Perugino e Raffaello Sposalizi digitali a confronto

 L’episodio dell’unione tra Maria e Giuseppe è un soggetto iconografico ampiamente diffuso nell’arte rinascimentale, che vede tra le massime rappresentazioni le due versioni dello Sposalizio della Vergine realizzate rispettivamente da Perugino e Raffaello, datate entrambe tra il 1503 e il 1504. I due Sposalizi, simili sotto molteplici aspetti e protagonisti di confronti approfonditi nei testi di storia dell’arte, oggi dialogano grazie alla digitalizzazione in altissima definizione e alla creazione di un visore comparativo a cura di Haltadefinizione, tech company della casa editrice Franco Cosimo Panini. L’iniziativa si inserisce nelle celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Perugino e rappresenta un’opportunità unica per immergersi nelle sfumature, nelle differenze e nelle affinità tra i due capolavori per un’esplorazione senza precedenti.

Nonostante la stretta connessione tematica e i rapporti intercorsi tra i due maestri, solo una volta nella storia i due Sposalizi si sono trovati -fisicamente- così vicini.
Nel 2016 la Pinacoteca di Brera ha ospitato lo Sposalizio della Vergine di Perugino, proveniente dal Musée des Beaux-Arts di Caen, per un confronto straordinario con lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, una delle opere simbolo della Pinacoteca milanese, per la prima volta eccezionalmente fianco a fianco nell’ambito della mostra “Primo dialogo, Raffaello e Perugino attorno a due Sposalizi della Vergine”.
Il dialogo tra le opere riprende vita in digitale grazie allo sviluppo del visore comparativo e alle campagne di acquisizione condotte da Haltadefinizione sui due capolavori.

Nel 2020, in concomitanza con le commemorazioni per i 500 anni dalla morte di Raffaello, la tech company è tornata alla Pinacoteca di Brera per una seconda acquisizione dello Sposalizio della Vergine con tecnologia gigapixel e 3D. All’inizio del 2023, si è recata a Caen per digitalizzare in gigapixel lo Sposalizio di Perugino, prima dell’atteso ritorno in Italia per la mostra celebrativa dedicata al Cinquecentenario dalla scomparsa del Maestro promossa dalla Galleria Nazionale
dell’Umbria.

“Nel 2016 abbiamo riunito per la prima volta i due capolavori. Per tre mesi. Grazie a questo progetto, potranno essere visti insieme in alta risoluzione per i prossimi anni.”
James Bradburne, Direttore della Pinacoteca di Brera

“Siamo lieti che la nostra collaborazione con Haltadefinizione continui con questo bel confronto tra i due capolavori. L’opera del Perugino sarà nuovamente protagonista nel 2025 come opera di apertura di una grande mostra dedicata all’orizzonte nell’arte.”
Milena Glicenstein, Vicedirettore del Musée des Beaux-Arts de Caen

L’iniziativa intende offrire nuove prospettive per comprendere, interpretare e indagare fino al dettaglio più nascosto l’universo visivo di Perugino e Raffaello attraverso la comparazione dei capolavori con una modalità unica di esplorazione resa possibile grazie alle sofisticate tecnologie messe in campo.
Gli spettatori possono ispezionare ogni dettaglio e cogliere le differenze stilistiche, tematiche e narrative tra i due dipinti, per un confronto straordinario tra due opere iconiche strettamente connesse tra loro.

Perugino e Raffaello
Sposalizi digitali a confronto
https://www.haltadefinizione.com/comparazione-sposalizio-della-vergine




Perugino e Raffaello, Sposalizi digitali a confronto

L’episodio dell’unione tra Maria e Giuseppe è un soggetto iconografico ampiamente diffuso nell’arte rinascimentale, che vede tra le massime rappresentazioni le due versioni dello Sposalizio della Vergine realizzate rispettivamente da Perugino e Raffaello, datate entrambe tra il 1503 e il 1504. I due Sposalizi, simili sotto molteplici aspetti e protagonisti di confronti approfonditi nei testi di storia dell’arte, oggi dialogano grazie alla digitalizzazione in altissima definizione e alla creazione di un
visore comparativo a cura di Haltadefinizione, tech company della casa editrice Franco Cosimo Panini. L’iniziativa si inserisce nelle celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Perugino e rappresenta un’opportunità unica per immergersi nelle sfumature, nelle differenze e nelle affinità tra i due capolavori per un’esplorazione senza precedenti.

