustamente molto attento e scrupoloso nelle verifiche presso altre strutture sanitarie e non, visto che è allocato presso la Cittadella della salute, non ha notato nulla che richiedesse provvedimenti o prescrizioni? Oppure tutto avviene nel rispetto delle regole, anche se esistono strumenti che potrebbero notevolmente abbattere i rischi di contagio residui”.




“Non si può far finta che tutto vada bene”: questo lo slogan del sit-in di Confael e Nursing Up

di MARTINA DI BARTOLO-

VITERBO-  Manifestazione di protesta oggi, sotto la Cittadella della Salute, organizzata da Confael e Nursing Up a cui è seguita poi alle ore 12 una conferenza presso il bar Grandori, di fronte a Porta Romana. A spiegare i motivi del sit-in il segretario della Confael, Egidio Gubbiotto e Filippo Perazzoni della Nursing Up. In primo piano le problematiche del Covid presso l’ospedale Belcolle. “I disagi riscontrati sono tanti, i casi positivi a Viterbo sono molti di più rispetto alle altre città perché non si sono presi sufficienti provvedimenti come ad esempio la creazione di percorsi appositi per i malati di Covid” – afferma Gubbiotto che aggiunge: “Come sindacato mi batto da anni per questi diritti. C’è poca pulizia negli ospedali, pretendiamo un’indagine più certa e più accurata. Mancano le divise per gli infermieri. E’ impensabile che il giorno dell’Epifania mancassero le divise. Se ci sono 7 morti in 13 giorni qualcosa non funziona”.  E aggiunge: “Siamo qui perché è dal mese di Aprile che stiamo protestando con lettere e comunicati stampa  su alcune disfunzioni che ci vengono segnalate dagli operatori sanitari locali di Viterbo che ad oggi non hanno avuto risposte vere e concrete.  Siamo qui per tutelare prima di tutto le persone e i pazienti”.

E’ anche intervenuto Perazzoni del Nursing Up, che ha aggiunto: “Ad aprile non hanno fatto le strutture necessarie per il Covid perché credevano che a settembre sarebbe finita la pandemia. Mancano le sanificazioni, mancano i percorsi (dove passa una persona malata di Covid non deve passare quella sana altrimenti si infetta). Hanno chiuso i reparti Covid a Montefiascone, Tarquinia e Civita Castellana. Gli spogliatoi non sono divisi.  Serve, inoltre, la predisposizione dei percorsi di ingresso e uscita dei dipendenti per evitare assembramenti”. Conclude il discorso dicendo che non si può far finta che tutto va bene.

Sia Perazzoni che Gubiotto insistono sull’attenzione sulla tutela degli operatori ospedalieri. “Allo stato attuale,  per gli operatori  che hanno contratto il contagio da Covid e scabbia, risulta che nessuna comunicazione è stata segnalata all’Inail. Questo compromette eventuali riconoscimenti di malattia professionale con grave danno per gli stessi operatori sanitari”. Altra questione, quella dei dispositivi di protezione individuali, che, denunciano i sindacalisti “sono di scarsa qualità”. Infine, ma non per ultimo, i turni massacranti che vanno ad incidere sullo stress psicofisico degli operatori costretti per troppe ore ad operare indossando i dispositivi di protezione individuale. Conclude Gubbiotto: “Chiediamo alla magistratura di indagare. Iniziamo chiedendo: quanti sono i pazienti che sono stati ricoverati all’ospedale Belcolle per un altro problema e poi si sono presi il Covid? La magistratura deve fare  un’indagine per verificare dove sta la verità”. Ed ancora Gubbiotto si chiede quale sia il rapporto percentuale tra positivi e morti per Covid. “Quale è il numero reale di morti per Covid all’ospedale Belcolle? Non si può far finta che tutto vada bene”. 

 

 

 




Iniziativa Nursing Up, Confael e Cisas, la nota della Asl di Viterbo

VITERBO – Riceviamo dalla Asl di Viterbo e pubblichiamo: “Le organizzazioni sindacali Nursing Up, Confael e Cisas questa mattina hanno organizzato un sit in presso la Cittadella della salute la cui affluenza, stando a quanto riportato dagli organizzatori, è stata volutamente limitata per rispettare le norme di distanziamento anti COVID.

In effetti, l’Azienda conferma la partecipazione di una decina di persone alla “mobilitazione”.

Per quanto riguarda le motivazioni che hanno portato allo svolgimento dell’iniziativa, la Asl, a più riprese, anche recentemente, ha replicato, con note formali e puntuali, alle organizzazioni sindacali, sempre con spirito costruttivo. Non avendo motivo di ipotizzare che le reali intenzioni dell’azione sindacale non fossero la tutela e la salvaguardia della salute dei cittadini e degli operatori sanitari.

Tali missive, per quanto di loro competenza, sono state inviate anche a tutti gli organi istituzionali, gli stessi attivati dai promotori della manifestazione odierna, a tutela dell’immagine, dell’integrità e della competenza dei professionisti presenti in Azienda

È doveroso sottolineare che, in questi mesi difficili, complessi e che hanno visto la Asl, in tutte le sue articolazioni, impegnata in uno sforzo, mai visto in precedenza, per contenere la diffusione del virus, nella nostra provincia è stato avviato un confronto franco, corretto, leale, anche duro, con tutte le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto nazionale di categoria.

Insieme a loro sono stati condivisi i percorsi di presa in carico, i protocolli anti COVID e affrontate tutte le criticità evidenziate, attraverso una discussione volta a trovare soluzioni migliorative, a tutela dei cittadini e dei lavoratori. Ciascuno per la propria parte di competenza.

La complessità del momento richiedeva, e richiede tuttora, maturità, nella fermezza e nell’autonomia delle posizioni. E ciò è avvenuto, pressoché quotidianamente.