Nonostante la stretta connessione tematica e i rapporti intercorsi tra i due maestri, solo una volta nella storia i due Sposalizi si sono
trovati -fisicamente- così vicini.
Nel 2016 la Pinacoteca di Brera ha ospitato lo Sposalizio della Vergine di Perugino, proveniente dal Musée des Beaux-Arts di Caen, per un confronto straordinario con lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, una delle opere simbolo della Pinacoteca milanese, per la prima volta eccezionalmente fianco a fianco nell’ambito della mostra Primo dialogo, Raffaello e Perugino attorno a due Sposalizi della Vergine.
Il dialogo tra le opere riprende vita in digitale grazie allo sviluppo del visore comparativo e alle campagne di acquisizione condotte da Haltadefinizione sui due capolavori.

Nel 2020, in concomitanza con le commemorazioni per i 500 anni dalla morte di Raffaello, la tech company è tornata alla Pinacoteca di Brera per una seconda acquisizione dello Sposalizio della Vergine con tecnologia gigapixel e 3D. All’inizio del 2023, si è recata a Caen per digitalizzare in gigapixel lo Sposalizio di Perugino, prima dell’atteso ritorno in Italia per la mostra celebrativa dedicata al Cinquecentenario dalla scomparsa del Maestro promossa dalla Galleria Nazionale dell’Umbria.

“Nel 2016 abbiamo riunito per la prima volta i due capolavori. Per tre mesi. Grazie a questo progetto,
potranno essere visti insieme in alta risoluzione per i prossimi anni.”
James Bradburne, Direttore della Pinacoteca di Brera

“Siamo lieti che la nostra collaborazione con Haltadefinizione continui con questo bel confronto tra i due capolavori. L’opera del Perugino sarà nuovamente protagonista nel 2025 come opera di apertura di una grande mostra dedicata all’orizzonte nell’arte.”
Milena Glicenstein, Vicedirettore del Musée des Beaux-Arts de Caen

L’iniziativa intende offrire nuove prospettive per comprendere, interpretare e indagare fino al dettaglio più nascosto l’universo visivo di Perugino e Raffaello attraverso la comparazione dei capolavori con
una modalità unica di esplorazione resa possibile grazie alle sofisticate tecnologie messe in campo.
Gli spettatori possono ispezionare ogni dettaglio e cogliere le differenze stilistiche, tematiche e narrative tra i due dipinti, per un confronto straordinario tra due opere iconiche strettamente connesse tra loro.

Perugino e Raffaello
Sposalizi digitali a confronto https://www.haltadefinizione.com/comparazione-sposalizio-della-vergine




La Fornarina di Raffaello di nuovo esposta a Palazzo Barberini

La Fornarina

ROMA – Dopo cinque mesi di assenza, torna a Palazzo Barberini, sede delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, la celebre Fornarina di Raffaello Sanzio, capolavoro appartenente alla collezione Barberini fin dal 1642. La tavola è stata prestata alle Scuderie del Quirinale per la mostra Raffaello 1520-1483 dove è stata esposta di fianco a La Velata, quale espressione massima dell’artista nel genere del ritratto.

La Fornarina, prima del prestito alle Scuderie, era stata sottoposta a tre giorni di indagini in fluorescenza X mapping con tecniche innovative e macchinari all’avanguardia, i cui risultati saranno presentati al pubblico in una giornata di studi in programma il prossimo 21 settembre. Il dipinto sarà esposto nella Sala 16 del piano nobile, dedicato a “Lo sguardo del Rinascimento”, con altre opere della collezione delle Gallerie, tra cui la Maddalena che legge di Piero di Cosimo, il Ritratto di Stefano Colonna del Bronzino e il Ritratto di Enrico VIII di Hans Holbein.

Il museo continua ad essere aperto dal giovedì alla domenicadalle 10.00 alle 18.00. Chiuso dal lunedì al mercoledì.

SCHEDA OPERA:

Raffaello Sanzio (Urbino 1483 – Roma 1520)
La Fornarina, 1520 circa; olio su tavola, cm 87 x 63

La donna raffigurata è, secondo la tradizione, l’amante e musa ispiratrice di Raffaello: Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere, da cui il soprannome “Fornarina”. Non si ha notizia di chi fosse il committente dell’opera e ciò potrebbe avvalorare l’ipotesi che Raffaello l’abbia dipinta per sé, negli ultimi anni della sua vita. Che si tratti o meno dell’amante di Raffaello, dietro questo volto imperfetto, dai tratti marcati, si nasconde una rappresentazione di Venere. La posa delle mani, una adagiata nel grembo, l’altra sul seno, segue il modello della “Venere pudica” della statuaria classica: un gesto di pudore che tuttavia orienta lo sguardo dell’osservatore proprio su ciò che si vorrebbe nascondere. Simboli della dea dell’amore sono anche il bracciale della donna su cui si legge “Raphael Urbinas”, firma dell’autore e pegno di vincolo amoroso, nonché, sullo sfondo, il cespuglio di mirto e il ramo di melo cotogno, simbolo di fertilità. Il quadro apparteneva già ai primi proprietari del palazzo, gli Sforza di Santafiora, e fu uno dei primi ad essere acquistato dai Barberini.

INFORMAZIONI MUSEO:

www.barberinicorsini.org | gan-aar.comunicazione@beniculturali.it

SEDE: Roma, Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane, 13

BIGLIETTO BARBERINI CORSINI: Intero 12 € – Ridotto 2 € (ragazzi dai 18 ai 25 anni). La biglietteria chiude alle 17:00.

Il biglietto è valido dal momento della timbratura per 20 giorni in entrambe le sedi del Museo: Palazzo Barberini e Galleria Corsini. Gratuito: minori di 18 anni, scolaresche e insegnanti accompagnatori dell’Unione Europea (previa prenotazione), studenti e docenti di Architettura, Lettere (indirizzo archeologico o storico-artistico), Conservazione dei Beni Culturali e Scienze della Formazione, Accademie di Belle Arti, dipendenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, membri ICOM, guide ed interpreti turistici in servizio, giornalisti con tesserino dell’ordine, portatori di handicap con accompagnatore, personale docente della scuola, di ruolo o con contratto a termine, dietro esibizione di idonea attestazione sul modello predisposto dal Miur.

La prenotazione è consigliata ma non obbligatoria. A questi link:

Palazzo Barberini: https://bit.ly/BigliettiPalazzoBarberini

Galleria Corsini: https://bit.ly/BigliettiGalleriaCorsini

Oppure contattando il numero: 06-32810

Facebook: @BarberiniCorsini | Twitter: @BarberiniCorsin | Instagram: @BarberiniCorsin  




Raffaello contro Sebastiano (parte seconda)