Confael e Nursing up hanno scelto un percorso diverso, anche attraverso una campagna di stampa aggressiva, spesso offensiva, a cui l’Azienda non ha mai replicato pubblicamente. Per le motivazioni di cui sopra. Pur non rinunciando alla possibilità di creare, comunque, le condizioni affinché si potesse intavolare un dibattito sulle questioni sollevate. Un dibattito scevro da finalità diverse da quelle dichiarate.

Tale confronto, richiesto anche nella giornata di oggi dal delegato sindacale aziendale, è stato rifiutato, così come è stato comunicato di non aver ricevuto o di non aver ancora visionato tutte le note che Asl nel frattempo aveva inviato ai promotori dell’iniziativa.

Su questo atteggiamento e sugli obiettivi che tali sigle intendono perseguire, l’Azienda lascia al lettore la possibilità di formarsi un proprio punto di vista”.

 




Covid: Confael, Nursing Up e Cisas indicono assemblea per l’8 gennaio

VITERBO- Riceviamo e pubblichiamo: “Per il giorno 08 gennaio 2020, dalle ore 09,00 alle ore 12,00, presso la sede della A.S.L. di Viterbo o nello spazio antistante, si terrà una ASSEMBLEA\ retribuita e conseguente sit in di protesta con conferenza stampa finale.
NON SI PUO’ FAR FINTA CHE TUTTO BA BENE!!!!
1. Ritardi nella predisposizione di misure per affrontare la seconda ondata COVID
a. Ritardata riconversione delle strutture
b. Mancata assunzione di personale Infermieristico, in particolare OSS da sempre carenti/assenti
c. Mancata predisposizione delle misure ambientali di adattamento dei reparti riconvertiti da no-covid a covid
d. Separazione dei percorsi dei pazienti covid dagli altri (spazi condivisi, barelle bio-contenimento assenti, etc.)
e. Precarietà della sanificazione della struttura e delle apparecchiature, ambulanze, etc. (allo stato attuale le attività vengono effettuate risorse?, Con spruzzino con candeggina e salvietta che consente di trattare solo alcune delle superfici dure
f. Predisposizione dei percorsi di ingresso e uscita dei dipendenti per evitare assembramenti (timbrature, gestione degli spogliatoi e delle zone filtro)
2. Filtro in ingresso dei pazienti debole
a. Ricovero di pazienti falsi negativi in reparti no-covid e successivo contagio di altri pazienti e operatori (vedi cardiologia, etc)
b. Ricovero di pazienti con scabbia e contagio di tutti gli operatori e altri pazienti (vedi casi PO Acquapendente)
3. Tutela degli operatori:
a. Allo stato attuale per gli Operatori che hanno contratto il contagio da COVID 19 e Scabbia, risulta che nessuna comunicazione è stata segnalata all’I.N.A.I.L., compromettendo eventuali riconoscimenti di malattia professionale con grave danno per Infermieri, O.S.S., tecnici Sanitari, ecc.;
b. Dispositivi di protezione individuale di scarsa qualità, ( vedi copriscarpe. Operatori costretti ad usare sacchetti dei rifiuti);
c. Scarsissima disponibilità e dubbio igiene delle divise, con gravi disagi per tutti gli Operatori;
d. Carenza e dubbio igiene della biancheria per i pazienti;
e. stress psicofisico derivante da turni stressanti indossando D.P.I. per troppe ore consecutive, (tute ermetiche, ecc.).

CONF.A.E.L.       NURSIMG UP             CISAS
E. Gubbiotto     F.M. Perazzoni            A. Pagnani




Proclamato lo stato di agitazione da Confael, Nursing up, Ci.s.a.s. e Ugl Lazio

VITERBO- Riceviamo e pubblichiamo: “E’ con estrema amarezza che le scriventi OO.SS. sono costrette a prendere atto che, nonostante le numerose contestazioni e segnalazioni su evidenti disfunzioni organizzative, ad oggi nulla O POCO è cambiato ed in alcuni casi forse peggiorato.
Ci risulta che il problema della carenza o mancanza di divise per gli Operatori Sanitari del Comparto, non è stato risolto. Infatti domenica 06 dicembre alcuni Infermieri erano disperati, in quanto non avevano a disposizione divise “pulite” da indossare, si è arrivati al punto di tenere le poche divise disponibili, in qualche unità operativa, chiuse a chiave per evitare che da altre unità operative vengano asportate di nascosto. Questi fatti avvenivano durante la naia nella leva militare obbligatoria dei decenni passati. Non è concepibile che a tutt’oggi per prendere servizio si sia costretti a “rubarsi” le divise tra colleghi.
Auspichiamo che la S.V. sia a conoscenza che, oggi, gli Infermieri sono dei Professionisti e in alcuni casi con più scolarità di qualche medico e non possono e non devono essere trattati come “pezze da piedi”. I Sigg. Medici, cui dedichiamo tutto il nostro rispetto per la loro professionalità, non hanno lo stesso contatto, o rapporto temporale, con i pazienti degli Infermieri che dedicano tutto il loro tempo all’assistenza diretta durante le lunghe ore di servizio. Se strutturalmente ci sono disagi, magari dovuti a finestre rotte, non è colpa degli Infermieri e nessuno si può arrogare il diritto di pretendere che si trasformino in operai della manutenzione, come ci risulta preteso da qualche medico, forse meno stressato degli Infermieri stessi. Se improvvisamente alcuni reparti vengono adibiti al COVID 19 pur non rispondendo ai requisiti, non è colpa degli Operatori Sanitari del Comparto; se l’ex S.P.D.C. era strutturato per garantire la sicurezza ai pazienti psichiatrici ed oggi è adibito al Covid 19, mantenendo le stesse caratteristiche, non è colpa degli Infermieri, Dott.ssa Donetti, lo faccia presente a qualche medico che, stizzito dalla protesta di qualche paziente, se la prende con gli Infermieri. A tale proposito, tra l’altro, Le chiediamo se il Servizio Prevenzione e Protezione ha effettuato la valutazione dei rischi sulla idoneità nella diversa destinazione d’uso di tale struttura, proponendo eventuali modifiche, almeno agli infissi.
In questo particolare momento la sicurezza dei lavoratori va particolarmente “curata”, ma non ci sembra che, di fatto, sia così. Infatti, oltre alla carenza delle divise, ci risulta che i dispositivi di protezione individuale, (D.P.I.), siano di scarsa qualità, i copriscarpe sono come un “velo di cipolla” rompendosi mentre vengono indossate e costringendo gli Operatori Sanitari a coprirsi le scarpe con sacchetti per i rifiuti che, su richiesta, gli vengono lasciati dagli addetti della ditta esterna. Che dire poi delle tute ermetiche che pur nuove arrivano bucate e rattoppate con cerotti; risparmiare ve bene, ma non sulla pelle dei lavoratori, fornendo loro D.P.I. la cui inadeguatezza per la scarsa qualità è certa.
I pazienti Covid 19 vengono ancora trasportati da una unità operativa all’altra con semplici barelle e con, soltanto, una mascherina chirurgica creando panico tra gli utenti che si recano in ospedale per effettuare esami o per ritirare i referti, come è successo ieri, ma non soltanto ieri, nei locali antistanti e nella radiologia, dove mentre alcuni utenti erano in attesa di ritirare referti o di essere sottoposti ad esami, è arrivata una normale “a bordo” barella con paziente Covid “a bordo” provocando un possibile contagio permanendo in un ambiente certamente contaminato. Ma nonostante le nostre contestazioni, al momento delle barelle a contenimento biologico non si vede traccia. Di fatto, chi va a Belcolle per curarsi rischia di ammalarsi mettendo a rischio la propria vita.
Gli immensi ritardi sull’adozione di alcuni provvedimenti sono in evidenza a tutti, ma perseverare su ulteriori provvedimenti che già da mesi avrebbero dovuto vedere la soluzione, ci inducono ad evitare pesanti definizioni negative.
Lo stress, la carenza dei D.P.I. o la loro scarsa qualità, le divise che non si trovano e quando si trovano creano dubbi sulla loro igienicità, così come la biancheria, turni massacranti, terrore di contagiarsi per scarsa credibilità sulla sicurezza, i tamponi molecolari che non vengono adottati, (è noto che quelli rapidi non sono attendibili e la disposizione della Regione Lazio contrasta con le disposizioni del Ministro della Salute), Infermieri/e sessantenni che vengono mantenuti nelle corsie ospedaliere mentre altri con pochi mesi o giorni di servizio vengono impegnati dietro le scrivanie della Cittadella della Salute, ecc., sono problemi che avrebbero dovuto essere evitati.
Ebbene, per questi motivi ed altri non elencati per motivi di brevità, queste OO.SS. proclamano lo stato di agitazione, programmando una assemblea che sfocerà in un sit-in di protesta presso la sede della A.S.L. di cui a breve verrà decisa la data.
A S.E. il Prefetto di Viterbo, nonché al Sindaco di Viterbo massima Autorità Sanitaria, che ricevono la presente per conoscenza, chiediamo un incontro propositivo a tutela dei dipendenti e degli utenti. Mentre al N.A.S. chiediamo una maggiore attenzione nella sanità pubblica che, giustamente, pretende dalla sanità privata il rispetto delle regole evitando di darne il buon esempio. Distinti saluti”.

 




Vito Ferrante, presidente della consulta dipartimentale per la salute mentale di Viterbo risponde alle accuse del segretario Nursing up