di MARCO ZAPPA –

VITERBO – Fatte le premesse necessarie (vedi prima parte già pubblicata) si arriva finalmente alla disputa fra i due artisti, quella creata certamente in buona fede dal cardinale Giulio de Medici.
La scelta di Raffaello appare logica vista la fama che precedeva il pittore urbinate mentre più curiosa sembra la scelta di affidare a un emergente se pur in possesso di grandi mezzi l’altra opera così impegnativa.
A mio avviso dovette avere il suo peso la figura di Michelangelo come garante e come compartecipante all’opera in qualità di disegnatore se non altro per la realizzazione delle figure principali dove lo studio del corpo umano risultava determinante.
La figura di Lazzaro ad esempio, uno dei massimi protagonisti della scena, rivela tutta la possenza dell’anatomia michelangiolesca e a riprova di quanto affermo c’è la testimonianza di un paio di disegni pervenutici di mano del Buonarroti che lo ritrae praticamente nella stessa posizione e forma di quello dipinto poi da Sebastiano nella stesura finale.
Michelangelo conosceva bene Giulio de Medici e questi si fidava di lui e delle sue immense doti ed è singolare che secondo un mio studio, del quale ho già trattato in diversi articoli e conferenze, il ritratto del Cristo morto nella pietà di Viterbo somigli incredibilmente a quello del cardinale, quasi fosse un omaggio alla sua persona per ottenere grazie future, cosa che puntualmente si verificherà con la commissione appunto della Resurrezione di Lazzaro e il successivo incarico di “piombatore” delle bolle pontificie quando il De Medici, diventerà Papa con il nome di Clemente VII.
Affidati gli incarichi, aveva inizio una disputa che doveva affascinare gli intellettuali del tempo tenendoli col fiato sospeso vista la posta in palio: era la prima volta infatti che Raffello e il suo “nemico” Michelangelo, se pur dietro la copertura di Sebastiano, venivano a confrontarsi in modo così diretto.
Fra i due pittori chi aveva chi aveva più da perdere nel confronto era l’urbinate, campione incontrastato sulla scena romana davanti ad un artista più giovane e ancora non perfettamente maturo, un outsider come diremmo oggi.
Nel Gennaio del 1517 Sebastiano compra il legname per preparare la tavola ma in una lettera a Michelangelo si lamenta per il fatto che Raffaello “metta sottosopra el mondo perché lui non la faca per non venire a paraghonj.”
Sebastiano dunque teme che la sfida non abbia inizio ma in ogni caso con la voglia di emergere tipica di chi ha fame di arrivare al successo si butta nell’impresa con il massimo impegno e in breve porta talmente avanti la sua Resurrezione di Lazzaro tanto da stupire i pochi amici ammessi a vederla.
Eppure l’anno dopo Raffello non ha ancora cominciato la sua, certamente subissato dalle tante richieste ma evidentemente poco attratto dalla possibile competizione: questo atteggiamento costringe Sebastiano a rallentare i lavori, come risulta chiaro da un’altra lettera a Michelangelo nella quale gli espone che non vuole per primo scoprire la sua opera.
Qualche mese dopo sempre Michelangelo viene a sapere da un amico che Raffaello sta brigando per fare incorniciare la tavola di Sebastiano direttamente a Narbonne, in modo da evitare uno scomodo paragone, del resto una volta che la Resurrezione sarà partita da Roma chi potrà più ricordarla e metterla vicino alla sua Trasfigurazione?
Il piano è perfetto e dimostra la paura del più forte di fronte a un qualsiasi confronto, una paura lecita perchè sapere che Michelangelo contribuisce all’opera del rivale con il suo terribile disegno metterebbe in angoscia qualsiasi artista.
Raffaello sa che stavolta deve vedersela con un pittore vero, di alto livello, che padroneggia la pittura a olio con grande sapienza, forte oltretutto di un nuovo cromatismo, perché dunque non temerlo?
E per il Capodanno del 1519, dopo due anni la Resurrezione di Lazzaro è praticamente terminata a parte dei ritocchi che Sebastiano farà nei mesi successivi e poi la verniciatura finale che provvederà a stendere a fine anno.
Finalmente nel 1520 anche Raffaello ha terminato la sua tavola ed entrambe saranno esposte nell’Aprile all’interno della cappella apostolica ma per ironia della sorte alcuni giorni prima il pittore urbinate muore.
Si è molto scritto e sostenuto riguardo allo stato di finitura della Trasfigurazione ed eventuali parti dipinte dai suoi allievi ma sembra chiaro invece che l’opera fosse terminata a quella data.
E’ l’ultima testimonianza sulla disputa a dimostrarcelo e appartiene a Sebastiano che scrivendo a Michelangelo gli confida: ”…ho portato la mia tavola un’altra volta a palazo con quella che ha facto Raffaello et non ho avuto vergogna.”