VITERBO- Riceviamo dal Presidente della consulta dipartimentale per la salute mentale di Viterbo
Vito Nicola Ferrante  e pubblichiamo: “Le condizioni di grave emergenza nelle quali si trova oramai da molto, troppo tempo il nostro Paese sono davanti agli occhi di tutti i cittadini ed altrettanto, e forse anche più immediatamente visibili, lo sono le conseguenze che questa condizione provoca su tutti.
Pertanto solamente chi si rifiutasse di riconoscere la gravità di questa situazione potrebbe non vedere come sia necessario che siano prese misure altrettanto emergenziali.
Pur nella consapevolezza di quanta maggiore incidenza questa situazione possa avere sulle condizioni di vita delle persone che già sopportano una condizione di sofferenza psichica, non sarebbe ammissibile iniziare “una guerra tra poveri” se misure necessarie alla salvaguardia della salute di tutti, vanno ad incidere anche sui Servizi dedicati alla tutela e promozione della salute mentale. Ma questo, ovviamente, non può cancellare la necessità di garantire, sempre e comunque, all’ambito dell’assistenza psichiatrica, di poter svolgere le proprie funzioni nel modo più adeguato possibile.
D’altra parte, come la Consulta dipartimentale per la salute mentale ha già avuto modo, da tempo, di far presente alla Direzione Generale della ASL di VT, certe necessità, a maggior ragione, sono chiare agli operatori e all’utenza che da anni, troppi oramai, vivono sulla propria pelle i disagi di quella che è diventata una “normale” condizione emergenziale e che, purtroppo, non ha ancora trovato una definitiva soluzione.
Troviamo quindi assolutamente inaccettabile che da chiunque, soprattutto da chi sembra abituato a parlare e scrivere senza avere una reale conoscenza delle cose, vengano fatte affermazioni basate sul “nulla” e, anche per questo, assolutamente “sconsiderate”.
Alcune precisazioni sono inevitabili ed opportune. La Consulta dipartimentale avrebbe interesse a sapere contro quali operatori essa si sarebbe distinta per farli oggetto di attacchi e quando questi sarebbero avvenuti, nutrendo il dubbio che “altri” non siano del tutto liberi da accuse del genere.
E ancora, se l’autore dell’articolo avesse una pur minima conoscenza dell’operato della Consulta dipartimentale, saprebbe che in più occasioni ha prodotto documenti che denunciavano in modo puntuale e circostanziato, la disorganizzazione e l’impoverimento dei Servizi territoriali ed ospedalieri per la salute mentale che le misure di tagli, adottate negli ultimi anni, hanno reso, a causa proprio delle condizioni socio-geografiche del territorio della provincia di Viterbo, ancora più fragili e precarie nell’offerta assistenziale, penalizzanti per i pazienti e le loro famiglie.
Sono al riguardo disponibili e consultabili, presso la Direzione DSM, i vari documenti prodotti dalla Consulta dipartimentale.
Quanto alla centralità del malato, la Consulta dipartimentale non ha “scheletri negli armadi”, cosa che altri non possono affermare con altrettanta tranquillità. Peraltro la Consulta dipartimentale è pronta a confrontarsi con chiunque sul proprio operato e a difendere contro chiunque il significato che per essa assume il concetto di “centralità del malato”.
La Consulta dipartimentale non ha la certezza che il concetto di “centralità del malato” che “altri”
hanno sia altrettanto a favore e nell’esclusivo interesse del malato stesso. Inoltre, per quanto è a conoscenza della Consulta dipartimentale, a tutti gli operatori che prestano la loro opera nello SPDC sono erogate tutte le spettanze garantite dai contratti collettivi nazionali, fermo restando che non è tra i compiti della Consulta dipartimentale quello di dirimere vertenze sindacali.
Comunque, per mettere in chiaro il comportamento della Consulta dipartimentale circa la salvaguardia e la difesa degli interessi dei malati e delle loro famiglie in questa contingenza, si precisa che vari sono stati gli incontri con la Direzione Generale avvenuti, ovviamente, quando era permesso incontrarsi e muoversi, nei quali si è discusso approfonditamente dello spostamento dello SPDC dall’Ospedale Belcolle ad altra sede.
In particolare:
1. in relazione al primo spostamento dell’SPDC a Montefiascone, va precisato che erano in campo due possibilità alternative allo spostamento, che erano già state individuate dagli operatori del
DSM. Una comportava lo spostamento del Servizio stesso in una struttura privata, l’altra  prevedeva l’utilizzazione di una parte del quarto piano dell’Ospedale di Belcolle. La Consulta
dipartimentale ha immediatamente espresso la propria contrarietà allo spostamento dell’SPDC
in una struttura privata, perché incompatibile con la normativa vigente. L’altra soluzione,
invece, come è stato fatto osservare da tecnici della ASL di VT, se messa in atto avrebbe
impedito l’accesso alle scale ed alle uscite di sicurezza;
2. nello stesso incontro la Direzione Generale ha illustrato il progetto per il nuovo SPDC sul quale
la Consulta dipartimentale ha fatto osservazioni e proposte di modifica discusse anche con i
tecnici;
3. ci sono stati incontri anche in occasione dell’eventuale spostamento dell’SPDC a Tarquinia. Si
è ampiamente discusso sulle possibili alternative a quello spostamento con la Direzione
Generale e l’Ufficio tecnico ed anche una puntuale osservazione delle planimetrie dell’Ospedale
non ha consentito l’individuazione di situazioni logistiche idonee ad accogliere una struttura
che presenta particolari necessità strutturali come l’SPDC;
4. il Presidente della Consulta dipartimentale ha poi incontrato il dr Antonio Braguti, responsabile
del Servizio e alcuni operatori dello stesso per verificare ulteriori e possibili alternative. Non è
stato possibile individuare a Viterbo, strutture immediatamente utilizzabili. Il dr Braguti aveva,
inoltre, proposto di ricorrere ad una struttura prefabbricata da affittare, ma per varie ragioni,
non è stato possibile accogliere il suggerimento. Va comunque precisato e ribadito che lo
spostamento non può che essere temporaneo e legato esclusivamente all’attuale contingenza
della pandemia Covid19.
Considerato che l’ambito della salute mentale ben conosce l’emergenzialità, si riafferma
con forza che solamente per via della attuale condizione di emergenza si sopporta l’idea dello
spostamento dell’SPDC dalla sua sede naturale che non può che trovarsi o nella sua originale
collocazione all’interno dell’Ospedale di Belcolle o nella nuova struttura, che è sempre all’interno di Belcolle, prevista dalla realizzazione del nuovo progetto che è stato presentato alla Consulta
dipartimentale e con essa discusso.

Pertanto è con senso di responsabilità e ragionevolezza che l’intera Consulta dipartimentale
ha accolto le soluzioni provvisorie, auspicando il tempestivo ripristino delle condizioni strutturali e
operative dell’SPDC nell’ospedale di Belcolle, in assoluto rispetto della normativa nazionale e
regionale vigenti”.




Nursing Up non approva la politica coercitiva legata al vaccino del meningococco

ROMA- Riceviamo da Nursing Up e pubblichiamo: “Nursing Up non approva la politica coercitiva legata al vaccino del meningococco, di cui all’ordinanza del Presidente n. Z00030 del 17.04.2020.
Lo scrivente Nursing Up contesta talune – asserite – misure di prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, vale a dire talune disposizioni in merito alla campagna di vaccinazione antinfluenzale e al programma di vaccinazione anti-pneumococcica per
la stagione 2020-2021.
L’ordinanza della Regione Lazio rende obbligatoria la vaccinazione antinfluenzale e anti pneumococcica per “Medici e personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario”.
L’obbligo opererebbe a decorrere dal 15 settembre 2020, in concomitanza con l’inizio della campagna di vaccinazione regionale.
La mancata vaccinazione per il personale sanitario comporterà l’inidoneità temporanea allo svolgimento della mansione lavorativa ai sensi del D. Lgs. n. 81/2008.
La (presunta) grande operazione di tutela della salute pubblica coinvolge il personale sanitario, che, peraltro, come si evince dalla mancata erogazione degli incentivi COVID-19, secondo la stessa Regione Lazio non sarebbe stato esposto al virus, tanto è vero che in molti sanitari non sono stati “privilegiati” nel ricevere dispositivi di protezione adeguati.

La suindicata ordinanza sembrerebbe volta ad ovviare alle inadeguatezze irrisolte delle strutture
sanitarie del Lazio. Ebbene, da professionisti sanitari “pensanti”, che la Regione Lazio continua a non considerare, sappiamo che tale vaccino ha efficacia moderata nei confronti dell’influenza e non è efficace verso le ben più numerose sindromi influenzali da virus diversi da quelli dell’influenza.
Alcuni studi indicano che il vaccino potrebbe addirittura aumentare altre infezioni respiratorie
(interferenza virale), comprese alcune da coronavirus (anche se mancano prove rispetto al SARSCoV-2); non è, comunque, stato chiarito se sia risultato associato a prognosi migliore negli affetti da COVID-19.
L’effettuazione del vaccino non consente di distinguere sindromi influenzali da forme iniziali di
COVID-19, che richiedono comunque test diagnostici specifici. Pertanto, la diagnosi differenziale
non esime i professionisti sanitari dall’accertare la presenza del COVID-19.
La Regione Lazio confida in una diagnosi differenziale, che in ambito sanitario sta intendere il procedimento diretto ad escludere fra varie manifestazioni simili, in un dato soggetto, quelle che
non comprendono l’insieme di sintomi e segni che si sono riscontrati durante gli esami, fino a comprendere quale sia quella corretta, ma la vaccinazione anti-pneumococcica non ci esime dal fare il tampone per la ricerca del COVID-19 né impedisce di contrarre l’uno e l’altro.
La diagnosi differenziale discrimina, fra le malattie che hanno un complesso sintomatico parzialmente comune, i segni specialmente propri della malattia da identificare. Nella diagnosi per
esclusione, è noto che si passano in rassegna tutti i tipi patologici che potrebbero essere evocati in
una condizione morbosa complessa, ma non accessibile a mezzi d’indagine più diretti. Tuttavia, molte volte la diagnosi non è possibile o si può compiere soltanto in via di approssimazione.
Ne deriva che il tampone rimane l’unica chance accettabile e non sempre affidabile al cento per cento.

Molte sindromi influenzali, respiratorie e/o gastrointestinali, accompagnate spesso da malessere generale, febbre e sintomi neurologici come cefalea, lacrimazione oculare e fotofobia, insorgenti
dal fenomeno epidemico, sono trasmesse da agenti infettivi diversi dal virus influenzale, con il
concorso di un’aumentata suscettibilità del paziente, spesso per la stagione fredda e umida. Analisi accurate dell’infettività stagionale hanno anche dimostrato la possibile sovrapposizione di diversi virus e batteri nel determinare la patologia (van Beek et al. 2017): diversi virus influenzali,
coronavirus, rinovirus, metapneumovirus, virus respiratorio sinciziale, virus parainfluenzali e Haemophilus influenzae. Conseguentemente, la vaccinazione anti-pneumococcica oppure la non
effettuazione della stessa, purtroppo, non consente di escludere né lo pneumococco né il COVID19 !
Come professionisti sanitari preferiamo l’investimento delle risorse, piuttosto che nell’acquisto di
massicce dosi di vaccino, in dispositivi di protezione individuali, in percorsi differenziati, oppure ancora in ascensori differenziati per pazienti positivi o sospetti e “pazienti non infetti”, assenti in molti ospedali nel Lazio. Siffatta vaccinazione di massa del personale sanitario, a fronte di un bilancio netto molto incerto tra benefici e danni, comporterebbe pesanti oneri organizzativi, finanziari e disagi, rispetto a possibili usi molto più proficui delle medesime risorse.
Le migliori prove scientifiche suggeriscono di rinunciare all’obbligo vaccinale e una moratoria sull’estensione della vaccinazione, fino a quando nuove ricerche valide, pragmatiche, indipendenti
da interessi commerciali, diano comprovati riscontri ai tanti interrogativi sollevati.
Per tutti i suesposti motivi, si chiede l’annullamento della ordinanza del Presidente n. Z00030
del 17.04.2020. In attesa di cortese, sollecito riscontro, anche ai sensi e per gli effetti tutti della Legge n. 241/1990, si porgono distinti saluti”.