Quando Sebastiano del Piombo sfidò Raffaello

di MARCO ZAPPA –

VITERBO – In realtà la sfida fu promossa dal cardinale Giulio de Medici, nipote del Magnifico Lorenzo e futuro Papa Clemente VII che alla fine del primo decennio del 1500 commissionò due grandi tavole per la sua diocesi di Narbonne a quelli che erano considerati i due fuoriclasse della pittura italiana di quel periodo.
All’epoca Raffaello Sanzio era adorato come una divinità ed aveva consolidato il suo stile raggiungendo la maturità come uomo e ancor più come artista grazie ad una pittura morbida ed estremamente raffinata: così stimato da esser tenuto sul palmo della mano da Leone X, Papa che con la sua scellerata gestione in favore delle arti aveva mandato lo stato della chiesa in

Resurrezione di Lazzaro, Sebastiano del Piombo

bancarotta e scatenato la riforma protestante.
Di contro Sebastiano Luciani (ancora non si usava il nomignolo “del Piombo”), un giovane di belle speranze giunto da Venezia in quella che doveva apparire come il centro del mondo e quindi anche dell’arte, la città eterna.
Molto più dotato nella pittura che nel disegno, portava a Roma alcune novità quali una nuova cromia, dei paesaggi sublimi che derivavano dall’apprendistato avuto presso il suo maestro Giorgione e da una grande tradizione, quella veneta basata sulla forza del colore.
Nel contesto romano era il solo che poteva insidiare la leadership incontrastata di Raffaello e di questo, subito Michelangelo si era accorto, tanto da prenderlo sotto la sua ala protettrice.
Il grande scultore, reduce dal lavoro mastodontico realizzato dopo quattro anni di sofferenze e disagi nella volta della cappella sistina, a ragione non si rassegnava ad essere considerato dalla vulgata comune come pittore inferiore al Sanzio.
Grandissimo nel disegno, eccellente nella scultura si diceva, ma il suo modo di dipingere è troppo crudo, nulla a che vedere con la sensibilità e la morbidezza del redivivo Apelle, Raffaello.

Raffaello

Ma l’affronto più grave all’orgoglio di Michelangelo dovette apparirgli l’affidamento della vacante carica di responsabile della fabbrica di San Pietro che il Papa, innamorato metaforicamente del suo rivale aveva affidato proprio all’urbinate in successione di Bramante.
Sembra di sentirla la voce di Michelangelo, che nella sua solitudine inveisce contro i leccapiedi e i favoriti, come probabilmente considerava Raffaello, perfetto cortigiano, raccomandato proprio dal parente Bramante che grazie ai suoi uffici l’aveva chiamato a Roma, riuscendo a fargli avere una commissione prestigiosissima: quella di affrescare la stanza della Segnatura che fungeva nientemeno che da biblioteca e studio privato di Papa Giulio II.
L’enorme potenziale di Raffaello si era sprigionato e da quel momento la sua carriera era diventata un successo dopo l’altro.
Michelangelo per contro vedeva ora in Sebastiano l’unico in grado di rivaleggiare sul terreno preferito dall’urbinate, la pittura a olio: ne era nato un sodalizio, caso rarissimo nella storia dell’arte, la fusione della perfezione del disegno toscano con la libertà cromatica della pittura veneta.
I primi frutti si erano manifestati nella Pietà di Viterbo ma quello era stato un esperimento isolato se pur eccellentissimo, una commissione di un “pesce piccolo”, tal Giovanni Botonti, chierico della Camera Apostolica.
Ora invece la posta in palio era altissima, il cardinal De Medici in persona aveva messo alle con le spalle al muro Raffaello, chiedendogli una Trasfigurazione e Sebastiano, incaricato di dipingere la Resurrezione di Lazzaro.

(continua)