Nursing Up: “L’infermiere a scuola poteva essere un opportunità di lavoro per infermieri e medici”

Riceviamo da Laura Rita Santoro, responsabile Nursing Up Lazio e pubblichiamo: “L’infermiere a scuola poteva essere un opportunità di lavoro per infermieri e medici …mi ricordo con affetto, io che l’ho vissuto, la vigilatrice d’infanzia che era nelle scuole.
Era colei che ti soccorreva, amorevolmente, per piccoli e grandi incidenti, controllava le vaccinazioni, poteva anche gestire le necessità patologiche di bambini e ragazzi.
Il COVID poteva essere un occasione di strutturare gli infermieri nelle scuole, ampliando il servizio nelle scuole, depauperate, da anni, di uomini, mezzi, strumenti e strutture.
Gli infermieri italiani, sempre più simbolo di una società civile che intravede in loro quell’impegno, quella concretezza, quella competenza e professionalità che li rendono destinatari dell’ammirazione e del riconoscimento sociale.
So di colleghi impegnati, con successo, in percorsi formativi nelle scuole superiori, come nel caso di corsi di primo soccorso; con l’istituzione dell’infermiere a scuola, potrebbe trovare incremento e continuità nell’esecuzione.
Io vedrei, molto bene le colleghe che seppur molto esperte, sono provate fisicamente da anni di corsia. …ma, considerata l’urgenza, stabilire graduatorie o altro sarebbe arduo, benché sappia di colleghe che ripetutamente, in questi anni, abbia presentato domanda all’ATI, senza mai essere prese in considerazione.
Il 31.08.2020, con l’ordinanza Z00057, speranzosa, leggo dell’ordinanza della Regione Lazio: “Individuazione di professionalità sanitarie per l’attuazione delle misure di prevenzione e controllo dell’infezione di virus SARS – CoV – 2 nelle scuole e servizi educativi del Lazio”.
Nella Regione Lazio abbiamo una graduatoria recente, quella del Sant Andrea, dove “giacciono” numerosi infermieri, vogliosi di essere impegnati quanto prima. Tra l’altro la Regione Lazio, con le sue direttive dovute all’urgenza covid, ha lasciato a terra le neo mamme e le puerpere, benché vincitrici di un concorso, con la promessa che non sarebbero state espulse dalla graduatoria, …ma con la garanzia che prima o poi sarebbero state chiamate.
Ora mi preoccupa leggere a pagina 7 della citata Gazzetta Regionale, che “Tali professionalità potranno essere acquisite anche attraverso la stipula di specifici contratti libero professionali e anche attraverso il previo utilizzo delle graduatorie delle procedure concorsuali già in corso di espletamento”.
Nursing Up Lazio – L’infermiere a scuola poteva essere un opportunità di lavoro per infermieri e medici. Conoscendo la “lungimiranza” della Regione Lazio e delle sue strutture sanitarie, mi chiedo se tecnicamente si autorizza l’ennesimo sfruttamento d’infermieri? Eredi di Florence Nightingale, i celebrati eroi, esternalizzati, sottopagati, potenzialmente esposti al COVID, che come nella fase critica, sono stati tra i primi ad essere coinvolti, ma ai quali non è stato riconosciuto alcun che.
…mi chiedo, ma la Regione Lazio, non c’è la fa ad assumere professionisti sanitari, come gli infermieri, senza dover investire in procacciatori e/o intermediari? Spero di sbagliare, …e nel tal caso, m’impegno fin da ora a chiedere scusa!
Nursing Up, che ha apprezzato l’istituzione dell’infermiere di famiglia, come l’istituzione dell’infermiere a scuola, per i cui ruoli abbiamo manifestato, in ogni dove, il plauso, avrei voluto celebrare con più enfasi il su detto ruolo, …ma solo nel caso in cui vi sia un adeguata retribuzione ed inserimento in organico. Come Nursing Up abbiamo sempre contestato le assunzioni esternalizzate, dove spesso si celebra il caporalato, nel senso dei diritti negati, stipendi ampliamente discutibili ecc.




Attribuzione fondi premialità Covid per pagamento accordo 11 aprile

Riceviamo da Laura Santori di Nursing Up e pubblichiamo: “Gent.mi come sapete, Nursing Up ha rifiutato di firmare l’accordo dell’11 aprile con la Regione Lazio, a riguardo dell’accordo per le indennità COVID.
In Emilia Romagna, ed in Toscana, se pur con numerosi difetti, è stata creata una terza classe,
per riconoscere il disagio al personale che è stato impegnato in ospedale durante il periodo
COVID, seppur nei reparti “NO COVID”.
Sono rimasta piuttosto delusa circa l’esclusione del personale sanitario esposto al COVID, per
carenza di DPI, benché in settori “NO COVID”. Oggi dalla Regione ho ricevuto una notizia che fa sperare in “qualcosa” per gli esclusi, ma anche una notizia che mi ha lasciata perplessa, essendo informata sui numeri segnalati dalle aziende, uno degli ospedali che seguo, avrebbe segnalato più professionisti sanitari a cui riconoscere l’indennità COVID, ma, ho letto, nel documento della Regione Lazio, numeri inferiori. Spero non sia successo in tutti gli ospedali del Lazio!
Nella mail di oggi, dalla Regione Lazio, in accompagnamento allo specchietto, mi comunicano che sulla base delle comunicazioni da parte delle aziende sui servizi interessati alle 2 classi di rischio e della numerosità degli operatori sanitari ivi presenti, la direzione Regionale ha elaborato la tabella che ci hanno inviato, ed è in allegato.
La comunicazione alle aziende sarà inviata dalla Direzione al fine di consentire il pagamento presumibilmente per la mensilità di giugno PV.
Per quanto riguarda il riparto dei fondi stanziati al C. 1 art. 1 del D.L. 18 come convertito dalla L. 27.2020 pari a 24.502.000 € da ripartire su TUTTI I DIPENDENTI, la direzione chiederà alle singole aziende, il dettaglio del personale in servizio alla data del 30 aprile distinto tra dirigenza e comparto al fine di implementare i rispettivi fondi.
Accertato il numero complessivo dei dipendenti sarà definita la ripartizione sui singoli fondi aziendali. Come richiesto da alcune sigle sindacali, saranno convocati 2 tavoli separati, uno per i firmatari del CCNL della Dirigenza ed uno per i firmatari del CCNL del comparto. Personalmente non sono convita. Dopo i numerosi reclami, che descritti nei giorni passati, sento parlare di una remunerazione aggiuntiva di “tutti i dipendenti”, quindi non solo il personale sanitario? …ma dovremo aspettare, così come dovremo capire chi dovrà stabilire, chi dovrà percepire gli altri soldi stanziati.
Probabilmente, come sostiene il Presidente De Palma, sarebbe stato meglio avere delle direttive
Nazionali, a cui le Regioni avrebbero dovuto attenersi, anziché leggere degli accordi, diversi e/a
macchia di leopardo, su tutta Italia.
Come Nursing Up abbiamo anche chiesto l’ampliamento dei tempi per il cambio della divisa,  dal momento che il CCNL è stata scritto in un periodo in cui non avevamo ragione di pensare ad una vestizione particolare, come quella nei reparti COVID.
Abbiamo chiesto i numeri dei professionisti sanitari esposti al COVID nella Regione Lazio. Venerdì scorso, in riunione ci venne detto che erano 465, i professionisti sanitari positivi al COVID, il 50% è infermiere, qualcosa di meno sono medici (non ricordo esattamente il numero, credo di ricordare il 45%), il resto comprende tutte le altre categorie che frequenta gli ospedali.
Come Nursing Up abbiamo chiesto i dati specifici e le differenze, tra professionisti sanitari provenienti da unità COVID e NO COVID?
…per quanto concerne le prestazioni aggiuntive, anch’essa oggetto di trattativa, Nursing Up confida in atre metodiche, come:
1. assumere medici, infermieri ed altro personale del comparto coprendo tutti i posti vacanti nelle piante organiche che dovranno tener conto dei carichi di lavoro effettivi e tenendo presente di quanto ci sta insegnando la pandemia Covid-19. Nel Lazio mancavano più di 7000 infermieri e abbiamo una graduatoria aperta e di recente pubblicazione.
2. Rivedere l’organizzazione sanitaria in ambito ospedaliero e territoriale prevedendo l’impiego e la valorizzazione degli Infermieri, ai vari livelli decisionali;
3. Rivedere gli stipendi del personale sanitario ed in particolar modo degli infermieri, molto al di sotto di altri Paesi Europei;
4. …ma ancora, non è pensabile approvare una proposta dove la quota oraria prevista per il personale dell’Area del Comparto non è equivale neanche alla metà, cioè il 50 %, di quanto previsto per l’Area della Dirigenza.
Al momento l’accordo, non ci soddisfa pienamente, ma confidiamo in qualcosa di meglio, sapere di tutte le suddette esclusioni non ci piace per niente”.




Coronavirus, Nursing Up: “Gli infermieri muoiono in casa senza tampone, siamo al terzo caso”

ROMA – Riceviamo da Nursing Up e pubblichiamo: “In una lettera-denuncia a Conte, ai ministri Speranza e Dadone, e alle Regioni, il presidente del sindacato Nursing Up Antonio De Palma lancia l’allarme degli infermieri, tra turni insostenibili, Dpi scarsi o di pessima qualità, e ora anche il rischio di morire abbandonati dentro casa, senza neanche quell’assistenza a cui hanno consacrato la loro stessa vita. È un nuovo disperato grido di dolore, quello che si legge nella lunga lettera inviata oggi, sia per ricapitolare le rivendicazioni contrattuali, sia per fare da cassa di risonanza ai territori da cui continuano a giungere notizie sempre più drammatiche, soprattutto riguardo a Rsa, case di riposo e cliniche private. In Toscana e Piemonte il personale del Servizio sanitario regionale viene dirottato verso le strutture private, laddove si stanno palesando maggiormente i casi di positività, le chiamate avvengono quasi senza preavviso e gli infermieri manifestano alle delegazioni sindacali una certa preoccupazione circa il rispetto delle norme di sicurezza di queste realtà. Fuori dal controllo pubblico possono verificarsi, spiegano gli operatori, comportamenti non adeguati agli standard necessari. Un allarme giustificato che è stato rappresentato dal Nursing Up alla Regione attraverso proteste scritte e richieste di intervento alle Aziende. Nel Lazio, dove i vincitori del concorso al Sant’Andrea, quello con una graduatoria aperta di oltre 7.000 colleghi, gli infermieri vengono chiamati ad accettare l’incarico entro tre/cinque giorni, pena l’esclusione dalla graduatoria. Molti di loro, che nel frattempo stavano operando negli ospedali della Lombardia e del Piemonte per dare una mano nell’emergenza, sono stati costretti a dimettersi senza preavviso e pagando la penale prevista, pur di ottenere il posto di lavoro nel Lazio, con gravi ricadute per i posti lasciati scoperti. Il carico di lavoro in regioni, come il Trentino, è diventato insostenibile, con turni anche di 12-16 ore per più giorni consecutivi, e un rapporto inaccettabile infermiere/pazienti, nonostante siano aumentati i bisogni assistenziali dei malati e di conseguenza sia molto elevato il tasso di mortalità. Il personale quarantenato in Lombardia è numeroso e si fatica a quantificarlo perché i contagi spuntano ovunque, anche nei reparti cosiddetti covid-free. Proprio in quelle zone franche, laddove molte direzioni sanitarie hanno disposto l’uso delle mascherine chirurgiche, vietando le Ffp2, la diffusione del virus si sta allargando a dismisura. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Infermieri, medici e pazienti seguono tutti uno stesso destino: ritrovarsi infettati e venire isolati. Eppure, la famigerata circolare ministeriale che prevede l’uso delle mascherine chirurgiche e basta, continuano imperterriti ad applicarla. Persino in strutture di grande prestigio come il Niguarda di Milano, è storia recente lo spostamento di reparti interi contaminati (Cardiologia 1 e 2), durante il week end di Pasqua. Al termine poi si ripete, quasi rituale, la sanificazione degli ambienti, disposta dalle direzioni sanitarie. Una trafila sempre identica, da cui però non sembra si impari nulla. Invece di organizzare percorsi differenziati ‘sporco -pulito’ con riferimento alle fasi di vestizione/svestizione del personale sanitario che opera nelle unità covid-19.

Nei giorni scorsi è deceduta per coronavirus un’altra infermiera: è già la terza che viene trovata nel suo appartamento quando ormai è troppo tardi. In quest’ultimo drammatico caso in Liguria, la collega sarebbe andata in pensione dopo solo due mesi. Anna Poggi, 64 anni, operava presso l’ospedale Villa Scassi di Genova ed era una professionista di grande competenza. Nell’arco di tre giorni ha manifestato i sintomi e se n’è andata, senza neanche avere la somministrazione del tampone. Stessa sorte, il 10 aprile, era toccata a Nicoletta Corina, 41 anni, infermiera nella casa di riposo di Beinasco (Torino), ritrovata dai vigili del fuoco allertati dal fratello a cui non rispondeva più al telefono. Stessa tragica modalità con cui è stata rinvenuta la collega Concetta Lotti il 25 marzo scorso. Molto nota presso l’ospedale Asilo Vittoria di Mortara (Pavia), dove tutti, al suo reparto di Riabilitazione, la ricordano con stima e affetto. Si tratta di piccole storie di grandi donne, piccole grandi professioniste infermiere, vissute per assistere i pazienti e per il bene comune, alle quali vogliamo rivolgere un minuto di silenzio denso di rispetto e gratitudine, un tributo ideale che ci piacerebbe si trasformasse in un giorno della memoria che il Paese intero dedicasse loro per riconoscere l’alto senso del dovere e l’abnegazione testimoniate dal loro sacrificio. A imperituro ricordo, affinché non abbia a ripetersi, visto che non sarebbero dovute morire così, proprio loro, senza assistenza. “Siamo di fronte a una deriva estrema della disastrosa situazione gestionale-organizzativa dell’emergenza. Per questo, prima di intraprendere qualsiasi altra azione in un momento delicato come questo, per dovere istituzionale nei confronti dei nostri concittadini, ci siamo determinati a scrivere ancora una volta, dando contemporaneamente ai nostri esperti e legali il mandato di vagliare le azioni consentite dal nostro ordinamento a tutela dei nostri diritti”. Questo l’appello di Antonio De Palma, presidente del sindacato di categoria, nella lunga missiva indirizzata al presidente del Consiglio, ai ministri Speranza e Dadone, e alle Regioni”.




Coronavirus e mascherine: Nursing Up scrive alla direzione generale della Asl di Viterbo

VITERBO – Riceviamo dal segretario di Nursing Up, Filippo Mario Perazzoni e pubblichiamo la lettera che il sindacato degli infermieri italiani ha scritto al direttore generale e al Comitato indirizzo e verifica: “Gent.le direttore, nonostante le nostre segnalazioni, abbiamo saputo che le mascherine modelli panni da spolvero, sono state recapitate negli ospedali  della Asl  da lei diretta. Vorremmo  sapere chi  ha fatto l’incauto acquisto? Il dipartimento  della protezione civile precisa, in merito alle mascherine tessuto non tessuto, che non sarebbero state distribuite al fine di essere consegnate al personale ospedaliero.  La stessa protezione civile  dichiarerebbe che anche la Regione, nonché le aziende sanitarie hanno facoltà di acquistare tali DPI.  La protezione civile  affermerebbe, inoltre,  che loro acquistano i DPI,  poi è onere del territorio cercare di soddisfare gli impianti  fabbisogni rappresentati. Spetterebbe, quindi, alle autorità regionali distribuire quanto ricevuto in base alla tipologia del materiale e alle proprie necessità. Ancora, la protezione civile ribadisce che le mascherine a due veli,  in tessuto non tessuto, non sono dispositivi di protezione individuale,  ma possono essere impiegate per le esigenze di enti e amministrazioni nell’ambito locale,  ad esclusione del personale ospedaliero. Quindi, s  chiede di  provvedere, immediatamente, alla distribuzione di DPI, a norma ed efficaci”.




Coronavirus, Nursing up chiede ritiro immediato mascherine modello swiffer

ROMA – Riceviamo dal sindaco degli infermieri italiani Nursing Up e pubblichiamo: “Ci è giunta una segnalazione allarmante dagli ospedali della Regione Lazio circa l’uso di mascherine “modello swiffer”, un prodotto noto per spolverare.
Siamo convinti non avrebbe dovuto esserci alcuna sorpresa in merito ai sistemi di protezione da
distribuire al personale per contrastare il COVID-19.
Purtuttavia, a tutt’oggi sono numerosi gli strumenti che mancano, a disposizione degli infermieri e
sanitari tutti, come: “maschere, guanti, gel disinfettante, tute, camici e calzari”: è l’ABC delle dotazioni previste nei casi di alto contenimento delle prevenzione di infezioni anche non COVID19.
Ebbene i colleghi si sono visti distribuire delle mascherine altamente discutibili, già ritirate in Lombardia, come strumenti totalmente inadeguati e inservibili! Se la situazione non fosse estremamente critica e grave, potremmo pensare ad una burla !
Al momento ci viene riferito essere state distribuite presso il Policlinico Gemelli, la ASL Roma 2,
ASL Roma 4, Viterbo, Latina ecc. Sappiamo anche che i Dirigenti, che non avvicinano il paziente,
hanno kit a disposizione, ma di quelli idonei !
Pertanto, si chiede l’immediato ritiro dei suddetti prodotti inadeguati distribuiti, e la consegna
di DPI idonei, così come prevedono le linee guida internazionali. Distinti Saluti”